Lunedì 18 ottobre il vescovo Mariano Crociata ha incontrato gli Insegnanti di Religione, appuntamento tradizionale in prossimità dell’avvio dell’anno scolastico.
Di seguito l’intervento di mons. Crociata:
INCONTRO CON GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE
18 ottobre 2021
Sebbene un po’ ad attività avviate, il nostro incontro vuole essere un impulso per il nuovo anno. La circostanza è opportuna per soffermarci su alcune questioni che impegnano il momento attuale. Vi intratterrò pertanto su tre temi, dei quali il primo è naturalmente la scuola, il vostro lavoro di insegnamento. Dopo la mia introduzione, avrei piacere di raccogliere le vostre domande e le vostre risonanze.
Il periodo della pandemia ha toccato profondamente il tessuto scolastico e la stessa istituzione scuola. Oggi siamo alle soglie di una ripresa che sembra tenere, ma che comunque chiede una nuova riflessione e nuove attenzioni. Per la percezione che ne ho avuto, anche gli insegnanti di religione sono stati molto richiesti e hanno avuto la possibilità di svolgere un lavoro prezioso, sebbene non da tutti ci sia stata la stessa intensità di risposta. Ciò che vorrei sottolineare è che questa ripresa in presenza, sempre più consolidata, vede un rientro che non è esattamente un ritorno al solito tran tran dopo una pausa qualunque. E questo non solo per le misure di prevenzione sanitaria che siamo ancora tenuti a osservare, ma perché non siamo più quelli di prima; l’esperienza che abbiamo fatto ci ha segnati e ci ha anche un po’ cambiati. Uno degli effetti positivi è indubbiamente l’apprezzamento, forse un po’ circospetto, della possibilità di incontrarsi, di guardarsi in faccia, di sentire il calore delle relazioni, dello stare insieme, del lavorare insieme.
Proprio questo aspetto costituisce, a mio parere, una grande opportunità, cari insegnanti. Scopriamo sempre di più l’importanza della dimensione relazionale, soprattutto nella scuola, da coltivare senza trascurare l’impegno scolastico per l’istruzione e la cultura. A questo proposito mi piace riportarvi quanto ho avuto modo di dire agli insegnanti di Pistoia, qualche giorno fa.
Solo un contesto relazionale emotivamente positivo e capace di motivare e coltivare interesse permette di perseguire una formazione che faccia pervenire gli studenti ad un inserimento positivo nel reale. […]
Di qui allora il compito decisivo del docente, che deve saper unire competenza professionale e relazionale, conoscenza ed empatia, passione per il sapere e passione educativa. Questa sintesi è l’immagine migliore di una buona umanità e di una fede credibile. […]
Senza nulla togliere al protagonismo dello studente nel suo processo di crescita e di formazione, e a tutti gli altri attori della scena scolastica, il docente ha la responsabilità chiave di essere la presenza decisiva della scuola in rapporto personale con lo studente nella sua formazione della coscienza di sé, nel suo apprendimento e nella maturazione della sua relazionalità con l’ambiente, con gli altri, con la realtà. Nell’esercizio di questa responsabilità – ma forse dobbiamo dire meglio missione – la competenza umana non è meno importante e necessaria della competenza professionale. Il modo personale di assolvere al compito di istruzione risulta discriminante rispetto all’efficacia della stessa istruzione e dell’apprendimento da parte dello studente.
Ora, il modo di essere di fondo di una persona dipende dall’orientamento che essa ha dato alla sua vita. Le sue scelte ideali, i valori morali, la sensibilità estetica, la qualità culturale, la connotazione affettiva del modo di essere come persona con se stessa e in rapporto agli altri, non sono fattori che possano rimanere estranei allo svolgimento e alla qualità dell’insegnamento in senso specifico e tecnico. E ciò che passa allo studente è la qualità della persona e la conoscenza trasmessa in una miscelazione di cui è impossibile decifrare gradazione e modalità. Pertanto la cura di sé e la cura dell’aggiornamento professionale sono un unico compito essenziale che il docente dovrebbe avvertire per la vita.
L’attitudine credente non è, in questo quadro, una aggiunta dall’esterno, quasi una verniciatura esteriore senza rapporto con ciò che ricopre. È proprio della natura della fede plasmare la coscienza, l’identità di una persona, e modellarne le visioni ideali, gli atteggiamenti, le decisioni e le scelte, le relazioni, le azioni. Ogni relazione trasmette l’essenziale del mondo interiore e della costellazione vitale di una persona, in modo che l’interlocutore e il destinatario della relazione possano, per riflesso, valutare e confrontarsi fino ad imparare ad abbracciare e ad assumere la propria postura di fondo nella vita. È un po’ questa la dinamica fondamentale della relazione educativa.
