Omelia nell’anniversario della morte di David Sassoli (11/01/2023 – Notre-Dame des Victoires au Sablon, Bruxelles)

11-01-2023

Omelia nell’anniversario della morte di David Sassoli

Bruxelles, mercoledì 11 gennaio 2023, Notre-Dame des Victoires au Sablon

✠ Mariano Crociata

A distanza di un anno, la pena per la perdita precoce di David Sassoli non si è certo attenuata, specialmente nei suoi cari, negli amici e in quelli che gli hanno voluto bene, in quanti lo hanno conosciuto e hanno avuto il privilegio di lavorare fianco a fianco con lui nelle istituzioni europee. A tutti, celebrarne l’anniversario consente uno sguardo sulla sua figura destinata – ora lo vediamo più chiaramente – a lasciare un’impressione profonda e una traccia duratura nelle persone e nelle istituzioni nelle quali ha operato con spirito di servizio. Sta qui la ragione dell’iniziativa della presidenza del Parlamento europeo che ci vede qui radunati a riflettere e pregare per lui, nella luce di quella fede che lo ha accompagnato sempre e che egli ha testimoniato con vigile discrezione ma anche con intima coerenza e convinzione.

C’è un tratto che merita di essere messo in risalto, tra quelli che altri potrebbero richiamare; un tratto che lasciava il segno negli incontri personali e nell’immagine complessiva della sua presenza. Egli trasmetteva, infatti, un senso di fervore in ciò che faceva e in ciò che diceva, come se qualcosa bruciasse dentro di lui, una fiamma che ardeva di passione e di interesse per ciò di cui si occupava e di cui parlava, qualunque fosse l’occasione in cui ciò si manifestava. L’impegno politico è di natura sua caratterizzato da un esercizio costante della razionalità critica e del calcolo; egli mostrava con tutta evidenza una sintesi mirabile tra questa capacità e le motivazioni, vorrei dire ideali e morali, secondo cui lo esercitava. In questo colgo un tratto caratterizzante la personalità di David Sassoli.

In linea con questa considerazione, avverto una consonanza con quanto le letture bibliche del giorno propongono. Parlano di un Figlio di Dio che si prende cura della stirpe di Abramo (cf. 2,14-18), dei fratelli e della comunità di appartenenza, e di un Gesù che, affacciandosi per la prima volta sulla scena pubblica, traduce il compito di Figlio in un servizio di cura degli altri fatto di guarigione, di liberazione, di insegnamento (cf. Mc 1,29-39). Nella prospettiva cristiana, svolgere un servizio, avere una responsabilità pubblica, ricevere l’affidamento di un compito, richiede un prendersi cura degli altri. Nell’impegno politico, come vale per ogni altro ruolo pubblico, il passo che conduce all’ingresso nell’agone del confronto tra le forze sociali, richiede un passaggio, dalla cura di sé alla cura degli altri, quanto meno come dimensione preminente nella coscienza di sé e nell’azione corrispondente.

Tutto questo – sento di poter dire – si riscontrava in David Sassoli, con in più la nota di quell’ardore che nasceva da una tensione interiore verso il più, verso il meglio, che è la qualità inconfondibile delle persone segnate da alta idealità e moralità. Che questa abbia, poi, una precisa ed esplicita connotazione religiosa, rende il tutto più eloquente e intellegibile, rimanendo intatto il rispetto, e anzi l’accoglienza, verso quella pluralità che è ricchezza se diventa scambio e condivisione della ricerca e delle motivazioni che ispirano l’azione dei singoli e dei gruppi.

Due cose desidero sottolineare di quanto rimane della testimonianza viva di David Sassoli, la cui presenza si prolunga in qualche modo tra noi, come questa celebrazione plasticamente attesta. La prima dice che il fattore decisivo di ogni costruzione sociale e di ogni istituzione rimane la persona e la sua qualità umana, culturale, morale, spirituale. Sono imprescindibili le competenze e le strutture organizzative, ma senza persone di qualità risulta difficile valorizzarle e vederle funzionare. Oggi, mi permetto sommessamente di dire, sembra talora esserci quasi paura di portare l’attenzione sulle motivazioni, sugli ideali, sulle convinzioni di fondo che ispirano e muovono le scelte e le azioni delle persone, specialmente quando assolvono compiti di pubblica responsabilità. Questo alla lunga incardina un pericolo nella collettività, poiché la priva di respiro, di un’anima, destinandola a ridursi a un organismo senza vita.

La seconda cosa che va sottolineata riguarda proprio l’ardore che ha animato la sua persona e il suo servizio. Questo purtroppo sembra un tempo segnato da aridità, da freddezza, talora anche da indifferenza, da passioni tristi direbbe qualcuno; e certo non mancano ragioni se le cose stanno andando per tale verso. Nondimeno dobbiamo avvertire il bisogno di un sussulto di vita e di coraggio, di voglia e di slancio. Io credo che ciò che animava David Sassoli era una visione e una speranza conseguente, grazie alla quale quella visione veniva alimentata, animata, cercata dentro e attraverso ogni passo, ogni gesto, ogni parola, proteso come egli era a creare sempre unità e a stabilire un approccio improntato all’apertura. Senza quell’entusiasmo e quella convinzione, che scaturiscono dalla fiducia – e quindi anche dal desiderio e dalla volontà – di vedere fiorire un nuovo futuro europeo nell’unione dei popoli e delle nazioni, come faremo ad attraversare questo tempo inquieto e minaccioso?

Dobbiamo aiutarci a guardare, oltre gli ostacoli e le previsioni immediate, a un disegno di Unione più forte e solidale, per i suoi popoli e per quegli altri che attendono da essa un riferimento e un sostegno. La figura di David Sassoli potrà accompagnare come poche altre il nostro cammino su questa via di futuro.