Omelia per la festa di Santa Barbara (04/12/2019 – Cattedrale di Latina)

04-12-2019
OMELIA

Cattedrale di S. Marco, Festa di S. Barbara, 4 dicembre 2019

Is 25,6-10a – Mt 15,29-37

+ Mariano Crociata

Desidero innanzitutto esprimere la solidarietà e la riconoscenza dell’intera comunità ecclesiale e civile per quei Vigili del fuoco e quei militari di Marina che hanno perduto la vita nel corso dell’anno trascorso (e ancora nella nostra mente rimane viva l’immagine di drammi anche molto recenti) e verso quelli che sono attualmente impegnati in terra e in mare in missioni spesso rischiose. Per gli uni e per gli altri preghiamo, senza dimenticare quanti svolgono il loro lavoro ordinariamente; ad essi vogliamo far giungere la nostra gratitudine e il nostro incoraggiamento, soprattutto in questo giorno di festa.

La patrona, S. Barbara, è per tutti voi un punto di riferimento e un modello. Ne colgo il significato particolarmente nella sua figura di martire: una ragazza disposta a sacrificare la sua vita per difendere la fede abbracciata e l’adesione a Cristo scelto come bene supremo della propria vita. Il suo esempio di coraggio e di coerenza, che nel suo caso arriva fino all’atto estremo, viene nella sostanza seguito nel lavoro di tutti i giorni da Vigili del fuoco e militari di Marina, e precisamente nella fatica e nel sacrificio, ma anche nei rischi, a cui tale impegno quotidianamente espone.

Mi pare che proprio a questo proposito, le letture della feria di Avvento arricchiscano la nostra celebrazione e la vostra festa. Isaia preannuncia per il giorno del Signore, che indica il giorno della sua venuta e quindi l’avvento della sua presenza, un capovolgimento delle condizioni umane e sociali di tutti i popoli. Tale felice capovolgimento viene rappresentato con l’immagine del banchetto festoso definitivo che sancirà la fine di ogni lacrima e di ogni ignominia, anzi la fine della morte. È una visione, quella di Isaia, quasi un sogno, che interpreta il desiderio incancellabile che arde nel cuore di ogni uomo oppresso dall’ingiustizia e dal male, dalla sofferenza e dalla morte; ma esprime anche la fiducia incrollabile nella promessa di Dio: quello di Isaia è un sogno ma anche una rivelazione divina, la rivelazione di una promessa.

L’umanità oppressa da ogni sorta di male è anche quella che Gesù incontra secondo la pagina evangelica, ma questa volta per dire che quel giorno del Signore è in qualche modo arrivato; il giorno del Signore è l’oggi di Gesù; a Lui portano tutti i malati perché ricevano la guarigione alla quale anelano: e infatti vi incontriamo «i muti che parlavano, gli storpi guariti, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano».

In Gesù la salvezza di Dio si è fatta umanamente presente e visibile: la vita delle persone cambia, si rinnova; il male viene sconfitto. Davvero è cominciato il giorno del Signore. La moltiplicazione dei pani, che segue le guarigioni, è il compimento della promessa di Isaia: il banchetto escatologico, ultimo e definitivo, è cominciato. Noi viviamo già nel pieno del suo svolgimento; ne abbiamo infatti due segni. Il primo è l’Eucaristia che stiamo celebrando. Gesù, non solo ci sfama, ma ci dà se stesso come nutrimento, guarigione, rinnovamento di vita.

Ma c’è un secondo segno, e cioè tutta l’opera di bene che i credenti in Lui (ma lo fanno talora anche non pochi non credenti), per guarire chi soffre e piange, e per dare pane e solidarietà, anzi fraternità, a chi ne è privo. La nostra capacità di aiuto agli altri e di vicinanza a chi è nel bisogno, quando lo facciamo mossi dalla fede in Gesù, diventa manifestazione della sua presenza e in qualche modo anticipazione della sua salvezza. Questo si compie nella nostra vita personale e nei nostri rapporti con tutti quelli con i quali condividiamo l’esperienza della vita. Ma questo avviene anche quando si svolge il proprio lavoro e si compie il proprio dovere all’interno di istituzioni come le vostre. Allora svolgere il proprio lavoro diventa per gli altri un segno della vicinanza di Dio e della sua salvezza. Lo sa bene chi è stato salvato dalle fiamme o dal rischio di annegare.

Concludo invitandovi a risvegliare questa fede in Gesù, che diventa motivo ancora più forte per svolgere al meglio compiti talora così ardui come quelli richiesti al vostro impegno professionale. In tal modo, chi potrà beneficiare del vostro soccorso, sentirà non solo gratitudine infinita a voi, ma vedrà anche crescere la propria fede in Gesù Salvatore, che ci dà anche di diventare con il nostro operare strumenti di liberazione dal pericolo.

Preghiamo S. Barbara perché ci conceda di riconosce di essere stati, anche noi risanati e sfamati da Gesù, e di esserlo continuamente; e preghiamo per diventare noi stessi strumenti per gli altri di quel risanamento e di quel nutrimento che ultimamente ci giungono dal Signore che viene nel suo giorno.