SALUTO
Latina, convegno promosso da Forum015, 27 novembre 2019
✠ Mariano Crociata
Vengo a portare volentieri il mio saluto a questa iniziativa del Forum 015 sul rapporto tra democrazia e giovani. Sono, queste, due parole che evocano mondi, orizzonti vasti di vita dell’umanità di oggi, soprattutto per le risonanze problematiche che ordinariamente l’accompagnano.
Che cosa non dovrebbe essere l’immagine della democrazia nella sua qualità di forma più alta di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica e di autodeterminazione dei popoli? Eppure oggi se ne denuncia da più parti la crisi, soprattutto per un deficit di partecipazione che ha radici profonde nel malessere che sgorga dalla paura del futuro e attraversa la condizione umana; per non parlare del conflitto fra democrazia rappresentativa e populismo che rischia di ingannare sulle reali condizioni e possibilità di incanalare la sovranità popolare.
A loro volta i giovani sono l’espressione e il simbolo della capacità di futuro di una società, ma diventano sempre di più espressione e simbolo del contrario, perché a loro si guarda con preoccupazione da parte degli adulti, laddove essi lo facciano per davvero, perché non si sa – e a volte nemmeno lo si vuole – come prestare loro attenzione e come preparare e assicurare loro un futuro. Le stesse nuove generazioni soffrono per una condizione di incertezza che li affligge almeno da due punti di vista, quelli del lavoro e dell’ambiente. Quanto al lavoro, lo si sa bene, appare sempre difficile per un giovane trovare una occupazione qualunque e, ancora meno, una possibilità professionale che corrisponda alla preparazione e alle attese coltivate. Quanto all’ambiente, esso presenta un misterioso intreccio con il fenomeno della natalità o, meglio della denatalità, perché si ingigantisce sempre di più la domanda su quale vivibilità il pianeta terra offrirà alle future generazioni. E non voglio aprire l’ulteriore tema, non meno importante e drammatico, della mancanza di senso di cui la condizione umana in quest’epoca acutamente soffre.
Ciò che mi pare importante sottolineare è il nesso stretto che sussiste fra giovani e democrazia, e ciò per due ordini di ragioni. Il primo riguarda la democrazia; essa non è tale se non assicura partecipazione sempre più vasta e se non garantisce processi di ricambio, tra i quali quello generazionale è il più importante. Non si può parlare di democrazia se sono sempre gli stessi ad assumere responsabilità dentro la collettività e se sono solo anziani a detenerle. D’altra parte, la mancata o ridotta partecipazione delle nuove generazioni alla vita democratica priva quest’ultima di un apporto originale ed essenziale nella rappresentanza popolare e, soprattutto, mortifica la parte più creativa e promettente di essa.
A questo riguardo una riflessione appropriata deve essere svolta sulle nuove generazioni circa condizioni e tempi di inserimento nella vita adulta e, quindi anche, nella dinamica sociale del lavoro e della partecipazione alla vita pubblica. Su questo aspetto non si può ignorare che c’è da tenere presente l’imprescindibile dimensione educativa. So bene che il tema solleva non poche questioni, sia perché sull’idea di educare ci sono pareri differenti, sia perché tali pareri differenti lo diventano ancora di più quando si tratta di individuare modi e tempi di offerta di proposte educative.
Una linea di sintesi, su cui i più dovrebbero trovarsi concordi, sta nell’orientamento che larga parte della moderna pedagogia propugna, ovvero il coinvolgimento attivo dell’educando fin dalla più tenera età. Non si può essere certo d’accordo con i teorici dello spontaneismo assoluto e incondizionato, ma di sicuro l’opera educativa deve promuovere una qualche forma – e questa proporzionatamente crescente – di iniziativa e di protagonismo del piccolo d’uomo che deve essere aiutato a crescere.
È sulla linea di questo protagonismo, che dopo l’età della maturità è destinato ad assumere i contorni di una presa diretta di responsabilità nei vari settori di inserimento e di impegno, che immagino si collochi l’iniziativa di oggi. Si tratta di testimoniare come un’esperienza di servizio civile – ma potrebbe trattarsi di qualsiasi forma di lavoro e di collaborazione – sia in grado di vedere diventare realtà la possibilità di un giovane di stare accanto ad adulti in una cooperazione alla pari per il raggiungimento di finalità proprie dei più diversi settori della vita sociale. Naturalmente il punto più alto della estensione del campo di impegno è la partecipazione alle dinamiche della vita pubblica, di cui l’espressione del voto è il livello minimale.
Penso che la formazione di una coscienza civile e di un senso di responsabilità sociale sia un compito prioritario di questi tempi. Essa avviene non solo in forma teorica, ma inserendo dentro processi di pratica condivisa nei diversi spazi della vita collettiva. L’esigenza è tanto maggiore quanto più tendono a diffondersi il disinteresse, la disaffezione, il rifiuto in alcuni casi, e perfino la ribellione, nei confronti di un mondo di adulti indifferenti ai drammi dell’epoca, perché presi dai meschini interessi che talora regolano i rapporti sociali e perfino la copertura di ruoli di responsabilità, e noncuranti rispetto alle attese e alle speranza dei giovani.
Sono sicuro che questo incontro rappresenti un contributo significativo a far crescere la coscienza di tutti e a dare un segnale che inviti a decidersi a cambiare rotta nel rapporto vitale tra società degli adulti e giovani, senza il quale è l’intera società a scoprirsi fragile e minacciata.