Omelia per la chiusura del IV Centenario della nascita di san Carlo da Sezze

Roma, 22/10/2014
22-10-2014

OMELIA

Celebrazione di chiusura del quarto centenario della nascita di san Carlo da Sezze

Roma, san Francesco a Ripa

22 ottobre 2014

+ Mariano Crociata

 

La celebrazione conclusiva del quarto centenario della nascita di san Carlo da Sezze in questa basilica di san Francesco a Ripa in Roma, dove riposano le sue spoglie mortali, contiene un messaggio per noi che, dalla diocesi che a san Carlo ha dato i natali, siamo venuti qui e anche per quanti partecipano a questa Eucaristia. Siamo invitati a ripercorrere il cammino che ha condotto san Carlo da un convento all’altro, come stazioni di una ideale via che conduce a Dio. Sono stazioni contrassegnate dai servizi più umili, propri di uno che aveva abbracciato con convinta determinazione quella che riconosceva come peculiare chiamata del Signore, ovvero a vivere da fratello laico nella famiglia francescana dei Frati Minori.

Con la sua disponibilità a non radicarsi e a non porre sicurezza in nessun luogo particolare, san Carlo ci insegna a lasciarci guidare da Dio e a vincere la paura della novità e del cambiamento con la ferma speranza in Lui. Scrivendo, nella sua autobiografia, del sentore con cui preavvertiva una sua chiamata a Roma, egli sottolineò: «Andare a stare a Roma lo aborrivo grandemente, prevedendo il fastidio e la grande inquietudine che avrei avuto» (Carlo da Sezze, Le grandezze delle misericordie di Dio, in Trafitto dall’Eucaristia. San Carlo da Sezze dai suoi scritti, Camerata Picena 2011, 192-193). Ma, pure in quell’occasione, alla fine vinse la convinzione che «la cosa più sicura e perfetta è lasciarsi portare da Dio semplicemente» (ivi, 193).

Seguendo la sua via, umile e nascosta, san Carlo si apre alla missione della Chiesa nel vasto mondo del suo tempo portandole il contributo della sua sapienza e del suo consiglio, che scaturiva dall’amore incondizionato per il Signore, e in modo particolare per l’Eucaristia, e dalla luce che gli veniva dai doni peculiari dei quali l’unione intima con Cristo Gesù lo arricchiva.

Pur avendo lasciato molti scritti, in gran parte dati alle stampe mentre egli era ancora in vita, san Carlo fu essenzialmente uno scrittore «senza lettere», un autodidatta che tutto apprese dalla contemplazione del Cristo. A conclusione dell’opera Cammino interno dell’anima, nella quale egli commentava i suoi Canti spirituali, rivolgendosi al suo confessore, scrisse: «I libri dei quali mi sono servito, sono stati quattro, che dirò a gloria di Dio: il primo è stata la frequenza della santa comunione; il secondo il servire alla santa messa; il terzo il Crocefisso; il quarto l’orazione. […] Ho voluto qui significare il tutto a vostra riverenza, acciò s’intenda chiaramente che in scrivere dette materie spirituali si fa più con lo studio dell’assidua orazione che con il leggere molti libri, penetrando la pratica, dove non giunge la semplice teoria senza l’esperienza» (in Opere complete, vol. V, 545). In quest’intima convinzione san Carlo si rivelava fedele all’insegnamento del suo fondatore e padre, san Francesco d’Assisi.

Non a caso la Chiesa ha scelto le pagine della Scrittura che abbiamo ascoltato, poiché esse vengono ulteriormente illuminate dall’accoglienza e dall’attuazione pratica che san Carlo ne ha fatto nella sua vita. Il suo segreto intimo consisteva nella unione con il Signore, vera fonte di vita per la sua persona e per tutto il suo agire (cf. Gv 15,1-10). Questa ricca interiorità piena di comunione divina trabocca, senza poter essere contenuta, nelle sue parole e nei suoi scritti, nati non da un sapere imparaticcio, ma da una sapienza del cuore scaturita dalla fonte divina dello Spirito. Egli è un modello di come la carità, dono divino, si manifesta non in opere straordinarie e travolgenti, ma nell’umile ricerca del bene, poiché essa «non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto» (1Cor 13,4-5).

È un tracciato ideale, dunque, quello che san Carlo propone anche oggi per il cammino di una Chiesa particolare come la nostra e di ogni singolo cristiano. Anche noi, come lui, dobbiamo e vogliamo incontrare Gesù, fare esperienza di Lui, entrare e crescere nella comunione intima con lui. Nutriamo perciò l’incrollabile certezza che la via del servizio umile e nascosto, là dove siamo stati posti dalla chiamata di Dio, è via di salvezza per sé e per quelli che incrociano il nostro cammino. Il suo esempio ci confermi in questa convinzione e ci sostenga nei momenti in cui, per la nostra fragilità, siamo tentati di allontanarci dalla sequela di Cristo.

Oggi noi chiudiamo solennemente un centenario; ma una conclusione come questa serve di per sé a rilanciare verso un nuovo inizio. È stato quanto mai opportuno, nel corso di quest’anno, ricordare con molteplici iniziative la nascita e la spiritualità di san Carlo; proprio per questo la celebrazione di oggi, più che una “chiusura”, segna per tutti noi un rinnovato punto di partenza verso una riscoperta sapienziale del messaggio di san Carlo, affidato anzitutto all’Ordine francescano e alla città e alla diocesi che gli ha dato i natali; un messaggio che spinge a ricercare la santità nell’amicizia con Dio e in un servizio reciproco fatto di accoglienza e di solidarietà. La bellezza della santità cristiana risalta, infatti, nella restituita capacità di vincere la tentazione del ripiegamento egoistico su di sé e, quindi, nella testimonianza di una apertura incondizionata all’Altro divino e all’altro umano con un amore di donazione senza riserve.