Introduzione all’Assemblea diocesana d’inizio anno pastorale 2023/2024

ASSEMBLEA DIOCESANA DI INIZIO ANNO PASTORALE

Giovedì 28 settembre 2023

INTRODUZIONE

+ Mariano Crociata

Iniziamo oggi un nuovo anno pastorale. È un dono del Signore, che dobbiamo accogliere con gratitudine e disponibilità a farne tesoro, a farlo fruttificare per noi e per gli altri, come un nuovo talento che ci viene affidato: ora dipende da noi investirlo e moltiplicarlo. Con questo spirito vogliamo essere qui e guardare al nuovo anno.

L’assemblea di inizio quest’anno avrà un andamento diverso dal solito. Non ho una lettera pastorale pronta da presentarvi. Essa nascerà anche da quanto condivideremo stasera, soprattutto nei gruppi di riflessione. E il motivo è presto detto. È emerso diffusamente il desiderio di prolungare la riflessione e l’esperienza sulla spiritualità, concentrando l’attenzione sulla preghiera. Ho accolto con convinzione questa esigenza e l’ho fatta mia. Ma ho compreso anche che, non solo per lo stile ordinario della vita cristiana di tutti e di sempre, ma soprattutto per quanto maturato nel corso dell’anno pastorale trascorso, c’è qualcosa in voi che è già frutto della presenza dello Spirito e della maturazione spirituale che avete sperimentato. Per questo, la prima cosa da fare dopo un anno portato avanti con questa attenzione, sta proprio nell’ascolto di quella esperienza, per raccoglierne i primi frutti, segnalare le domande e le attese, individuare con quanta maggiore precisione possibile di che cosa abbiamo bisogno per crescere davvero nello spirito della preghiera. Si tratta di fare un esercizio di discernimento: in questo clima dobbiamo collocarci e sintonizzarci. Giusto per dare qualche spunto alla condivisione nei gruppi, voglio provare a riprendere qualche elemento che già sta nel nostro patrimonio di fede e di vita cristiana.

Innanzitutto la preghiera è la prima espressione o manifestazione della spiritualità come vita secondo lo Spirito. Essa è inseparabilmente personale e comunitaria, poiché è il primo effetto dell’azione dello Spirito. Proprio questo ci richiama san Paolo, quando dice che «non sappiamo infatti come pregare in modo conveniente, ma lo Spirito stesso intercede con gemiti inesprimibili» (Rm 8,26). La preghiera non è un nostro prodotto, ma la nostra risposta, il segno dell’accoglienza.

E ciò che abbiamo da accogliere è quanto viene dalla Parola, dall’annuncio, dall’ascolto. Per questo il legame tra Parola di Dio e preghiera è strettissimo, intimo, come attesta tutta la sacra Scrittura, a cominciare dal libro dei Salmi. Per la stessa ragione una delle forme più antiche e più consolidate ed efficaci di ascolto e preghiera insieme è la lectio divina, cioè la lettura della Scrittura in un clima di meditazione e di preghiera.

Se ci facciamo caso, la Scrittura, cioè la Parola che Dio ci rivolge attraverso il testo ispirato, è tutta intessuta di invocazioni e preghiere che, per così dire, Dio mette sulle nostre labbra. Per questo, l’invocazione con cui bisogna cominciare e l’atteggiamento con cui porsi di fronte alla preghiera sono gli stessi che i discepoli formularono rivolgendosi a Gesù quando gli hanno chiesto: «Insegnaci a pregare» (Lc 11,1). Quando si tratta della preghiera, siamo sempre dei discepoli, nessuno può atteggiarsi a maestro. Per questo vogliamo impostare quest’anno nello spirito e nel clima di una scuola di preghiera, cioè nell’atteggiamento umile di chi cerca il Signore e si lascia aiutare, innanzitutto dallo Spirito, a volgersi e a rivolgersi nella maniera più appropriata a Lui, soprattutto con l’animo pieno di fiducia, di confidenza.

Si tratterà di vedere come tutto questo si intreccia con le molteplici situazioni e forme in cui si esprime e si pratica la preghiera. Pensiamo alla preghiera liturgica, a quella personale, a quella comunitaria delle devozioni e delle pratiche di pietà, ma anche nella spontaneità delle più diverse situazioni oltre che delle liturgie della Parola. E pensiamo ancora alla preghiera di lode e ringraziamento, di confessione del peccato e di richiesta di perdono, di invocazione di aiuto e di abbandono fiducioso, di implorazione per gli altri e di intercessione. Ma si potrebbero citare altre forme e circostanze. Penso per esempio alla preghiera in famiglia, ai pasti, o anche alla preghiera personale nelle più diverse circostanze della giornata. Ma questo richiama un altro invito che viene da Gesù e ribadito da san Paolo, e cioè la preghiera continua.

Il vangelo di Luca presenta la famosa parabola del giudice e della vedova, che viene introdotta così: «diceva loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1). L’apostolo Paolo a sua volta invita ad essere «perseveranti nella preghiera» (Rm 12,12; cf. anche Col 4,2; e poi 1Tm 5,5) e ancora esorta: «pregate ininterrottamente» (1Ts 5,17). Su questo punto si mostra quanto la preghiera cristiana sia lontana dall’appagarsi di formule e di ritualità, poiché il suo ideale sussiste e il suo modello è incarnato nel dialogo incessante che Gesù intrattiene con il Padre.

Concludo questa breve introduzione ai lavori dei gruppi di riflessione e di discernimento richiamando l’attenzione su due aspetti importanti implicati nella preghiera, e cioè preghiera e formazione, e preghiera e politica. In una prospettiva cristiana ed ecclesiale la preghiera dovrebbe costituire il perno di ogni proposta e di ogni processo formativo. C’è infatti vera formazione quando la persona matura la propria coscienza e rafforza la propria volontà nel discernere e decidere l’orientamento da dare alla vita nelle grandi e nelle minute decisioni da assumere. Per il credente questo processo non solo è aperto a Dio ma si compie sotto l’azione del suo Spirito che proprio la preghiera consente e propizia. Formarsi diventa in qualche modo lasciarsi plasmare e prendere forma da Dio nell’adesione piena di tutta la propria persona. Tutto il resto – studio e riflessione, tirocini e pratiche di apprendimento – diventa supporto a uno sviluppo che nasce là dove Dio è lasciato operare nell’interiorità e nella esistenza tutta del credente.

La preghiera deve diventare anche l’anima di tutte le relazioni e di ogni forma di presenza e responsabilità sociale. Non ci sono settori della vita che possano considerarsi estranei alla relazione fondante con Dio. In questo senso lo spazio spirituale creato dalla preghiera, di cui vive sempre il credente, deve diventare l’orizzonte permanente entro cui maturare la visione e la pratica non solo delle relazioni personali, ma anche delle attività sociali e delle iniziative che ai vari livelli si può essere richiesti di intraprendere con le ricadute che prevedono anche nell’ambito propriamente politico.