Omelia Celebrazione nella Giornata dell’unità d’Italia e delle Forze armate 2014

Latina, 04/11/2014
07-11-2014

OMELIA

Celebrazione nella Giornata dell’unità d’Italia e delle Forze armate

Latina, Cattedrale di san Marco

4 novembre 2014

+ Mariano Crociata

 

Quest’anno la celebrazione della Giornata dell’unità d’Italia e delle Forze armate è segnata dall’anniversario dell’inizio della prima guerra mondiale. L’istituzione della festa si riferisce alla conclusione di quella guerra, combattuta anche per salvaguardare i confini della nazione. L’enorme sacrificio di uomini costato al popolo italiano – e non solo – rimane impresso nella memoria collettiva, segnata dalla gratitudine per la difesa dell’integrità territoriale messa in atto a un prezzo altissimo da una moltitudine di giovani italiani inquadrati nelle Forze armate; ma non è meno profonda la coscienza comune sempre più orientata al rifiuto della guerra, un rifiuto suscitato dall’orrore di fronte a centinaia di migliaia di morti, un’intera generazione svanita nel nulla della distruzione bellica. Il Papa ha avuto ragione di dire a Redipuglia, il 13 settembre scorso: «La guerra è una follia!».

Se celebriamo una Giornata per le Forze armate è innanzitutto per ricordare loro, i caduti di quella guerra e di tutte le guerre che hanno insanguinato la nostra patria. E la nostra preghiera diventa suffragio e insieme implorazione perché non si ripetano più simili insensati eccidi. Nello stesso tempo però vogliamo ricordare il servizio che rendono alla comunità nazionale gli uomini e le donne che militano nelle Forze armate di oggi, sempre più chiamate a servizi di prevenzione della guerra e di mantenimento della pace, di tutela dei più deboli come pure di promozione di una convivenza serena non solo dentro i confini nazionali ma anche su tanti fronti di questo nostro mondo inquieto e spesso in conflitto. Un ringraziamento, dunque, e un incoraggiamento a svolgere al meglio un servizio prezioso per la collettività. Ma anche un apprezzamento per un senso dell’ordine e della disciplina che sono lo strumento per perseguire e raggiungere quegli obiettivi. Oggi sembra fuori moda e perfino fuori luogo anche solo evocare simili parole. Eppure esse non sono, contrariamente a quel che si crede, il contrario della libertà di espressione e della creatività delle singole persone, poiché solo una grande capacità di autocontrollo, di dedizione e di spirito di sacrificio può produrre grandi risultati in ogni ambito della vita. Le Forze armate rimangono ancora oggi una scuola di vita per le nuove generazioni, sempre che in esse non trovino spazio tendenze devianti capaci di stravolgere anche gli ideali più alti.

È per questo che siamo qui: per ritrovare, con il senso cristiano della vita, il valore di scelte e di comportamenti che soli permettono di conseguire il bene per noi stessi e per gli altri; per ritrovare, soprattutto, quegli atteggiamenti che ci rendono conformi a Cristo e, proprio per questo, anche più umani. Come, ad esempio, l’umiltà e l’obbedienza che conducono il Signore Gesù ad abbracciare la condizione umana fino alle estreme conseguenze del servizio e dell’offerta di sé nella morte di croce (cf. Ef 2,5-11). Viene da chiedersi: è possibile improntare la vita nella società di oggi e perfino nel mondo militare all’umiltà, al servizio, al sacrificio di sé? Rispondiamo che deve essere possibile, poiché siamo chiamati a vivere da cristiani in ogni ambiente e stato di vita, certi che questo renderà migliori noi stessi e il mondo intorno a noi. Quel servizio che l’Italia attende potrà solo giovarsi di simili atteggiamenti e di un tale impegno ad adottare uno stile cristiano nell’assolvimento del nostro compito.

E poi il Vangelo (Lc 14,15-24), con l’invito non accolto dagli invitati di riguardo e rivolto, di conseguenza, a poveri, storpi, ciechi e zoppi, è come il disvelamento della vera nostra condizione di salvati e redenti. Anche questo è un invito all’umiltà. Molti, troppi hanno l’ardire – e, aggiungo, l’incultura – di sentirsi qualcuno, superiori agli altri, di non avere bisogno di nessuno, di poter ingannare tutti e servirsene per i propri scopi. Ma viene presto l’esperienza della debolezza e della richiesta di aiuto: tanto vale prenderne coscienza per tempo, così da rendersi conto di che cosa è la vita e di come va vissuta. Siamo tutti invitati della vita, nessuno è padrone, tanto meno del proprio esserci e del proprio venire al mondo; siamo degli invitati. Lasciamoci accogliere dalla vita, lasciamoci accogliere dal Signore.

Dovunque siamo e qualunque cosa facciamo sentiamoci ospiti di passaggio e accogliamoci con rispetto e premura gli uni gli altri. In fondo siamo compagni di viaggio, che sopportiamo meglio la fatica del cammino se ci aiutiamo a vicenda e se non dimentichiamo che c’è Uno che ci ha invitati e che ci chiederà conto di noi stessi e di ciò che avremo fatto. Accogliamo dunque l’invito del Signore a servirlo nei fratelli, anche con la fermezza e l’energia, se necessario con la forza, che richiede il serio perseguimento del bene non solo personale ma anche di tutti, specialmente quando si svolge il proprio lavoro nelle Forze armate.

L’intercessione di san Carlo Borromeo, pastore saggio e generoso, consolidi in noi la coscienza di cristiani che sentono di testimoniare la loro fede servendo con tutte le proprie energie il bene comune. Il sacrificio supremo di tanti caduti per la patria doni a noi, credenti di oggi, il desiderio di non farlo diventare mai inutile, ma di renderlo vivo e attuale con un impegno non solo privato, ma anche civico e istituzionale, degno dell’offerta che essi fatto della loro vita per rendere oggi più serena la nostra.  

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