Ieri sera, il vescovo Mariano Crociata ha presieduto la Santa Messa per la festa di San Rocco, presso la parrocchia di Santa Maria Assunta in Cielo, a Cisterna di Latina, con accanto per la concelebrazione il parroco don Patrizio Di Pinto.
All’inizio della sua omelia, monsignor Crociata ha spiegato: «Quest’anno abbiamo un motivo in più per celebrare la festa di S. Rocco, anche se dobbiamo farlo in condizioni di ristrettezza per le misure di prevenzione che è ancora necessarie osservare. Un motivo in più perché, come molti hanno fatto notare, l’esempio di vita di san Rocco e la sua esperienza con la peste presentano delle analogie molto forti con la contemporanea vicenda della pandemia».
Singolare la storia di san Rocco, d’origine francese, il quale durante la sua permanenza in Italia nella seconda metà del 1300 si adoperò per curare le persone colpite dalla peste. Secondo la tradizione anche ottenendo guarigioni. Uno stile di vita che ha fatto dire al Vescovo come «la nota caratteristica di san Rocco è davvero l’altruismo, la sua premura per il bene degli altri, ai quali si dedica senza nessuna preoccupazione per sé. Pur di fare del bene agli altri, non teme di esporsi al pericolo, e quando sa di essere diventato un pericolo, non esita a fuggire da ogni frequentazione anche a rischio di rimanere solo e abbandonato da tutti».
Proseguendo, il vescovo Crociata ha affermato: «Con la pandemia da virus che ci ha colpito abbiamo imparato il distanziamento fisico e l’isolamento dagli altri, ma non abbiamo imparato abbastanza l’altruismo e la dedizione. Ci sono stati degli esempi eroici, come quelli soprattutto di medici e infermieri, e di tanti operatori della carità, ma ciò che abbiamo colto nella maggior parte dei casi è un pensare solo a sé. E la dimostrazione l’abbiamo ora, nel vedere tanti – giovani e meno giovani – mettere in pericolo la salute degli altri con tanta superficialità e noncuranza, magari solo per potersi divertire». Ecco perché «a san Rocco non dobbiamo ricorrere solo per chiedere aiuto, ma anche per ottenere la capacità di fare come lui, che si è preoccupato degli altri prima che di se stesso, da vero discepolo di Gesù e da autentico cristiano», ha rimarcato sempre Crociata.
Per completezza, si rimanda all’intera omelia pronunciata da mons. Crociata:
«Quest’anno abbiamo un motivo in più per celebrare la festa di S. Rocco, anche se dobbiamo farlo in condizioni di ristrettezza per le misure di prevenzione che è ancora necessarie osservare. Un motivo in più perché, come molti hanno fatto notare, l’esempio di vita di san Rocco e la sua esperienza con la peste presentano delle analogie molto forti con la contemporanea vicenda della pandemia. La circostanza che ha impressionato i contemporanei è il coraggio e la dedizione dimostrata da san Rocco, in viaggio verso Roma, con il mettersi a servizio e dare assistenza ai malati di peste senza alcuna preoccupazione per sé, come avvenuto ad Acquapendente, vicino a Viterbo, e poi a Roma, tra il 1367 e il 1368, e poi ancora, sulla via del ritorno verso la Francia, di dove era originario, a Piacenza nel 1371. Il fatto che ha colpito i contemporanei è che il suo passaggio e i segni della cura di san Rocco agli appestati spesso ottenevano la guarigione. Tanti sono, nel corso della storia, gli esempi di cristiani che si sono messi a servizio degli appestati anche mettendo a repentaglio la propria salute e la propria vita; l’esempio di Rocco è accompagnato, come pochi altri, da una forza di guarigione che lo hanno reso noto in tutta Europa lasciando dietro di sé un ricordo indelebile che dura intatto fino ad oggi. Ancora più ammirevole è la decisione che Rocco prende quando scopre di aver contratto pure lui la peste, così che si ritira in un luogo sconosciuto e irraggiungibile, per evitare di trasmettere ad altri il contagio mortale. Sarà un cane, come racconta la storia della sua vita, a portargli ogni giorno un pezzo di pane così da assicurargli la sopravvivenza fino alla guarigione dalla peste.
La nota caratteristica di san Rocco è davvero l’altruismo, la sua premura per il bene degli altri, ai quali si dedica senza nessuna preoccupazione per sé. Pur di fare del bene agli altri, non teme di esporsi al pericolo, e quando sa di essere diventato un pericolo, non esita a fuggire da ogni frequentazione anche a rischio di rimanere solo e abbandonato da tutti. In lui la fede è diventata vita, senza tanti fronzoli e senza inutili discorsi; un esempio di amore cristiano semplice e puro, il suo, consumato in una breve vita, considerato che è morto poco più che trentenne.
Con la pandemia da virus che ci ha colpito abbiamo imparato il distanziamento fisico e l’isolamento dagli altri, ma non abbiamo imparato abbastanza l’altruismo e la dedizione. Ci sono stati degli esempi eroici, come quelli soprattutto di medici e infermieri, e di tanti operatori della carità, ma ciò che abbiamo colto nella maggior parte dei casi è un pensare solo a sé. E la dimostrazione l’abbiamo ora, nel vedere tanti – giovani e meno giovani – mettere in pericolo la salute degli altri con tanta superficialità e noncuranza, magari solo per potersi divertire. A san Rocco non dobbiamo ricorrere solo per chiedere aiuto, ma anche per ottenere la capacità di fare come lui, che si è preoccupato degli altri prima che di se stesso, da vero discepolo di Gesù e da autentico cristiano. E noi? Non vogliamo anche noi essere cristiani? Ma che cristiani siamo e che devoti siamo di san Rocco se contraddiciamo apertamente il suo esempio e la sua testimonianza? Siamo buoni soltanto a pensare a noi stessi o addirittura ricorriamo a san Rocco per consentirci di continuare a vivere egoisticamente solo per noi stessi e per i nostri comodi? C’è in questo una grave contraddizione, una incoerenza insanabile, che dobbiamo contrastare.
È significativo nel Vangelo l’atteggiamento della donna cananea che arriva, con la sua insistenza, a far cambiare idea a Gesù, il quale riconosce la sua fede così ostinata e ne accoglie la richiesta di liberarle la figlia dal demonio. Anche noi dobbiamo imparare a essere insistenti e ostinati con il Signore e con i suoi santi. Ma dobbiamo farlo non solo per chiedere la guarigione e la liberazione da ogni male; dobbiamo imparare a farlo soprattutto per venire risanati dall’egoismo e dal ripiegamento su noi stessi. Le nostre comunità, e la società tutta, stanno soffocando perché ciascuno pensa solo a se stesso, noncurante degli altri e del bene comune. E non ci si accorge che quando si pensa solo a se stessi, in realtà ci si prepara il peggioramento del proprio malessere, altro che maggiore benessere! Chi pensa che badando solo a sé e curando solo i suoi interessi, magari a danno degli altri, starà bene, si illude; la crisi economica e ambientale, e ultimamente morale, che stiamo attraversando, non è il frutto del caso o di un destino cieco, ma il risultato di comportamenti individuali che rischiano di portare al disastro il futuro della collettività, di cui a pagare per primi saranno i giovani, già di oggi e soprattutto di domani.
Impariamo, dall’esempio di san Rocco, la generosità e la dedizione agli altri nel nome di Gesù; e impariamo dalla donna del Vangelo a chiedere e a fare di tutto per risollevarci dal male che ci opprime. La nostra insistenza porterà frutto e ridarà speranza alla nostra vita di persone singole e di comunità».