È per me non solo doveroso, ma anche gradito prendere la parola a conclusione del Convegno che celebra il decimo anniversario della costituzione del Consultorio familiare diocesano.
Prendo volentieri la parola per esprimere soprattutto il comune, oltre che personale, sentimento di gratitudine verso chi ha voluto, istituito, realizzato e portato avanti questo prezioso organismo diocesano dalla valenza ben più estesa dei confini strettamente ecclesiastici. Un pensiero speciale di gratitudine dobbiamo rivolgere a S.E. Mons. Giuseppe Petrocchi, che con profonda sensibilità e lungimiranza ha voluto il Consultorio; e insieme a lui, il ringraziamento si dirige a chi vi ha operato fin dall’inizio e a quanti vi svolgono oggi la loro opera in spirito di gratuità e di servizio, ma con intatta competenza e generosità. Dire grazie al Signore in questo contesto si carica, anche emotivamente, dell’apprezzamento per tutto ciò che Egli ha suscitato tra di noi attraverso coloro che si sono dedicati a quest’opera.
Gli strumenti di intervento a favore della famiglia, in particolare nella forma del Consultorio, sono ormai diventati molteplici tanto a livello civile che ecclesiale. Viene da chiedersi quale sia la particolarità di quelli che nascono e vengono definiti dalla ispirazione cristiana e guidati dalla identità cattolica. La vicinanza con la Giornata per la vita che, come ogni anno, proprio domani la comunità ecclesiale celebra, potrebbe suggerire una indicazione adeguata. Nondimeno vedo in questo accostamento il rischio di lasciar pensare che sia una questione inerente solo la visione della persona e della famiglia, al limite quasi una concezione ideologica a confronto con altre. Francamente non mi ritroverei in simile interpretazione, perché la visione cristiana della persona umana non è una ideologia tra le altre, ma l’espressione genuina dell’esperienza umana fondamentale a cui tutti attingiamo. E proprio di ciò è frutto anche la Giornata per la vita. Per questo la qualificazione adeguata della specificità della proposta cristiana anche di un Consultorio familiare deve essere colta e definita in termini evangelici. A fronte della complessità dei problemi con cui la famiglia oggi più che mai si deve misurare, e di una evoluzione sociale che ha complicato l’universo familiare, lo sguardo evangelico è quello che insegna – in questo come in altri ambiti dell’esistenza personale e sociale – a guardare e affrontare la realtà dalla parte e con lo sguardo degli ultimi, dei marginali, dei più fragili. Perciò fare Consultorio non è tanto venire in aiuto di quanti incontrano più difficoltà a portare avanti la vita di famiglia, ma venire in aiuto alla famiglia come tale guardandola con gli occhi e a partire dalla situazione di chi si trova ad affrontare disagi più grandi e non riesce da solo a venirne fuori.
Di qui allora le prospettive a cui si apre l’esperienza del Consultorio. Innanzitutto c’è un protagonismo della famiglia come tale – compresa quella in difficoltà – che deve essere assunto e promosso. Perciò il ringraziamento oggi non deve andare soltanto a quanti hanno operato e si sono dedicati, ma anche alle persone che hanno chiesto aiuto, che si sono rivolte al Consultorio per fare ricorso ai suoi servizi; perché hanno dato fiducia, si sono messi in gioco, hanno migliorato se stesse ma hanno anche insegnato, indirettamente, ad affrontare e superare le difficoltà. Un’esperienza come quella che oggi celebriamo dice che, anche in questo settore, non ci sono da una parte solo benefattori e dall’altro lato soltanto dei beneficiati: oggi celebriamo il valore, la necessità e la fecondità di una cooperazione e di una reciprocità. È la lezione di questo decennio, che dobbiamo apprendere per guardare avanti. Un Consultorio promuove e mette in circolo una cultura della soggettività della persona e della famiglia, ma secondo un preciso stile e metodo, che è quello del coinvolgimento, della cooperazione, della reciprocità. Nel settore cruciale della famiglia noi tocchiamo con mano un’esigenza che interessa profondamente tutta la rete delle relazioni sociali.
Bisogna pertanto promuovere una cultura – come sensibilità, come mentalità e come prassi – della prevenzione, del sostegno e dell’accompagnamento professionalmente competente, del coraggio della richiesta di aiuto, dell’iniziativa della mediazione, della solidarietà e dell’aiuto reciproco. Abbiamo l’esigenza di imparare a vedere e affrontare le difficoltà non appena si presentano, senza vergogna e insieme con delicatezza e discrezione; imparare a fare quei primi passi che sono sufficienti a risolvere questioni anche complesse senza arrivare a livelli di patologia o di parossismo relazionale; imparare ad aiutare e a lasciarsi aiutare. Non tutti coloro che abbiamo qualcosa da dare ad altri non abbiamo – per questo – bisogno a nostra volta di aiuto; e coloro che si sono lasciati aiutare possono essi stessi a volte, con la saggezza e la sofferenza della loro esperienza, essere di aiuto ad altri che si trovano a ripercorrere le stesse dolorose strade: senza in nulla togliere, ma valorizzando al massimo e anzi moltiplicando, quelle preziose competenze professionali che non possono essere surrogate da nessun gesto di buona volontà.
Un anniversario spesso si riduce a retorica commemorazione. Non mi pare che il nostro sia un caso del genere. Auspico di cuore che il decimo anniversario del nostro Consultorio si trasformi in rinnovato slancio, in gesto rifondativo, in nuovo inizio. È il mio augurio e – ne sono convinto! – soprattutto sarà nostro comune impegno.
Saluto al Convegno per il decennale del Consultorio diocesano (01/02/2014, Curia Vescovile)
18-06-2014