Pasqua del Signore. Crociata: portiamo a tutti l’annuncio gioioso della risurrezione di Gesù

Il vescovo Mariano Crociata ha celebrato questa mattina, nella concattedrale di S. Cesareo a Terraacina, la Santa Messa per la Pasqua del Signore.

Il vescovo Crociata per la Pasqua a Terracina

Di seguito l’omelia pronunciata dal Vescovo.


OMELIA

Domenica di Pasqua

Concattedrale di S. Cesareo, Terracina, domenica 4 aprile 2021

+ Mariano Crociata

Nel nostro immaginario religioso, la Quaresima appena conclusa è il tempo liturgico della penitenza, della privazione, delle limitazioni; il tempo della Pasqua lo immaginiamo come lo spazio del vittorioso, del Risorto che sconfigge la morte e afferma se stesso, senza più conoscere ostacoli e resistenze.

È vero che la Pasqua celebra la vittoria sulla morte e la speranza della risurrezione anche per noi, ma dobbiamo stare attenti a non cadere nella trappola delle nostre pur legittime aspettative umane. Dobbiamo intendere bene di che natura sia la vittoria di Cristo dentro la nostra attuale condizione umana. Gesù ha superato la morte, quella barriera che per noi sta ancora davanti. E risorgendo non è tornato indietro, ma è andato avanti: non è tornato alla vita di prima, ma ha dato alla vita di prima, che è ancora la nostra, la speranza di un futuro e la realtà di un superamento definitivo con la partecipazione alla sua risurrezione di tutta la nostra umanità e perfino della corporeità.

Uno potrebbe dire che, allora, non è cambiato nulla per noi. E invece no, non è la stessa cosa che Gesù sia soltanto morto e che, al contrario, dopo la sua morte sia risorto. Ci aiuta a capirlo il brano del Vangelo di Giovanni, in particolare quella espressione che dice: «Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette». Si tratta del discepolo che Gesù amava, del quale soltanto si dice che «vide e credette». Era andata per prima Maria di Magdala, che aveva trovato il sepolcro aperto, con la pietra ribaltata, e aveva solo capito che non c’era e si era data la spiegazione che avevano portato via il corpo di Gesù. Arriva Pietro, il quale entra e vede le bende e il sudario, e non capisce: se lo hanno portato via perché hanno lasciato le bende e il sudario? Entra il discepolo che Gesù amava, e vide e credette. Perché? Come mai? Perché capisce che il corpo di Gesù non è stato portato via; se è assente, è perché – di suo – se n’è andato via, non è più morto, non è più un morto, è vivo.

L’assenza parla più dei segni rimasti e di ogni altra supposizione. Parla più della Scrittura; infatti l’evangelista annota che non avevano ancora capito che cosa significhi risurrezione dai morti. Non si può capire, anche se uno lo dice, se non lo si vede. O meglio: se non si vede l’assenza. Umanamente, fisicamente, la risurrezione richiede l’assenza. L’assenza di Gesù, del suo corpo, parla, annuncia la sua risurrezione. Si può credere che egli è risorto solo quando il suo corpo non c’è più. Allora si capisce anche che cosa voleva dire la Scrittura. La risurrezione è un evento troppo nuovo e sorprendente per essere tra i fatti comuni che si possono osservare e prevedere. Ma ora che si è visto che il corpo è assente, allora si diventa capaci di ascoltare il vuoto, di credere alla sua assenza misteriosamente presente, non più collocabile in una porzione determinata di spazio, ma aleggiante ovunque e capace di dare speranza di vita proprio a chi fa l’esperienza dell’assenza e del vuoto.

Che cosa significa tutto questo per noi? Per noi, così ancora tanto pieni di paure e di angosce per le mille e una ragione che possiamo elencare senza difficoltà alcuna? A cominciare da questo tempo di inerzia forzata che sembra non voler finire. Significa che dobbiamo imparare da capo a leggere le vicende della nostra vita e della storia. E la vita e la storia sono fatti di pieni e di vuoti, di presenze e di assenze, di vicinanza e di lontananza. È facile riconoscere il bene e la bellezza della vita nel pieno, nella presenza, nella vicinanza. Anche per i discepoli è stato così. Quando Gesù era vivo e vegeto in mezzo a loro qualcuno faceva perfino sogni di grandezza e di regalità condivisa, di primi posti e di stare a destra o a sinistra. Il difficile viene quando Gesù muore, quando non è più fisicamente presente. Che cosa pensare? Che cosa fare?

L’annuncio della risurrezione e le apparizioni seguenti fanno capire che Gesù è presente, ma in una forma nuova, non nella forma della presenza imponente e impressionante – cosa che peraltro mai Gesù aveva mostrato di apprezzare –, bensì nella forma di una presenza apparentemente debole, invisibile, non percepibile fisicamente, ma non meno reale e soprattutto efficace. Gesù li invita silenziosamente a imparare a leggere l’assenza, il vuoto, la mancanza. Scavando con fede in ciò che ci manca, impariamo a trovare energie insospettate dentro di noi e attorno a noi per affrontare ciò che sembra umanamente insuperabile. Ma bisogna credere con fermezza incrollabile che egli è vivo, come ci è stato annunciato e testimoniato da una storia ininterrotta di evangelizzazione cristiana.

Anche questo è un tempo bisognoso di annuncio gioioso della risurrezione di Gesù; impariamo a testimoniarlo con la capacità di portare il peso – ma i pesi dei discepoli di Gesù sono lievi, leggeri – dell’assenza, del vuoto, della mancanza. A forza di portarlo ci capiterà di ritrovare una energia e una gioia insospettate che trasformeranno la nostra vita e la vita di quanti condividono con noi il cammino su questa terra.

Vi auguro di desiderare e imparare questa fede che solamente fa andare verso la pienezza della risurrezione.

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