Omelia per la Domenica delle Palme (28/03/2021 – Concattedrale di Sezze)

28-03-2021

OMELIA

Domenica delle palme (B)

Sezze, S. Maria, 28 marzo 2021

+ Mariano Crociata

La domenica delle palme è chiamata anche domenica della passione del Signore, perché ne anticipa la narrazione e il senso complessivo. Le prime due letture lo mettono bene in evidenza. Il profeta Isaia presenta il Servo di Signore, in cui intravediamo la figura di Gesù, come un agnello mansueto che si sottopone ai maltrattamenti e al sacrificio senza ribellarsi, ma anzi parlando con l’eloquenza della sua mansuetudine e soprattutto confidando incondizionatamente in Dio e a lui affidandosi. Del resto il suo ingresso in Gerusalemme su un asino esprime la mitezza del suo agire di sempre. San Paolo, con l’inno della lettera ai Filippesi, ripercorre il movimento di discesa da Dio che il Figlio compie nell’atto di diventare uomo e di giungere fino all’estrema umiliazione della morte di croce, sulla quale tuttavia viene contemplato e riconosciuto come Salvatore, e chi lo adora viene salvato.

Noi non manchiamo di genufletterci e di compiere gesti esteriori di adorazione verso la croce e verso il Signore Gesù. Non possiamo tuttavia pensare che a una vita donata fino al sacrificio supremo, come quella di Gesù, basti rispondere con atti rituali, qualche genuflessione e qualche segno di croce o qualcosa di simile. Nei giorni santi della prossima settimana riviviamo nel rito la passione di Gesù, ma dobbiamo chiederci che cosa significa essere suoi discepoli e fare nostro il suo esempio e il suo stile di vita, che salva non con la forza ma con la mansuetudine, non con l’astuzia e la violenza ma con la sincerità del dono di sé e con la disponibilità al sacrificio.

Sono molti i nostri comportamenti che contraddicono frontalmente quello che vediamo testimoniato da Gesù. Vorrei accennare solo a qualcuno di essi. Innanzitutto i comportamenti ispirati da superbia e da orgoglio, quando invece Gesù, dice san Paolo, «umiliò se stesso» e «non ritenne un privilegio l’essere come Dio». Bisognerebbe esaminare noi stessi, per tutte le volte che ci lasciamo trascinare da senso di superiorità e di presunzione nei confronti degli altri, cosa che succede perfino in famiglia e tra amici. Quante volte i rapporti vengono stravolti dall’arroganza di qualcuno nei confronti di altri! Questa non è la via di Gesù, e nemmeno dei suoi discepoli, di quelli che si fanno chiamare cristiani. Egli fu obbediente fino alla fine, e ha sempre proposto, mai imposto niente a nessuno. Ha preferito subire piuttosto che costringere o forzare qualcuno a qualcosa, nemmeno per le cose più sante.

Nel racconto della passione di Marco, poi, abbiamo ascoltato il riferimento allo spreco del profumo per l’unzione di Gesù da parte di una donna a Betania, e ai soldi che, secondo qualcuno, potevano essere usati per i poveri. Gesù fa capire che l’attaccamento a lui deve essere più grande dell’attaccamento a ogni altra cosa e in particolare ai soldi, anche quando si tratta di usarli per fare del bene. Accanto al distacco da se stessi, con l’umiltà, Gesù nella sua passione ci insegna e ci chiede il distacco dai beni terreni e la preferenza per l’amore verso di lui e verso Dio. Questo è un discorso indubbiamente difficile, ma che non può essere aggirato, e tocca in maniera più o meno grave tutti. La tentazione dell’idolatria del denaro è una delle più comuni, generatrice di corruzione a tutti i livelli e capace di condurre a comportamenti abominevoli, come quelli che sono stati scoperti qui al cimitero di Sezze. Ho apprezzato molto il gesto dei parroci, nel loro portare benedizione e preghiera di suffragio per i defunti i cui corpi riposano nel camposanto cittadino. Ma non perdiamo di vista la radice di quelle ignominie che risiede nell’avidità e nell’avarizia. Quando è il denaro a dominare il cuore, allora si perde il senno e il senso della realtà, arrivando a compiere gli atti più vergognosi che si possano immaginare, fino a smarrire la coscienza della propria dignità e della dignità di ogni persona, a smarrire perfino il senso della morte, perché nessuno è eterno e tutti dobbiamo morire.

Voglio accennare ad un ultimo atteggiamento che trova un modello mirabile in Gesù; è ancora il profeta Isaia a farcelo notare: «Il Signore Dio mi assiste […], per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso». Gesù rimane saldo e forte in se stesso perfino quando si ritrova solo e abbandonato da tutti, maltrattato e disprezzato; non si perde d’animo e non entra in confusione o nel panico. Egli ha una tale fiducia in Dio da attingere da lui una forza che lo rende incrollabile, con la «faccia dura come pietra». Una lezione impressionante per noi che, alla prima difficoltà, cerchiamo conforto e compagnia e siamo disposti a rinunciare a tutte le nostre convinzioni, forse a svendere la coscienza, pur di non sentirci soli e senza l’aiuto di nessuno, rivelando così di essere privi di vera fede.

La settimana santa che appena comincia ci aiuti a riflettere e a confrontarci con questo modello che è il nostro Signore, non per sentirci mortificati dalla coscienza della nostra distanza da lui, ma per fare rinascere la nostra fiducia nella sua grazia e nel suo amore.