Introduzione all’incontro del Consiglio pastorale diocesano (14/01/2014, Curia Vescovile)

18-06-2014

Secondo la mente della Chiesa, al Consiglio pastorale diocesano «spetta, sotto l’autorità del Vescovo, studiare, valutare e proporre conclusioni operative su quanto riguarda le attività pastorali della diocesi» (CJC 511). La sua competenza si estende al cammino diocesano nella sua ricerca del bene spirituale dei fedeli e delle comunità, in comunione al proprio interno attorno al Vescovo e nella comunione più grande con le altre Chiese e i loro pastori uniti al Papa.
Questo incontro, a un mese dal mio ingresso, si colloca nel passaggio da un episcopato a un altro e segna, almeno nelle intenzioni, l’elemento di continuità e il fattore di ripresa del cammino pastorale della nostra diocesi. Qui emerge, ancora una volta, che nel mutare dei titolari del servizio – senza per questo rendere insignificante o indifferente il valore e l’apporto delle singole persone – è il bene della Chiesa – la salvezza delle anime, con linguaggio un po’ arcaico – il principio ispiratore e regolatore dell’azione pastorale. Riprendiamo, dunque, il cammino dal punto in cui è stato lasciato, assicurando continuità e proiettando lo sguardo in avanti, verso i passi ulteriori che ci è chiesto di fare. In questo spirito ho già disposto che, attraverso la conferma degli organismi di partecipazione e dei titolari degli uffici, sia cura di tutti portare avanti, nell’anno pastorale in corso, gli impegni già programmati e posti in calendario. In particolare è chiesto a questo Consiglio pastorale, che rimane in carica fino al 30 settembre prossimo, di accompagnare la transizione contribuendo a elaborare le indicazioni pastorali necessarie per l’anno prossimo, 2014-2015.
Non ritengo di dovermi soffermare sul significato e sull’utilità della progettazione e della programmazione pastorale. Bisogna evidentemente guardarsi dal rischio di burocratizzare e soggiogare ad astratte tecniche organizzative la vita del popolo cristiano; ma bisogna ugualmente stare in guardia rispetto alle tentazioni dell’improvvisazione, della casualità nelle scelte pastorali, della riduzione ritualistica e cultualistica, della mancanza di visione e di prospettiva. A condurre la storia e, ancora di più, la vita della Chiesa è il Signore; ma questa convinzione, che è anche una certezza di fede, non giustifica alcuna forma di quietismo e di inerzia, in attesa di chissà che cosa, bensì invita a una attiva disponibilità e a corrispondere con impegno operoso alla chiamata di Dio.
Il senso della comunità ecclesiale comporta la percezione spirituale di essa come di un organismo vivente, di un corpo mistico – per riprendere ancora una espressione non proprio di moda – che vive della sua unità in Cristo nel mezzo delle vicende dei singoli e dei gruppi sociali in cui la storia e il territorio contingentemente li vedono collocati, nell’orizzonte del più vasto contesto della storia umana. Tale percezione coglie domande, che valgono, inseparabilmente, per ciascuno di noi, per le nostre comunità e per la nostra Chiesa particolare: a che punto è il cammino della fede, della speranza, della carità? Quali sono le difficoltà che ostacolano tale cammino? Quali le acquisizioni raggiunte? Come ci interpella l’ambiente in cui viviamo? Che cosa si aspettano da noi, di che cosa hanno bisogno i fedeli e quelli che fedeli non sono, non lo sono più o non lo vogliono essere? Qual è la chiamata di Dio per oggi? Quale il nostro compito di Chiesa? Che cosa ci chiama a essere e a fare questo tempo di Dio? Perché questo è tempo di Dio, indissolubilmente tempo nostro e di Dio.
Con la consapevolezza che emerge da questi interrogativi, senza la pretesa di compiere chissà quali cose straordinarie, ma con la certezza di fare il necessario anche attraverso piccoli passi e umili decisioni, vogliamo intraprendere il nuovo tratto di cammino con la dignità di chi sa di avere un compito da assolvere – minimo o grande che sia – e di doverne rispondere alla propria coscienza, ai fratelli, al Signore innanzitutto.
