Omelia nella solennità del Corpus Domini (02/06/2024, Cattedrale di S. Marco, Latina)

02-06-2024

OMELIA

2 giugno 2024, Corpus Domini

+ Mariano Crociata

La preghiera come anima della fede e della vita cristiana ci ha accompagnato lungo tutto questo anno pastorale, che con la festa di oggi volge verso la sua conclusione.

Una delle cose che abbiamo potuto riscoprire è che non c’è preghiera senza corpo. Quanto meno la preghiera cristiana non è mai senza corporeità, senza coinvolgimento della materia e della vita umana in tutte le sue dimensioni. Perché la nostra è religione dell’incarnazione. E l’incarnazione arriva al punto di assumere l’estremo della condizione umana fino al suo punto più basso, come dice la lettera ai Filippesi, fino a farsi uomo e servo, del Figlio di Dio, e fino alla morte e alla morte di croce. La consegna che Gesù fa di sé, anticipando il senso della sua morte in occasione dell’ultima cena, nella quale si trasforma in nutrimento, con il suo corpo e sangue, può ben rappresentare il punto estremo della sua incarnazione, del suo prendere carne in noi e per noi. Proprio per il senso che assume il suo consegnarsi ai discepoli come cibo e come bevanda, possiamo arrivare a dire che l’Eucaristia è il culmine della preghiera di Gesù, il suo punto più alto e più denso insieme. Corpo fatto preghiera: questo è il corpo sacramentale di Gesù nella qualità di dono supremo del suo corpo crocifisso e risorto.

Ricordiamo tutte le volte in cui Gesù si ritirava sul monte o in luoghi deserti, a notte fonda o di primo mattino, per pregare. Lì egli ritrovava il senso più intimo del suo essere, Figlio eterno di Dio che in obbedienza a Lui aveva accettato di fare propria la condizione umana per manifestare in essa tutto l’amore che il Padre aveva deciso di riversare sul suo popolo e sull’umanità intera. Il tempo della preghiera era per lui il tempo nel quale emergeva, e diventava riconoscibile a tutti, quel dialogo intimo con Dio che, come un fiume carsico, attraversava ogni momento della sua vita e occupava ogni angolo della sua umana coscienza. La preghiera per Gesù era la stessa cosa che vivere, anzi era il suo respirare. Così nello stesso atto di consegnarsi ai suoi persecutori egli non fa altro che consegnarsi al Padre per i fratelli: lì non sono più tanto le sue parole, e nemmeno i suoi gemiti, come nel Getsemani, a rivolgersi al Padre, ma è semplicemente il suo corpo a farsi parola rivolta al Padre e a farsi accoglienza della sua Parola eterna, la quale entrando come Spirito nella sua morte si trasforma in leva potentissima per la risurrezione di quel corpo che nel dono supremo si era interamente trasformato in parola, grido, gesto di pura preghiera e di completa remissione e affidamento. Come quel pane che nell’ultima cena, e in tutti i nostri pasti, può lasciarsi tagliare, affettare, spezzare, sbocconcellare, ridurre in molliche o in poltiglia, ma comunque capace di trasformarsi in nutrimento ed energia di vita.

Corpo fatto preghiera, l’Eucaristia è per noi nutrimento e principio di sempre nuova energia di vita. Ma lo è compiutamente quando vede anche noi ripercorrere le vie dell’incarnazione e della preghiera che si fa corpo, quando anche il nostro corpo diventa preghiera. Perché essa ci insegna sempre, ci rende possibile, ci aiuta, con il Corpo sacramentale di Cristo, a fare come lui: diventare corpo che si fa preghiera, corpo che, nel dialogo della preghiera che egli, con il suo Spirito, propizia in noi, si offre interamente a Dio e ai fratelli.

Come siamo lontani da questo modello altissimo; eppure, concretissimo che è messo nelle nostre mani attraverso il sacramento dell’Eucaristia! Abbiamo fatto dell’ostia una cosa, un oggetto inerte, perché spesso così la trattiamo e la mastichiamo e mangiamo. Essa è invece un flusso inarrestabile di energia, un processo vivo in atto. L’Eucaristia è Gesù stesso vivente, cioè morto e risorto, nell’atto di donarsi continuamente e sempre di nuovo al Padre, a noi, ai fratelli tutti. Egli non ha bisogno solo della nostra deferenza esteriore, del nostro ossequio formale, della nostra purità rituale; si attende invece la nostra viva fede e quell’amore inestinguibile che egli non cessa di donare a noi, sempre, come il sacramento del pane e del vino non cesserà mai di attestare e attuare fino a quando ci sarà qualcuno disponibile a celebrarlo con fede e preghiera.