Saluto
Presentazione del Protocollo d’intesa per la costituzione del
Centro antiviolenza per minorenni
19 aprile 2022
+ Mariano Crociata
Saluto con piacere il Garante dell’Infanzia della Regione Lazio, il Presidente del Consiglio regionale del Lazio e il signor Sindaco, e con loro tutte le autorità e gli intervenuti.
È un motivo di gratitudine per me vedere realizzato questo segno ulteriore dell’impegno del Consultorio familiare diocesano nel suo servizio alle famiglie e alle persone in difficoltà, bisognose di accompagnamento, di sostegno psicologico e morale, di incoraggiamento, in collaborazione con le istituzioni e con le loro iniziative.
In particolare, il Protocollo che oggi viene presentato porta all’attenzione un fenomeno, quello della violenza di minorenni e adolescenti nel ruolo sia di attori che di vittime, che è esploso da qualche tempo e richiede nuove competenze e interventi adeguati.
Colgo l’occasione, nel porgere il mio saluto, per suggerire due semplici riflessioni. Non c’è dubbio che un minorenne o un adolescente che commette violenza è in qualche modo anch’egli una vittima, quanto meno per la mancanza patita delle condizioni familiari, educative, sociali che normalmente predispongono ad una ordinata socializzazione di ogni bambino e ragazzo. Nondimeno ben diversa è la condizione di chi pone atti di violenza e quella di chi li subisce. Questa fondamentale differenza non deve cadere nell’indistinzione di un buonismo che non aiuta a valutare correttamente le azioni e i comportamenti e, soprattutto, non permette di superare le cause della violenza ma solo di giustificarle senza far crescere le persone, cosa che peraltro il Protocollo si propone espressamente di perseguire avendo tra i suoi fini quello di aiutare la presa di coscienza e la responsabilizzazione nella maturazione di minorenni e adolescenti.
La seconda riflessione si colloca a margine del tema del Protocollo, poiché riguarda un compito che non è propriamente definito con il termine prevenzione, in quanto questa cerca di prevenire un esito considerato inevitabile per una determinata persona o gruppo di persone. È un compito che può essere detto in tanti modi: educazione, formazione, elevazione sociale e culturale, adeguata scolarizzazione e socializzazione, o altro ancora. Bisognerebbe, quanto meno sul piano della mentalità diffusa, provare a non considerare come inevitabile, come un dato di fatto e quasi un dato di natura, che, crescendo, un ragazzo o un adolescente non possa fare a meno di esprimersi in modo violento o di subire violenza. Il senso di ineluttabilità e di rassegnazione al fenomeno è già una sconfitta sociale. Voglio dire che l’istituzionalizzazione, sacrosanta, del contrasto alla violenza giovanile produce anche, al di là delle intenzioni, una sorta di riconoscimento di un dato di fatto che finisce con l’essere considerato inevitabile e normale. E invece bisogna tenere fermo, nella coscienza collettiva, che normale non è e che bisogna in tutti i modi agire perché non ci sia, e interrogarsi e riflettere insieme su questo. Quando un ragazzo ha cominciato ad agire usando violenza, è entrato già in un altro mondo, in un altro universo, ha oltrepassato un limite, psicologico, morale e sociale, dal quale tornare indietro è un’impresa immane. Ed è ciò a cui cerca di provvedere, lodevolmente, il Protocollo che viene presentato. La vera esigenza è, tuttavia, quella di potersi dedicare a promuovere crescita positiva e creativa delle nuove generazioni, così che le loro energie siano volte alla costruzione di se stessi e non alla distruzione di sé e degli altri. Ma qui si apre tutto un capitolo sulle cause profonde dei fenomeni di cui oggi parliamo che andrebbero altrimenti affrontate.
L’augurio si rivolge a tutti i soggetti che entrano in gioco in questo Protocollo, perché l’obiettivo che si propongono abbia risultati sempre più promettenti e da tutti si prenda coscienza di quanta cura abbiamo bisogno di dedicare alla crescita delle nuove generazioni.