OMELIA
Inaugurazione dell’anno accademico dello Studio Teologico San Paolo
Catania, 28 novembre 2014
+ Mariano Crociata
Le pagine della Scrittura proclamate a cavallo tra fine di uno e inizio di un nuovo anno liturgico presentano sempre una singolare affinità. Non fanno altro che segnalare come la fine della storia e l’avvento definitivo del Signore coincidano: una coincidenza che si ripropone alla nostra fede e alla nostra preghiera affinché non venga meno la nostra assidua attenzione. Siamo in cammino verso il ritorno del Signore: in attesa di lui e protèsi verso di lui, perché in realtà calamitati dal suo venirci incontro, attratti dal suo avvicinarsi. Possiamo procedere verso il futuro di Dio solo per effetto del movimento che egli già da sempre ha intrapreso verso di noi.
È diventato oltremodo difficile vivere in questa tensione escatologica; forse anche perché convinti che il nostro impegno qui e ora contiene già implicitamente quella dimensione e, perciò, niente deve distrarci da esso. Salvo poi sentire un peso non lieve, ma oppressivo, per le fatiche frustranti che patiamo, non si saprebbe dire se per le molte cose da fare, e che spesso facciamo con poco frutto, o se perché di tali cose finiamo per perdere il senso senza riuscire a intravederne il fine.
Il credente, però, si guarda bene dal cadere nella tentazione opposta, di evadere cioè dal peso della responsabilità storica, illudendosi di anticipare spiritualisticamente un compimento, il quale giunge, sì, come dono, ma per coloro che l’hanno atteso e preparato, rimanendo fedeli sino alla fine, anche al prezzo di essere «decapitati a causa della testimonianza di Gesù e della parola». «Un nuovo cielo e una nuova terra […] la città santa, la nuova Gerusalemme» raggiungeranno coloro che avranno superato «il giudizio» e «la seconda morte», quello «stagno di fuoco» a cui sono destinati coloro che non sono scritti «nel libro della vita», perché non hanno perseverato sino alla fine in una fede tenace, ostinata, capace di traversare un tempo che sembra non dover finire mai, in una attesa infaticabile della «sposa adorna per il suo sposo» (Ap 20.1-4.11-21,2).
Immagino la teologia come questo sguardo insonne verso l’orizzonte, nell’ansia di veder sorgere l’agognata aurora; o ancora, come lo sguardo penetrante che coglie prontamente i segni del tempo ultimo al loro manifestarsi nei primi germogli. La teologia dovrebbe saper comporre insieme questo sguardo per il nuovo che sta germogliando con il sapere delle parole che non passano (cf. Lc 21,29-33); dovrebbe alimentare una coscienza vigile, un’avvertenza critica nei confronti di tutto ciò che accade, senza dismettere mai quella attitudine orante, contemplativa anzi, che fa del credente uno che sa vivere al cospetto dell’eterno, nella luce della risurrezione, senza nulla disprezzare, e nemmeno trascurare, del monotono scorrere anche delle più minute vicende umane.
Al cospetto della potenza unificante della dimensione escatologica della fede e dell’esistenza cristiana, appare ancora più penosa l’immagine non raramente evanescente e frammentaria degli esiti di tanti percorsi formativi. Sono tante le cause che stanno all’origine di simili deludenti risultati; ma questa non è una buona ragione per rassegnarsi. C’è bisogno di personalità unificate, o almeno tese in un movimento unificante verso il centro vivo di una fede schietta e operosa, di una relazione salda con il Vivente, il Signore Gesù. Al delinearsi di simili personalità un contributo decisivo viene proprio dalla riflessione teologica, mai disgiunta da una solida spiritualità.
All’inizio di un nuovo anno accademico può essere salutare sentirsi richiamare a simili esigenze di fondo. La Chiesa tutta – e in essa, per la loro peculiare responsabilità, in particolare i vescovi – ha bisogno del contributo insostituibile della formazione e della ricerca teologica, l’una e l’altra convergendo attorno all’unico termine ultimo di riferimento che è il compimento escatologico. Non per evadere verso di esso, ma per fare sicuro il cammino del credente soprattutto in tempi in cui viene minacciata la certezza della speranza insieme al fervore della fede.
L’invocazione allo Spirito, che inaugura il rinnovato impegno di questa comunità accademica, ottenga l’ardore del desiderio e lo splendore della luce necessari ad accogliere il dono dell’amore per il sapere della fede e a conseguire la sua pienezza al ritorno glorioso del Risorto.