Omelia per la prima visita alla comunità ecclesiale di Priverno

Priverno, concattedrale di Santa Maria, 19 gennaio 2014
16-06-2014

Anche la liturgia di questa domenica ci vede alle prese con il battesimo di Gesù. E la ragione c’è: esso costituisce l’evento rivelatore della missione di Gesù e della sua identità, e perciò anche della nostra fede e della nostra vita cristiana. Chi è Gesù? Lo ha chiesto Lui stesso, a un certo punto, proprio ai suoi: «la gente, chi dice che io sia? […] E voi?». Come sappiamo, le risposte non furono così nette e convinte; anzi, perfino dietro la corretta formulazione della risposta da parte di Pietro («Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente») si nascondeva un equivoco così profondo che Gesù lo apostrofò addirittura chiamandolo satana. Chi è Gesù per noi, per me? E dove sta il rischio dell’equivoco? La serietà della domanda è confermata dal Vangelo di oggi (Gv 1,29-34), nel quale per ben due volte è Giovanni Battista ad ammettere: «io non lo conoscevo». Proprio lui, che a Gesù che si presentava al battesimo sulle prime si rifiuta di accettarne la richiesta perché ne sapeva la santità di vita, dopo aver ascoltato la Parola di Dio e visto il segno dello Spirito capisce che in realtà non lo conosceva ancora davvero, che colui che credeva di conoscere portava un mistero più profondo che solo la rivelazione di Dio permette di vedere e accogliere. E, del resto, poco prima ai suoi ascoltatori lo aveva detto e, in un certo senso, ripete anche a noi: «In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete». Solo ora il Battista ha capito e può dichiarare: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo».

Si tratta del capovolgimento di tutta una prospettiva religiosa, secondo la quale Dio può essere solo il detentore della potenza e del potere, della forza e del dominio, al limite dell’arbitrio e della violenza; per definizione è colui che può tutto. E ora invece, nell’atto con cui si rivela definitivamente rendendosi personalmente presente in Gesù, egli appare come un agnello, l’animale più debole e inerme, buono solo per essere sacrificato e immolato. Portatore di salvezza, dice il profeta Isaia (45,3.5-6), luogo di manifestazione della gloria di Dio, ma appunto come servo, che, nella lingua di Gesù, è un altro modo per dire agnello. Alla domanda su Gesù si può rispondere se c’è la coscienza del proprio peccato e la disponibilità a sentire la vicinanza salvante di Gesù con la sua mitezza e la sua donazione fino al sacrificio e alla consumazione di sé.

Proprio in Cristo Gesù siamo stati santificati, ci ha detto san Paolo (1Cor 1,1-3), siamo stati chiamati e ci uniamo a quanti da ogni parte levano a Lui la loro preghiera; ma ciononostante non abbiamo finito di conoscere Gesù, perché non finisce di sconcertarci e disorientare questa scelta di servizio, di umiliazione e di annientamento per ottenerci la salvezza e il perdono dei peccati.

Vengo a Priverno sapendo molto bene quanta devozione ci sia qui alla passione di Gesù, insieme a quella per Maria SS. E tuttavia ritengo che l’appello sia rivolto anche a voi, e anzi assuma un significato peculiare proprio per le vostre comunità, che saluto con gratitudine e stima rivolgendomi a tutti e a ciascuno di voi, in modo particolare al parroco e vicario foraneo, ai sacerdoti, ai diaconi e ai consacrati, e ancora al signor sindaco e alle autorità intervenute. Davvero c’è un compito sempre nuovo che riceviamo dall’appello del Vangelo di oggi: proprio noi che possiamo vantare una plurisecolare tradizione di religiosità intensa e consolidata. È una fortuna disporre di questo patrimonio di devozione e di fede, come è il caso della vostra città e della vostra forania; ma esso può essere tenuto vivo e fedele al genuino senso cristiano se cercherete un incontro autentico con Gesù e una conoscenza vera di Lui, lontano da tanta ignoranza e deformazione dell’immagine religiosa che sempre insidia la nostra vita di Chiesa, soprattutto di questi tempi.

Pertanto sento di dovere rivolgere a me e a voi l’invito della Parola del Signore raccogliendo tre segni che la vita della Chiesa ci offre. Il primo me lo suggerite voi stessi, che avete ricevuto come patrono san Tommaso d’Aquino; un santo divorato dal desiderio di conoscere Dio e di confrontarsi anche con la filosofia pagana pur di assecondare il suo amore per una sempre più elevata sapienza del divino e un rapporto profondo di comunione con il Verbo di Dio. La sua figura è una sollecitazione permanente a rifuggire l’inerzia intellettuale, l’ignoranza, il devozionismo privo di sostanza biblica e teologica, una pietà popolare senza anima liturgica. Un patrono così va invocato ma anche conosciuto, amato ma anche imitato.

Gli altri due segni sono la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani in corso e la giornata dei migranti. Il nostro piccolo mondo tante volte non ha molta dimestichezza con la diversità cristiana, religiosa, umana, sociale. Magari ne sentiamo parlare, ma viviamo nei nostri piccoli rassicuranti circuiti di persone che solitamente frequentiamo, protetti da tutto ciò che mette in discussione le nostre abitudini e le nostre sicurezze. Il dramma della divisione dei cristiani e la tragedia dell’esodo di masse crescenti di persone in tutte le direzioni, e soprattutto verso i Paesi più ricchi, sia pure in maniera differente ci riguardano. Nella divisione dei cristiani e nella sofferenza di tanti esseri umani, di tanti nostri simili, c’è qualcosa che ci tocca, che risveglia la nostra responsabilità. Anche attraverso questi fenomeni e problemi il Signore ci vuole far capire qualcosa di sé, ci chiede di conoscerlo di più e meglio. Egli è l’Agnello di Dio per il mondo, non solo per noi. E allora ci domandiamo: come Egli sta agendo per tutti? In che modo il suo sacrificio sta unificando i cristiani e salvando il mondo dal male? E, quindi, come possiamo riconoscerlo e assecondare la sua opera di liberazione e di rinnovamento? Non dobbiamo avere paura di queste domande, ma lasciamo che la loro provocazione scuota, se necessario, e in ogni caso ravvivi la nostra devozione e la nostra fede.