Omelia per l’ordinazione di sei nuovi diaconi permanenti (10/09/2022 – Cattedrale di San Marco, Latina)

10-09-2022

OMELIA

10 settembre 2022, XXIV TO C

Ordinazione diaconale

+ Mariano Crociata

Cari Massimo, Pino, Mimmo, Carlo, Alessandro, Lorenzo,

è grande il dono che oggi voi ricevete ed è altrettanto grande la gioia che la nostra Chiesa sperimenta insieme a voi. Come comunità diocesana sentiamo che il Signore ci è sempre vicino, ci guida e ci sostiene. Ne siamo certi, in ogni circostanza e in particolare quando celebriamo i divini misteri. Oggi il segno della condiscendenza di Dio verso la nostra Chiesa è straordinariamente potente, perché Egli la arricchisce della presenza di nuovi ministri ordinati come diaconi. Adesso ci siete anche voi a servire il popolo cristiano e a farlo con l’efficacia che viene dalla grazia del sacramento. Si fanno per tutti più vigorosi e diffusi l’annuncio del Vangelo, l’alimento della preghiera, la testimonianza e la dedizione nella carità verso tutti, in modo particolare verso i diseredati. Sostenuti dal vostro esempio, tutti noi siamo richiamati a servire con accresciuta fedeltà e passione i nostri fratelli e sorelle, le nostre comunità, tutti quelli che si affidano al nostro incontro prima che alla nostra cura ministeriale. Vi invito perciò a tenere sempre viva questa coscienza, a coltivarla nella preghiera personale e insieme alle vostre spose e ai familiari, a tradurla nei servizi che sarete chiamati a svolgere, a esprimerla nel vostro modo di essere, nel modo di coltivare le relazioni con altri, di lavorare, di stare in società e nella vita.

La parola che il Signore oggi ci rivolge invita a cogliere del vostro ministero una qualità specifica, quella della misericordia, tema delle tre parabole lucane che qualcuno definisce “vangelo del vangelo”. In qualche modo voi siete creati anche come ministri della misericordia. Certo, lo sono innanzitutto i presbiteri, i quali celebrano per i fedeli il sacramento per eccellenza della misericordia, la confessione o riconciliazione, senza con questo dimenticare che tutti i sacramenti trasmettono la misericordia di Dio, e sopra tutti il battesimo. Ma voi siete ministri della misericordia in una maniera che colloca la sacramentalità non nella forma rituale, bensì in quella personale ed esistenziale. Il vostro modo di essere e di vivere, di parlare e di comportarvi, dovrebbe lasciar trasparire la certezza e la testimonianza di essere comunque – sia pure con tutte le miserie possibili – nel cuore di Dio, così che tutti quelli che incontrate e a cui prestate il servizio del vostro ministero sentano innanzitutto di essere accolti da Dio, di avere un posto nel suo cuore.

Misericordia di Dio vuol dire che il peccato non ha l’ultima parola, il male non detiene il potere conclusivo sulla vicenda umana, sul cammino di vita di una persona, sulla storia di una comunità. Dio attende i suoi figli, non li raggiunge con la sua punizione, ma dà loro tempo perché si rendano conto del suo amore sconfinato. E Dio attende figli, non servi; anche quando noi non sappiamo fare altro che sentirci servi, Egli ci attende, ci tratta, ci trasforma in figli.

Dio sa che il peccatore si converte e cambia vita quando comincia a percepire realmente qualcosa del suo amore, quando ne viene toccato. E il suo è un amore personale: per me, per te. Si può trascorrere tutta una vita a compiere atti religiosi, e perfino a essere nel ministero ordinato, senza avere mai fatto veramente l’esperienza di essere amati personalmente da Dio, di sentirsi oggetto, destinatari della tenera misericordia di Dio. Spesso ci sentiamo giudicati e non amati da Dio, ci sentiamo sfidati dalla richiesta di essere trovati a posto, integri, perfetti, e facciamo della nostra vita una lotta contro noi stessi per dimostrare di essere in grado di offrire prestazioni tali da meritare premio e riconoscimento, apprezzamento e lode; incapaci di cercare e di dare amore. Dinanzi a certe esperienze di persone religiose o di Chiesa, si può avere l’impressione di trovarsi di fronte a qualcuno che non sa che farsene dell’amore e della misericordia di Dio; le considera debolezze, cose che vanno bene per gli altri.

E invece i primi ad avere bisogno di misericordia siamo noi. Questo ci insegna il fratello maggiore: che si può stare una vita intera a lavorare nella casa del Padre, senza aver raggiunto nessuna vera conoscenza di lui, nessuna confidenza, nessuna fiducia. Dobbiamo molto riflettere su questo, perché noi ministri o, comunque, collaboratori del ministero, siamo molto esposti a questo rischio. Nessuno crederà al nostro annuncio della misericordia di Dio se noi per primi non ne sentiamo il bisogno e non la invochiamo incessantemente, ogni giorno che Dio manda sulla terra della nostra vita.

Cari diaconi, voi avete il compito di ricordare, ai preti in particolare e a tutti i cristiani, che non si può stare solo ad attendere chi viene a chiedere la misericordia di Dio, ma che bisogna andare a cercare chi ha bisogno di essa, come un pastore fa con una pecora che si smarrisce o una donna con qualcosa di estremamente prezioso che si perde. Voi dovete far sentire che Dio è in cerca di ciascuno, lo vuole incontrare e accogliere, infondere benevolenza, amore, perdono, misericordia. Prima che noi ci decidiamo a cercarlo, Lui è già in cerca di noi; prima che noi ci mettiamo in cammino, Lui già corre verso di noi; prima che muoviamo il primo passo, Lui è già lì. Tutto il vostro servizio deve trasmettere questo, innanzitutto questo, o, se tale è il caso, anche soltanto questo. Perché la misericordia di Dio è il cuore dell’annuncio evangelico, il senso della nostra vita, la ragione per cui esiste il ministero nella Chiesa.