Quanto detto ha un valore generale per un educatore, ma oggi assume una valenza ancora maggiore e decisiva. Questa è una stagione favorevole per incrementare il dialogo con gli studenti, ma un dialogo che serva non a far passare il tempo o a dare modo a qualcuno di sfogarsi, bensì a immedesimarsi nell’altro fino a comprenderlo sul serio, allargando gli orizzonti di un sapere che è il punto di partenza e il punto di arrivo di ogni percorso scolastico a cominciare da ogni singolo incontro. Ad aiutare e arricchire questo impegno possono essere le iniziative di collaborazione tra docenti e tra discipline diverse, la cui ricaduta sugli studenti va nel senso dello spirito della collaborazione e dell’apprendimento cooperativo, capace di appassionare e di mobilitare energie emotive positive verso la conoscenza e verso le persone.
Accanto all’efficacia scolastica, questa impostazione dialogante e cooperativa ha anche l’effetto di proiettare un’immagine positiva delle vostre persone e della Chiesa che in qualche modo voi pure rappresentate. Qualcuno può osservare che questo impone una fatica in più; la mia risposta al riguardo è che solo la percezione di un impegno tocca le persone, in questo caso degli studenti, le mobilita fino a far diventare appassionante l’esperienza scolastica. La noia degli studenti è in primo luogo – anche se non esclusivamente – l’effetto di una mancanza di coinvolgimento e di appassionamento.
Sento subito l’obiezione che si può sollevare: e se io non ho carisma? È vero che non tutti hanno la stessa carica relazionale e comunicativa. Tuttavia, senza finzioni e senza artifici, bisogna dire che ci si può migliorare. Bisognare imparare o continuare a lavorare su di sé. Credo che anche questa sia esperienza di tutti noi, se soltanto pensiamo a come anche per noi la scuola, e ogni altro ambiente di lavoro e di missione, è come una palestra che ci allena e ci plasma rendendoci, giorno dopo giorno, sempre più rispondenti alle esigenze che ci sono poste. Poi è sempre necessario un lavoro su noi stessi, di riflessione e di verifica, e anche di correzione e di promozione, magari lasciandoci aiutare, anche solo da chi condivide con noi lo stesso servizio educativo.
Un secondo tema che desidero affrontare con voi riguarda il Cammino sinodale delle Chiese d’Italia in sintonia con il Sinodo Mondiale dei Vescovi del 2023, che ha dato il via a un processo sinodale destinato a coinvolgere tutta la Chiesa cattolica. Ieri sera abbiamo celebrato in cattedrale l’apertura diocesana di tale Cammino e ora ci accingiamo a entrare gradualmente nel merito delle sue esigenze. Non starò qui a spiegare il significato di un sinodo o della sinodalità, che è il tema del Sinodo dei Vescovi. Voglio solo dirvi come noi siamo coinvolti e che cosa possiamo e dobbiamo fare. Per comodità, ripeto di seguito ciò che ho detto nell’omelia della celebrazione di apertura diocesana del Cammino sinodale.
Quando il papa ha deciso di indire un Sinodo mondiale dei Vescovi e di chiedere a tutte le Chiese di mettersi in cammino sinodale, non lo ha fatto per tenerci occupati con una ennesima iniziativa, ma perché abbiamo bisogno di una mobilitazione spirituale e pastorale del popolo cristiano chiamato a riscoprire la sua vocazione originaria e a scrollarsi di dosso tutta la sporcizia e la stanchezza che lo affliggono soprattutto di questi tempi. Più precisamente, ha indetto una mobilitazione non semplicemente per fare uno sforzo ulteriore e straordinario purchessia, ma per riscoprire il senso profondo e originario dell’essere Chiesa, assemblea dei credenti e popolo in cammino: ciò che noi siamo sempre. Solo che ci siamo ‘seduti’, ci siamo adagiati, forse perfino storditi, senza avvertire più il senso dell’urgenza del compito cristiano, e ora ci svegliamo come frastornati perché tutto sta cambiando in mezzo a noi e attorno a noi, e il grande imponente edificio che ci credevamo, presenta crepe da tutte le parti e si va disfacendo come pietra friabile che si sfarina per l’erosione del tempo e sotto l’azione delle intemperie.
Non dobbiamo commettere l’errore di considerare questa iniziativa del papa e dei vescovi italiani come un ennesimo adempimento da assolvere alla meno peggio, come a dare un contentino per poi essere lasciati in pace a continuare come sempre, in attesa che lentamente si consumi un declino che non riguarda solo gli altri, ma che ci tocca personalmente e intimamente. Il tempo che abbiamo dinanzi per il cammino sinodale è abbastanza lungo per permettere di maturarne una adeguata coscienza e per rispondervi con intelligenza e passione. Approfittiamone! È importante che da subito ci adoperiamo per entrare in sintonia con le sue esigenze, che sono sostanzialmente di partecipazione attiva alla vita della Chiesa, che per noi è già da qualche anno in movimento con il Percorso dell’Iniziazione Cristiana, del quale proprio quest’anno ci accingiamo a compiere un passo decisivo nella direzione della sua attuazione.
