Introduzione al primo Incontro con i religiosi (02/02/2014, Cattedrale di San Marco)

18-06-2014

La Giornata della vita consacrata ci fa incontrare oggi per la prima volta e offre l’occasione per una riflessione e l’avvio di un dialogo nel quadro della presenza e della collaborazione delle vostre famiglie religiose nella nostra diocesi.
La prima considerazione che sento di proporvi riguarda di fatto il ruolo e il significato che la presenza dei religiosi e delle religiose ha avuto nella nascita e nella storia di questa Chiesa particolare, già prima che questa assumesse l’attuale configurazione e denominazione di Latina-Terracina-Sezze-Priverno. Molte famiglie religiose hanno conferito, e continuano a dare, un contributo decisivo nel plasmare il volto della comunità diocesana. Colpisce l’intreccio fecondo che si è instaurato tra vita consacrata e pastorale diocesana, costruendo un corpo ecclesiale unito attorno al Signore e nell’adempimento della missione da Lui affidata. È vero che tale unità non va idealizzata, ma bisogna riconoscere la dimensione ampiamente positiva che ci caratterizza dando volto a una comunità in via di crescente comunione. L’impegno che è stato fin qui dispiegato ha bisogno di essere reso sempre più lucido e determinato, perché tutti e ciascuno possiamo rispondere fedelmente alla chiamata del Signore.
Siamo consapevoli delle tentazioni che incombono sempre nel rapporto tra vita consacrata e Chiesa locale. Le urgenze dettate dalle nuove situazioni pastorali e dalle diffuse difficoltà vocazionali facilmente fanno perdere di vista l’orizzonte ecclesiale complessivo in cui tutti ci collochiamo e al cui servizio siamo posti. Per questo motivo bisogna fare in modo che siano salvaguardate alcune esigenze essenziali alla vita della Chiesa nel suo insieme e di ciascuno dei suoi membri.
La prima esigenza non può che essere la seguente: il bene della comunità e quello del singolo suo membro non possono essere contrapposti. Si potrebbe specificare, riconducendo questa specie di principio al suo contenuto essenziale, ovvero la santità. La Chiesa non ha altra missione che quella della santificazione di tutti i suoi membri attraverso l’esercizio della sua molteplice attività pastorale; e d’altra parte ogni singolo fedele e ogni gruppo, comunque aggregato, di fedeli non ha altra vocazione se non quella della ricerca della santità.
Questa esigenza generalissima ha, certo, bisogno di tradursi nelle condizioni e nelle forme concrete di azione dei singoli e delle comunità. Ma è necessario non perderlo di vista se si vuole aderire al senso della Chiesa, della sua missione e della comunione che il Signore con il suo Spirito non cessa di promuovere e comunicare. A questo scopo è importante la definizione dei rapporti tra la diocesi, le parrocchie e gli istituti religiosi affinché, secondo la mente della Chiesa, gli spazi di azione e le forme di collaborazione permettano di armonizzare i distinti compiti e servizi richiesti a tutti e a ciascuno.
Da ciò discende una seconda esigenza, che consiste nella ricerca sincera da parte di tutti, nel nome del Signore e attorno al Vescovo, di una comunione sempre più profonda. Bisogna, a questo scopo, imparare a passare dal chiedersi che cosa torna più utile all’organizzazione pastorale (per esempio, della diocesi o della parrocchia) o alle finalità proprie della comunità religiosa, al chiedersi insieme come è possibile operare uniti e concordi per il bene dell’intera Chiesa particolare, salvaguardando ciascuno la propria vocazione e il proprio ministero.
La terza esigenza riguarda, infine, le comunità di vita consacrata, ma in senso generale tutte le comunità ecclesiali. Essa consiste nella volontà di coltivare fedelmente il carisma e la vocazione originari della propria identità ecclesiale. Questo è probabilmente il fattore decisivo per il futuro della Chiesa come tale e in particolare della vita consacrata e del suo rapporto con la Chiesa locale. Come per la vocazione di ogni cristiano e, in particolare, di ogni ministero, così per quella alla vita consacrata, il criterio discriminante per decidere della qualità e dell’efficacia di un carisma e di una presenza ecclesiale è la sua fedele rispondenza alla chiamata originaria del Signore. Troppo facilmente si corre il rischio di farsi prendere dalle urgenze e dalle preoccupazioni immediate, dall’attaccamento alle consuetudini, dall’attivismo e dalle esigenze imposte dalle strutture da mantenere e dalle opere da portare avanti, dalle dinamiche malsane di relazioni conflittuali e da rivalità personalistiche, da voglia di protagonismo e da preferenze religiose e pastorali non propriamente suggerite da vere ispirazioni, e così via. Quando il nostro cuore e la nostra vita comune (e non parlo solo dei religiosi) si allontanano dalle motivazioni originarie e dallo spirito evangelico che la Chiesa ci chiede comunque innanzitutto di alimentare, allora subentrano altre priorità e altre preoccupazioni, che allontanano dalla genuinità della fede e del carisma.
Solo questa genuinità, solo il fervore della fede e l’entusiasmo del carisma ci salveranno, poiché solo essi sono il segno della presenza e dell’azione del Signore e della nostra docilità a Lui. Non dobbiamo lagnarci dei tempi. È vero che i tempi sono cambiati e il mondo di oggi rende più difficile che in passato l’esperienza della fede e la vita consacrata; ma anche in passato la Chiesa ha conosciuto tempi bui, forse più di ora; e anche oggi, in tante regioni della terra gli ostacoli alla fede sono di gran lunga maggiori, senza paragone, rispetto a quelli che possiamo sperimentare noi; soprattutto, anche oggi, qui e attorno a noi, ci sono esperienze di straordinaria vitalità della fede e di travolgente slancio missionario: proprio qui e oggi. Allora vuol dire che non dipende né dai tempi né dalle circostanze ambientali: dipende da noi, dal fervore della nostra fede e dall’entusiasmo per il nostro carisma.
Questa giornata, e l’incontro che stiamo svolgendo, rimangano come un richiamo che il Signore ha posto sul nostro cammino per un risveglio autentico di gioia di credere e per una decisione rinnovata di consacrare ancora una volta inte-ramente la nostra vita al Signore.

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