Omelia per la Festa della Visitazione della beata Vergine Maria (31/05/2021, santuario della Delibera in Terracina)

31-05-2021

OMELIA

Festa della Visitazione della beata Vergine Maria

Terracina, santuario della Delibera, 31 maggio 2021

+ Mariano Crociata

Alcune espressioni del profeta Sofonia che sono qui appena risuonate, hanno toccato alcune corde sensibili dei nostri cuori soprattutto di questi tempi: Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. […] tu non temerai più alcuna sventura.

Certo il nostro desiderio è proprio che la pandemia finisca del tutto e che possiamo tornare alle nostre occupazioni. Ma sarà davvero così? Quante cose sono cambiate e di quante cose cambiate non ci siamo ancora accorti? E che cosa dobbiamo decidere di cambiare per far fronte alle situazioni nuove che si sono determinate? Mi pare che la festa di oggi vada in questa direzione e che ci interpelli proprio con simili domande.

Anche noi abbiamo ricevuto e riceviamo, come Maria, l’annuncio di salvezza. Solo ci chiediamo quale e dove è la salvezza per noi oggi. Comprenderlo e sperimentarlo non è possibile senza un nostro coinvolgimento, senza metterci in gioco. Come Maria, che si mette prontamente in viaggio per andare dalla cugina Elisabetta bisognosa di aiuto. Vediamo allora quale animo e quale atteggiamento Maria ci suggerisce per superare la prova e per una esperienza rinnovata della vicinanza di Dio. Possiamo individuare almeno tre importanti indicazioni nelle letture di oggi.

La prima è l’umiltà: ha guardato l’umiltà della sua serva. Umiltà è avere il senso della propria misura di fronte a Dio e anche di fronte agli altri, riconoscere la giustezza e la realtà del proprio posto nella vita; è dare a se stessi il giusto valore, e quindi riconoscere la propria dignità di persona e i pregi ricevuti, ma anche accettare i limiti e le povertà, la fragilità e la precarietà, gli errori fatti e i peccati commessi. Siamo fatti di terra (humus) e non possiamo pretendere di saper volare o di essere dei puri spiriti o di avere potere illimitato su ciò da cui veniamo o sulle possibilità della nostra vita. La pandemia deve (o dovrebbe) averci reso più umili, se l’abbiamo vissuto con la giusta coscienza delle sue cause e delle sue conseguenze; altrimenti torneremo ad essere i soliti arroganti e presuntuosi, che non imparano mai nulla dalla vita. Il rischio è, come ci ricorda il papa, che la pandemia l’abbiamo vissuta invano e abbiamo sprecato anche questa occasione. La prima cosa che dobbiamo apprendere è innanzitutto che siamo debitori, perché tutto dobbiamo a Dio; perciò umiltà va a braccetto con gratitudine (Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente, dice Maria, e con lei dobbiamo imparare a dire anche noi).

Chi è umile è anche più attento al proprio simile e al proprio vicino; come Maria, sensibile al richiamo del bisogno della cugina. L’umiltà è la condizione per divenire solidali e fraterni, perché tutti siamo debitori di Dio, a Lui dobbiamo tutto, e perciò scopriamo di essere accomunati dalla stessa condizione di indigenza e di accoglienza dei doni da parte del Padre (ci dice san Paolo: non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile). A volte pensiamo che la carità, a cui ci invita insistentemente san Paolo, sia questione di doni e di elemosine; e invece la carità comincia con la immedesimazione nella condizione dell’altro (piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri); ancora prima, comincia con il rispetto (gareggiate nello stimarvi a vicenda). E invece a volte sembra di trovarci in una arena di gladiatori in cui ognuno cerca il possibile per fare del male all’altro o si allea con l’uno per dare contro un altro, e la vita si riduce a una lotta belluina primordiale, alla classica legge della giungla, magari dietro ipocrite forme di correttezza e di cortesia. Perciò san Paolo dice anche: la carità non sia ipocrita. L’idiozia – perché di questo si tratta! – sta nel pensare che dal danno dell’altro discenda automaticamente un bene per me. E invece è il contrario: dal crescere del bene di tutti, viene del bene anche a me; e il mio bene è vero, se non rimane solo mio, ma se si estende anche ad altri. Come è il caso – nella discussione di questi giorni – della distribuzione dei vaccini. L’accaparramento dei vaccini solo per sé, per quelli della propria parte, non è solo un atto di naturale egoismo, ma espressione di una intelligenza limitata, perché non capisce che finché il virus circola, siamo tutti in pericolo, anche i già vaccinati; e invece, quanto più l’immunizzazione di massa cresce – nel nostro paese e negli altri paesi, vicini e lontani –, tanto più sicuro sono anche io e sono quelli della mia parte. La lezione è evidente: non si esce dalla pandemia, come da ogni altra crisi, se non insieme. Abbiamo bisogno pertanto di imparare ad aiutarci, tutti e di più, gli uni gli altri.

Infine, l’indicazione ultima viene ancora dall’esempio di Maria: Maria si alzò e andò in fretta. Come qualcuno sottolinea, alzarsi è il verbo della risurrezione. Abbiamo bisogno di risorgere, abbiamo bisogno di un atteggiamento attivo, propositivo, se vogliamo perfino reattivo e risoluto di fronte al male e di fronte alla tentazione dello scoraggiamento. Ancora con san Paolo: Non siate pigri nel fare il bene; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Ci vuole uno spirito fervoroso, vivace, attivo, interessato per uscire davvero fuori dalla situazione nella quale siamo entrati. Non basta un vaccino per riprendere vita, ci vuole spirito, spirito vitale e Spirito divino, da invocare e da assecondare, in tutte le situazioni e in tutti gli ambienti in cui ci tocca vivere o con cui venire a contatto. È ciò che vuole trasmettere il profeta Sofonia: Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Allora non consentiamo di lasciarci andare allo scoraggiamento, ma rinnoviamo il nostro cuore, la nostra fiducia e la nostra speranza, senza le quali il Signore non può agire, perché senza fiducia e senza speranza è come se noi ergessimo una barriera che gli impedisce di passare. L’ostacolo maggiore al nostro risollevarci non sta fuori di noi, è dentro di noi, nella paura, nello sconforto, nel pessimismo, nel disfattismo che rischia di annientare il nostro spirito molto di più di quanto non riesca a fare qualunque virus. Ora ci accorgiamo che da molto prima della pandemia ha attecchito nel nostro spirito il virus che lo può distruggere; ora che ce ne siamo accorti, è tempo di rialzarci e combatterlo con l’intercessione di Maria e la potenza dello Spirito di Gesù risorto, unico Salvatore, al quale vogliamo offrire la nostra fede in maniera incondizionata.