Il primo tratto di cammino sinodale per la nostra Diocesi ci vedrà impegnati in un ampio movimento di ascolto. Senza mai dismettere un atteggiamento fondamentale di ascolto del Signore attraverso la Scrittura e la parola della Chiesa, sempre in un clima di preghiera, siamo chiamati a dar voce a tutti nella comunità ecclesiale, attraverso i suoi organismi di partecipazione, in particolare i Consigli pastorali parrocchiali, per aprirci poi anche all’ascolto di quanti sono disponibili ad entrare in dialogo anche se “non sono dei nostri”, per usare un’espressione evangelica. Quest’anno sarà dedicato a questo impegno, con un appuntamento a metà anno, nel mese di febbraio, per un primo bilancio che permetta di entrare in sintonia con le altre Chiese d’Italia e con il Sinodo mondiale dei Vescovi.
Dobbiamo sentire – nel senso non di un obbligo, ma di una sensibilità da risvegliare e sviluppare – l’esigenza decisiva del cammino che andiamo a intraprendere. Con esso è in gioco la vitalità della nostra fede di oggi e il destino della Chiesa che verrà. Siamo di fronte ad una urgenza che assume sempre di più proporzioni drammatiche, perché è questione di salvezza o di perdita. Una urgenza che non riguarda solo noi stessi, come credenti e come Chiesa, ma riguarda la nostra umanità.
Tutto questo dicevo pensando non solo a quanti sono direttamente coinvolti nelle ordinarie attività ecclesiali e pastorali, e quindi pensando in qualche modo anche a voi. La scuola è un ambito davvero importante per raccogliere apporti significativi da un ascolto attento e il più possibile largo. È troppo presto per passare a fornire indicazioni concrete e strumenti per un ascolto organico e vasto. Vi chiedo, pertanto, di riflettere anche voi sui modi più idonei per promuovere iniziative che diano opportunità, a tutti quelli che lo vogliono, di rispondere all’invito a una partecipazione costruttiva esprimendo opinioni, pareri, osservazioni, proposte sulle questioni che ci stanno a cuore. Su questo già oggi raccoglierei volentieri qualche proposta.
Come avete sentito, ho già fatto cenno al Percorso dell’Iniziazione Cristiana, sul quale la nostra Diocesi è impegnata ormai da qualche tempo. Dopo la stesura del progetto complessivo, proprio in questi mesi è stato approntato il primo sussidio per una sua prima attuazione. Come immagino sappiate, il Percorso vuole essere una proposta che a poco si sostituirà alla tradizionale catechesi in preparazione ai sacramenti che completano l’iniziazione cristiana, e cioè la Prima Comunione e la Cresima. Il cambiamento consiste nel cercare di elaborare e promuovere un cammino di accompagnamento della crescita con la proposta dell’esperienza della fede passo passo dalla prima infanzia fino alla maggiore età. Per graduare adeguatamente l’introduzione del Percorso abbiamo adottato la scelta di iniziare sussidiando tre passi ogni anno. Quest’anno il sussidio abbraccia il passo 0, il passo 6, il passo 12, che – come si può intuire – sono all’inizio di ciascuna delle tre fasce di età che articolano lo 0-18: 0-5, 6-11, 12-18.
Vi metto al corrente di questo impegno pastorale della nostra Diocesi per due motivi: il primo riguarda quelli di voi che già sono impegnati nelle parrocchie per un servizio di formazione nella catechesi o in altri settori. Al riguardo è importante notare che la novità di fondo della proposta elaborata sta nel fatto che non vogliamo più considerare la formazione cristiana opera esclusiva di alcuni specialisti (catechisti), ma frutto della testimonianza e dell’impegno di tutta la comunità parrocchiale; perciò l’accompagnamento alla crescita delle nuove generazioni consiste nel creare le condizioni perché possano fare esperienza di Chiesa, entrare nel circuito vitale di una comunità reale. Di qui la seconda ragione, e cioè che tutti voi potreste essere interpellati da una richiesta di collaborazione che, insieme a quella di altri, possa mettere in circolo la competenza e l’esperienza pedagogica che avete accumulato facendo scuola. Capisco che questo diventa una sorta di invito a spendersi anche in un servizio ecclesiale di tipo pastorale. Se anche non fosse possibile praticarlo in maniera sistematica, sarebbe importante che voi possiate offrire una qualche disponibilità per aiutare in qualche fase o in qualche iniziativa.
Ci siamo, come uomini e donne, prima che come credenti, per spendere al meglio la nostra vita a favore degli altri. Questa è una opportunità che merita.