Incontro con gli insegnanti di religione cattolica della diocesi (02/07/2018 – Latina)

02-07-2018

INCONTRO CON GLI INSEGNANTI DI RELIGIONE

Introduzione sul tema della presenza pastorale della Chiesa nella scuola

2 luglio 2018

+ Mariano Crociata

Voi insegnanti di religione vi troverete sempre di più a fare i conti con un paradosso, e cioè da un lato il radicamento culturale e sociale del vostro insegnamento nella tradizione del popolo italiano e del cattolicesimo che lo ha impregnato in misura crescente fino all’altro ieri, grosso modo all’epoca conciliare, e dall’altro lato i fenomeni del pluralismo ideale, etico e religioso e dell’indifferenza e dell’agnosticismo pratico sempre più diffusi. In realtà i due aspetti non arrivano al punto da entrare in palese contraddizione, poiché la forza dell’eredità culturale è ancora rilevante nella vita del popolo italiano; è difficile però dire fino a quando essa si manterrà riconoscibile e apprezzabile per la maggioranza degli italiani.

Dico subito che in questa fase della storia del nostro Paese i cattolici possono ancora dare un contributo rilevante all’unità della nazione, facendosi animatori e punto di riferimento a partire da quegli ideali e valori comuni che costituiscono un terreno su cui possono ritrovarsi anche quanti non si riconoscono nella tradizione cristiana.

In questa prospettiva va osservato che da alcuni anni è entrata nel lessico della Chiesa in Italia l’espressione “la Chiesa per la scuola”. Essa segna il passaggio ad un atteggiamento nuovo nel suo rapporto con la scuola. Tale passaggio recepisce le trasformazioni profonde intervenute da alcuni decenni a questa parte, che hanno condotto una società tendenzialmente integrata a divenire plurale se non addirittura frammentata. Di conseguenza una forma di presenza che faccia leva su una pretesa esclusiva di tipo confessionale è di fatto oggi semplicemente inimmaginabile.

Questo cambiamento di situazione produce un cambiamento di atteggiamento e di iniziativa della comunità ecclesiale, la quale comprende sempre di più di non avere alcun titolo privilegiato nel rapportarsi al mondo della scuola, come del resto a tutti gli altri mondi vitali. Non è più tempo di occupare spazi, come dice papa Francesco (cf. EG 223). Essa sa di essere chiamata a dire se stessa nella semplicità e verità del messaggio e della testimonianza di cui è portatrice, con la coscienza di doverla offrire a tutti per rimanere fedele a se stessa. Merita citare, al riguardo, citare una formula originale coniata da papa Francesco – «La grazia suppone la cultura» ( EG 115) –, perché essa interpreta proprio tale nuova situazione e il compito della Chiesa oggi. La formula denota il riconoscimento di orizzonti di significato già delineati dall’esperienza di uomini e donne nella loro diuturna fatica di vivere. C’è in essa la consapevolezza di una pregnanza e di una positività che si manifesta come ricerca e apprezzamento di visioni e valori nelle differenti condizioni e occupazioni in cui si conduce l’esistenza umana di tutti. Non sarà difficile individuare in tale positività la storia degli effetti innescata ultimamente dalla fede cristiana. Ancora di più, in ogni caso, tale fenomeno invita a cogliere all’opera Dio stesso anche nella storia degli uomini e delle donne di questo tempo.

È da quest’ultima affermazione che bisogna prendere le mosse per immaginare una nuova forma di presenza dei credenti e quindi di pastorale nella scuola di oggi. Guardando gli aspetti positivi della scuola e delle sue attività, la Chiesa si pone nell’atteggiamento di chi vuole contribuire ad una pienezza ulteriore di un umano comune carico di significati e di promesse. Essere “per” la scuola significa riconoscere e apprezzare il lavoro che essa compie giorno per giorno, condividere cordialmente le finalità che essa persegue a favore innanzitutto degli studenti, ma non meno anche dei docenti, del personale non docente e, non ultimo, delle famiglie. La Chiesa è consapevole che la scuola costituisce un asse portante nella struttura della società e uno strumento insostituibile di introduzione all’esperienza e alla responsabilità dell’umano per le nuove generazioni. È in questa prospettiva che essa guarda alla scuola e cerca di relazionarsi con essa.

La Chiesa ha a cuore la scuola e le sue finalità. Ciò significa innanzitutto amore al bene delle persone e della comunità scolastica nel suo insieme. La più recente pedagogia, e con essa anche la legislazione scolastica, mettendo l’accento sulle competenze, intese non solo in senso tecnico-professionale ma anche personale, relazionale e sociale, riporta l’attenzione verso la dimensione personalizzante della finalità della scuola, che può essere riassunta in un termine talora trattato con diffidenza, e cioè educazione.