Ci è chiesto, dunque, di predisporre alcune essenziali indicazioni pastorali per l’anno prossimo. A questo scopo dobbiamo tenere conto di esigenze che fanno parte di un percorso ordinato di riflessione programmatica. C’è bisogno di una valutazione della situazione spirituale della comunità diocesana. Credo sia difficile una diagnosi precisa, in un mondo di interiorità animate dallo Spirito di cui possiamo solo decifrare segnali attraverso lo stile e il ritmo di vita delle comunità e dei gruppi, e mediante la testimonianza di vita che riusciamo a discernere. Senza la pretesa di spiegare e comprendere ciò che non ci è dato, dobbiamo tuttavia cercare di cogliere ciò di cui ringraziare il Signore e ciò di cui dobbiamo chiedere perdono.
Poiché non viviamo fuori dal mondo, ma la nostra chiamata alla santità ci raggiunge nel mondo e, soprattutto, porta con sé l’invio missionario, per condividere con altri il dono della fede e la gioia del Vangelo, abbiamo l’esigenza di capire il mondo attorno a noi – o, forse, è meglio dire in mezzo a noi o in mezzo al quale fluttuiamo – con la sua attesa di Dio, della sua grazia e del suo perdono, della sua presenza e del suo appello. Qual è la missione della nostra Chiesa in questa terra e in questo tempo? Come possiamo essere autenticamente Chiesa che vive se stessa senza chiudersi ma dedicandosi a coloro ai quali è mandata?
Da tutto ciò possono scaturire alcune essenziali indicazioni su che cosa fare. C’è una dimensione ordinaria nel nostro agire ecclesiale, che – si potrebbe giustamente dire – vale in ogni caso e in ogni circostanza: ascoltare e annunciare la Parola, celebrare i sacramenti e pregare, far crescere la comunione tra di noi e la vita di carità con tutti. Ma, così continuando a operare, dobbiamo chiederci qual è quel passo – quelle poche cose necessarie – che proprio ora deve essere fatto e che nessun altro può fare al nostro posto, perché la nostra Chiesa cresca rispondendo alla chiamata di Dio.
Non partiamo da zero, ma disponiamo di punti di riferimento nel portare avanti questo compito.
Innanzitutto il cammino della nostra diocesi, consegnato nell’esperienza sinodale.
Poi il cammino della Chiesa in Italia, che i Vescovi abbiamo individuato e indicato come segnato dall’urgenza del compito educativo, nella sua dimensione ecclesiale ma anche nella sua valenza culturale, sociale, civile.
La sfida educativa, colta in un discernimento che si estende sull’orizzonte nazionale, si intreccia con le indicazioni del magistero di papa Francesco, che segnala un punto nevralgico della missione della Chiesa – in quella che dovrebbe caratterizzarla secondo una tipica e costante estroversione – nella famiglia, alla quale saranno riservate le due prossime convocazioni del Sinodo dei Vescovi. Mi sembra che questa attenzione conferisca un significato ancora più rilevante allo sguardo che ci è chiesto di dirigere sulle nuove generazioni e sulla loro vocazione alla vita e alla fede.
In sintonia con tale quadro va visto poi l’itinerario di preparazione al quinto Convegno ecclesiale nazionale del prossimo novembre 2015 a Firenze. Se vogliamo, il tema adottato dai Vescovi condensa le attenzioni e le preoccupazioni fin qui richiamate: “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. È da qualche mese a disposizione l’Invito al Convegno, uno strumento per la preparazione in questo primo anno, affidato proprio a organismi ecclesiali come questo Consiglio. Bisognerà provvedere, perciò, a farne oggetto di riflessione proprio in questa sede.
Altri elementi si potrebbero raccogliere, ma senza dubbio quelli che ho ri-chiamato si impongono per il loro rilievo preminente nella Chiesa di oggi, abbrac-ciata nelle sue molteplici ma sinfoniche dimensioni.
Che cosa è chiesto a noi ora o a partire da ora? Non certo mettersi a fare un confuso e concordistico assemblaggio di temi e di argomenti, ma cercare una luce, il punto emergente di questa visione complessa calata nella nostra situazione e in questa fase di vita della nostra Chiesa. A questo scopo dobbiamo darci un modo ordinato di procedere.
Per questo, possiamo dedicarci a far emergere la delineazione di un percorso che ci conduca, grosso prima dell’estate, a un progetto pastorale di massima per il prossimo anno.