VEGLIA DI PENTECOSTE
Cattedrale, 22 maggio 2021
+ Mariano Crociata
Il nostro radunarci attua la semplice verità della Pentecoste: pone il segno dell’unità della Chiesa, nell’atto di chi non si accinge a compiere qualcosa per un dovere da adempiere, ma nell’atteggiamento più proprio e originario del credente, quello recettivo.
La situazione in cui ci coglie il rinnovarsi ecclesiale della Pentecoste è per molti caratterizzata da una condizione di abbattimento, di sconforto, e questo almeno per tre ragioni: gli effetti della pandemia, le condizioni mutate nello svolgimento delle attività pastorali, l’incertezza sul futuro e sulle esigenze dei nostri progetti pastorali.
Il dono dello Spirito getta la sua luce e infonde il suo calore in tale situazione così da orientarla e, ultimamente, modificarla. Innanzitutto illumina e stigmatizza le due reazioni estreme di fronte che si riscontrano di fronte ad una situazione di difficoltà, quella di chi si abbatte fino a lasciarsi condurre alla rassegnazione e all’inerzia: e quella di chi si dà all’attivismo frenetico votandosi senza sosta a una iniziativa dopo l’altra.
Tutte e due le reazioni sono espressione di pochezza di fede (“gente di poca fede”, direbbe Gesù): la prima, in assenza di segni tangibili di riuscita e di successo, non crede alla potenza del Risorto e alla sua presenza nella Chiesa e nella storia; la seconda, perché punta tutto sulla capacità umana ed è convinto che con il proprio sforzo si possa raggiungere tutto.
La Pentecoste ci invita a ritrovare un nuovo equilibrio tra azione e spiritualità, tra interiorità ed esteriorità, tra attività e passività: non per contrapporle ma per ordinarle e armonizzarle. I nostri progetti e i nostri propositi sono necessari, ma su un piano strumentale: senza l’iniziativa e il primato dello Spirito, non valgono nulla. Si tratta allora di continuare a progettare e ad agire, ma dando spazio all’ispirazione dello Spirito. In tal modo gli stessi progetti e le iniziative si riveleranno suggerimento dello Spirito nel loro inizio e nella loro attuazione.
Le difficoltà che attraversiamo devono non indebolire ma rafforzare la nostra fede nella presenza e nell’azione del Signore: le crisi sono prove per la fede, prove per fortificarsi, opportunità – sia pure in mezzo a difficoltà e delusioni – per esplorare e trovare vie nuove. Se siamo di meno e più deboli, non dobbiamo scaricare il peso sul mancato intervento della potenza di Dio o sulla incapacità dell’uno o dell’altro, che pure ci sarà (e, guarda caso, mai veramente nostra), ma lasciarci mettere in questione nella povertà della nostra fede. Una fede viva e vera è in grado di cogliere l’azione di Dio sempre e dovunque: è proprio dei poco-credenti vedere sempre tutto nero, lamentarsi sempre e di tutto e diventare alla fine disfattisti.
Invochiamo lo Spirito, perché ci dia questa luce di fede e ci dia occhi per vedere l’opera che egli compie dentro di noi, attorno a noi e tra tutti, anche fuori dai confini espressamente religiosi. Chiediamo l’entusiasmo di essere credenti e la gioia di essere Chiesa, per attingere nella fiducia in Dio la forza per operare costruttivamente, sempre e in ogni situazione.