Omelia alla celebrazione delle esequie di don Claudio De Portu, sdb

28-10-2022

Celebrazione delle esequie di don Claudio De Portu sdb

28 ottobre 2022

+ Mariano Crociata

Basterebbe leggere o ascoltare i commenti e le preghiere che sono circolati in questi giorni, dopo la morte di don Claudio, per vedere delineata l’immagine che egli lascia di sé e cogliere l’impronta della sua testimonianza resa a chi l’ha incontrato e conosciuto. Non intendo presentarne il profilo, ma semplicemente rendere, sia pure in minima parte e anzi solo su un punto, l’onore della verità al senso della sua presenza tra di noi, ultima fase del suo servizio di salesiano e di presbitero.

Mi ha colpito sempre il modo come don Claudio non solo ha svolto ma ha vissuto il ministero di esorcista. Sappiamo tutti come si tratti di un ministero che si presta a tante deformazioni e a esagerazioni. Per qualcuno può perfino diventare il mezzo per affermarsi, nell’illusione di detenere chissà quale potere e superiorità. Don Claudio, lo sento, ne avrebbe riso, se qualcuno gli avesse detto qualcosa del genere. Era fuori dal suo orizzonte ogni qualsivoglia presunzione di sé. L’umiltà l’ha sempre contraddistinto, e insieme la delicatezza, la mitezza unita a cordialità, oserei dire la distinzione e la signorilità, soprattutto per il senso di Dio che lo sosteneva.

Era profondamente distaccato da sé e da ogni bisogno di attenzione e di considerazione. Si è speso fino a dar fondo alle sue energie nel servizio a cui il Signore e la Chiesa lo avevano chiamato. Egli lo vedeva, il Signore, agire molto più potentemente del male che invocava di vedere scacciato e da cui liberare. La cosa su cui voglio insistere è però che quella mitezza non deve essere scambiata per debolezza, perché essa al contrario custodiva una grande energia e fermezza interiore, supremamente necessarie nel combattimento contro lo spirito del male. Per questo gli era spontaneo guardarsi dai due estremi che attirano quando si esercita questo ministero, e cioè quello di esagerare la considerazione e la potenza del maligno, o quello di banalizzarlo o ancora di ridurlo a una fantasiosa aneddotica sulle strepitose gesta dell’una o dell’altra parte in lotta.

La grazia del ministero dell’esorcismo sta nella capacità non di fermare il proprio sguardo sull’abisso del male, ma di riconoscere la dimensione profonda della realtà, di non ridurla solo a ciò che è visibile, tangibile, superficiale. Bisogna che impariamo tutti a riconoscere con gli occhi della fede la profondità della realtà umana oltre la superficie dei fatti e delle parole con cui tendiamo a coprire il campo visivo fino a farne il tutto dell’esistente. Dietro il volto, gli occhi, i gesti e le parole di ogni persona è in azione la presenza di Dio, ostacolata dall’avversario che ancora, per un tempo limitato, ha avuto campo libero. Il cuore di ciascuno è come un campo di battaglia, nel quale non si è semplici spettatori, ma parte in causa, capaci di far pendere la bilancia da un lato o dall’altro.

A me sembra che don Claudio sia vissuto nella cognizione lucida e nella percezione realistica di questa lotta spirituale, nella quale tuttavia la forza del Dio vittorioso non può mai essere messa in forse da niente e da nessuno. Per questo egli emanava sempre una straordinaria serenità. Davvero poteva dire, come san Paolo: il Signore mi è stato vicino. Egli è vissuto alla presenza di Dio in mezzo alle contraddizioni della vita e delle vicende umane segnate dal male e dall’azione del maligno, senza mai il minimo dubbio o la più piccola incertezza sulla guida che misteriosamente Dio comunque esercita sul cammino di ciascuno e di tutti.

Il dramma che ci colpisce consiste nell’illusione che siamo noi quelli che guidano le sorti, e magari vorrebbero dimostrare a un Dio, visto come un osservatore distaccato, quanto siamo bravi; o, all’opposto, consiste nella paura che ci prende e ci paralizza quando sperimentiamo la debolezza e il pericolo che, per un motivo o per un altro, incombe su di noi. Bisogna che impariamo sempre di nuovo a vivere di fede, e cioè della certezza che Dio è qui con noi, con me, qualunque cosa faccia, perfino nei momenti di più grande soggezione al male, con la potenza del suo amore pronto a farsi riconoscere, solo che noi lo pensiamo, lo desideriamo, lo cerchiamo con cuore di figli.

Perché Gesù avrebbe detto, altrimenti, quelle parole con le quali ci vuole infondere una fiducia incrollabile sulla premura con cui il Padre agisce preparandoci un futuro di gloria? Il punto sta tutto nel credere in tale futuro e nel riconoscere che Gesù è l’unico che può aiutarci a credere e a camminare verso quel futuro. Forse anche noi, invece, come l’apostolo Tommaso, siamo di quelli che continuano a chiedere spiegazioni e a porre interrogativi che denotano solo la povertà di fede e di amore con cui ancora ci rapportiamo al Signore.

Impariamo a guardare oltre le apparenze, anzi dentro le apparenze, perché ciò che esse contengono e mediano è la stessa potenza di Dio che ci circonda di premura e trepida per le nostre indifferenze, le nostre resistenze e diffidenze, le nostre paure e le nostre ottusità. Tutta la storia è piena di Dio, anzi tutta la vita, anche la vita più modesta e dimessa, perfino misera; a noi avere occhi per vedere Dio adoperarsi sempre per i suoi figli.

Don Claudio questo lo aveva capito e imparato, perciò anch’egli può dire con san Paolo: ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede. A che cosa possiamo aspirare di più grande che conservare la fede? L’esempio di don Claudio, che da ora crediamo accolto come il servo fedele nella gloria del suo Signore, dia nuovo slancio al nostro cammino di fede, incrollabile anche quando tutto sembra crollare attorno a noi.