Presentazione volume “L’Umbria di San Benedetto e di San Francesco” (26/10/2022 – Bruxelles)

26-10-2022

Presentazione del volume

“L’Umbria di San Benedetto e di San Francesco

Immagini di un cammino artistico e devoto

Bruxelles, 26 ottobre 2022

+ Mariano Crociata

Sfogliare il libro che stasera presentiamo procura un godimento estetico e spirituale del tutto singolare, suscitando allo stesso tempo un senso di stupore per queste straordinarie figure di santi che la terra umbra ha generato.

La scelta di tenere qui, nella “capitale” dell’Unione Europea, la sua presentazione assume un significato preciso, poiché riferendosi a una regione e a due santi italiani conosciuti e amati universalmente, questo libro ha qualcosa di importante da dire all’Europa che Benedetto e Francesco hanno contribuito in maniera decisiva a costruire.

Il fatto è che a parlare di san Benedetto e di san Francesco, è di noi che si tratta. Noi siamo costituiti, in qualche modo, da ciò che essi hanno iniziato, ponendosi all’origine di processi culturali e religiosi che sono vivi ancora oggi, che se ne sia consapevoli o meno. Con Benedetto siamo alle origini dell’umanesimo e dell’ethos europei, anzi di quella civiltà in cui si sono fusi la romanità e la vitalità di popoli invasori. Ad opera dei benedettini, sul finire del VI secolo, il cristianesimo si insedia tra gli anglosassoni e, nell’VIII secolo, in Germania. Nuovi monasteri vengono fondati e la Regola di san Benedetto diventa il modello di ogni altra regola monastica, soprattutto a partire dall’817. Ogni monastero è dotato di autonomia, ma lo stile di pensiero e di vita prende in ciascuno la forma della medesima fede cristiana e della stessa Regola di vita comune.

Sarà Paolo VI, nel 1964, con il Breve Pacis nuntius a proclamare san Benedetto “Patrono principale dell’intera Europa”, perché grazie a lui, “con la croce, con il libro e con l’aratro”, fu portato “il progresso cristiano alle popolazioni sparse dal Mediterraneo alla Scandinavia, dall’Irlanda alle pianure della Polonia”. I monasteri benedettini divennero propulsori di sviluppo religioso, e insieme sociale, economico (pensiamo in particolare all’agricoltura), culturale. La loro fu una profonda opera educatrice, con al cuore la ricerca di Dio, la centralità di Cristo, il senso di comunità. Si afferma così la coscienza del rispetto per ogni essere umano (“Honorare omnes homines”, recita la Regola), dell’unità nella diversità, della laboriosità e delle occupazioni quotidiane come il luogo del congiungimento dell’umano con il divino. Un posto importante occupano i libri, innanzitutto le Scritture sacre e gli scritti dei Padri, ma poi anche le opere dell’antichità classica recuperate e ricopiate. Un detto medievale dice: “Claustrum sine armario sicut castrum sine armamentario” (Un monastero senza biblioteca è come un accampamento militare senza armi). Studio e lavoro manuale concorrono, nell’accordo plasmato dalla preghiera, a far nascere e coltivare una umanità compiuta, in armonia con Dio, con gli altri, con la realtà tutta.

La diffusione del francescanesimo per tutta l’Europa, a sua volta, segue di poco la morte di san Francesco, nel 1226. Ispirandosi a lui, il papa che ne ha preso il nome, insegna che abbiamo bisogno di coltivare la centralità della persona umana, una solidarietà fattiva, l’apertura al mondo, il perseguimento della pace e dello sviluppo, la custodia della casa comune. Quasi in alternativa all’impero dell’epoca, i francescani propongono la povertà, l’umiltà, la semplicità, e lo fanno pellegrinando. Giovanni Paolo II, nell’Atto europeistico del 1982 a Santiago di Compostela, citava Goethe, per il quale “l’Europa è nata pellegrinando e la sua lingua è il cristianesimo”.

Il pellegrinare segna un nuovo rapporto con la società: se il monastero prevedeva un movimento dal mondo verso il chiostro, il francescanesimo inizia un movimento che dal chiostro va verso il mondo. Non più soltanto una rete di monasteri disseminati per l’intera Europa, ma un movimento che prende avvio da un centro e copre a poco a poco l’intero continente con una presenza che testimonia solidarietà e fraternità, ricerca della giustizia, inventiva economica, e una carità che dà origine, a partire dal 1462, ai Monti di pietà, anticipatori di un senso del bene comune tra i singoli come tra popoli e nazioni. È in radice un’idea di Europa fondata sulla libertà, sull’operosità, sulla fraternità. Non ultimo, l’apporto allo sviluppo del sapere nelle università, a cominciare da quella di Oxford, nelle quali i discepoli di Francesco profusero un ingegno innovatore.

Per tornare all’oggi, il pericolo più insidioso per le persone e per le comunità è la perdita della coscienza di ciò che si è, di ciò che costituisce e dà forma a una condizione storica e ad una identità. Parola equivocabile ed equivocata, identità, finché la si intende come qualcosa di chiuso e irrigidito, ma vitale quando si tratta di capire ciò che siamo e ciò che vogliamo essere in dialogo con il passato e con il presente, cioè con quelli in relazione ai quali siamo diventati e diventiamo noi stessi. Non si parte mai da zero. La grammatica dell’umano si struttura attraverso la cultura che ci ha plasmato e che ci autorizza perfino a prenderne le distanze, o comunque a procedere oltre. Oggi il rischio è di fare tabula rasa e la presunzione quella di partire senza avere nulla alle spalle, come se fosse possibile imparare a parlare senza aver appreso una lingua.

Benedetto e Francesco hanno contribuito in maniera determinante a strutturare con la loro eredità ciò che siamo come cittadini e come popoli europei. Questo libro ci ricorda che senza spiritualità e senza cultura, e aggiungerei: senza fare i conti con la tradizione cristiana, sarà difficile che alla nostra civiltà si schiuda un futuro promettente.

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