La società plurale racchiude una potenzialità enorme proprio in forza della compresenza – allo stesso tempo libera e in relazione – di visioni ideali e orientamenti etici che concorrono a una convivenza sempre più giusta e più piena. In tutto questo la scuola, insieme, rispecchia la società in cui opera e prepara le nuove generazioni a inserirsi in essa con competenza umana, culturale e professionale. Essa mette ragazzi e giovani nelle condizioni di maturare una propria visione delle cose e di abbracciare in libertà e responsabilità ciascuno la propria prospettiva di vita e di futuro; e lo fa mettendo a confronto la pluralità, o anche l’indifferenza, con un approccio serio e scientifico e con uno sguardo critico che abiliti a un maturo giudizio personale. L’educazione in questo caso significa l’offerta delle condizioni idonee a far maturare la personalità del giovane attraverso l’incontro con la realtà nelle sue varie dimensioni e attraverso l’abilitazione delle capacità personali di orientarsi in maniera responsabile in essa e nella relazione costruttiva con gli altri.

In questo compito la scuola non può prescindere dal retroterra educativo dal quale il bambino, il ragazzo, il giovane proviene. Essa non parte da zero, non opera su una tabula rasa, semmai ha il dovere di far prendere coscienza – e non deprezzare, denigrare e nemmeno assolutizzare – l’orizzonte educativo in cui ciascuno è cresciuto a cominciare dalla famiglia, in modo da far sviluppare un approccio intellettualmente critico e moralmente onesto e libero che conduca ad una decisione responsabile di conferma della scelta, o eventualmente di modifica di essa o di scelta alternativa.

La Chiesa che ha a cuore la scuola ha a cuore tutto questo, e sente come suo primo compito di favorirlo e sostenerlo, affinché essa raggiunga tali obiettivi educativi e, così facendo, il bene delle persone. Essa nutre un interesse ‘disinteressato’ a tale bene, inteso non come bene della ‘propria parte’ bensì di tutti, dell’intero (‘cattolico’): che essi riescano a raggiungerlo è un risultato che gratifica e consola il senso della Chiesa per la scuola. Essa non dismette questo intendimento positivo quando propone il proprio annuncio e la testimonianza della sua fede; al contrario si sente mossa unicamente dall’aspirazione che quel bene già amato e perseguito raggiunga una consistenza maggiore e la sua pienezza. Essa è convinta, non per arbitraria persuasione o volontà ma per esperienza diretta e comprovata da una lunga storia di autentica umanizzazione e di santità, che in Cristo, «uomo nuovo», anzi «l’uomo perfetto», «trova vera luce il mistero dell’uomo», perché egli «svela anche pienamente l’uomo a se stesso e gli manifesta la sua altissima vocazione», innalzandolo «a una dignità sublime» (GS 22).

Coerentemente con questo approccio, la Chiesa ha a cuore tutti nella scuola, non solo quelli che le appartengono per adesione di fede o quelli da cui si può attendere che vengano a farne parte. Ciò comporta che la presenza dei credenti sia innanzitutto una presenza che sente come primo compito promuovere la scuola di tutti e tutti nella scuola. In questa prospettiva bisogna chiedersi quali dovrebbero essere gli ambiti nei quali curare una forma corrispondente di presenza dei credenti nel mondo della scuola. Essi appaiono essere quello culturale e relazionale, all’interno di tale mondo, e quello promozionale nel rapporto con l’esterno.

Il primo ambito, dunque, è quello culturale, caratterizzante in maniera specifica la scuola, dalla quale è impossibile eliminare la dimensione dell’apprendimento, dell’istruzione, della conoscenza, senza per questo ignorare le altre dimensioni. Il credente coglie dentro le dinamiche scientifiche, storiche e culturali del mondo e della vita umana l’intima coerenza e l’illimitata apertura del disegno di Dio che si è rivelato in Cristo. L’impegno del credente nel mondo della scuola ha uno spessore innanzitutto culturale, perché tocca la comprensione della realtà e l’adeguata introduzione ad essa nella sua verità e nel suo orientamento di fondo.

Un secondo ambito scolastico richiesto dall’impegno credente è quello relazionale. Nella scuola si apprende a vivere non solo attraverso lo studio in senso stretto, ma non meno anche attraverso la modalità di inoltrarsi nella scoperta dell’altro, dal primo passo fuori dalla famiglia fino alla partecipazione alla molteplicità degli incontri e delle attività che la scuola oggi consente di mettere in campo fino alle esperienze di studio all’estero. Educazione e formazione umana non riguardano solo la conoscenza e l’acquisizione di saperi, ma soprattutto la conoscenza di sé e degli altri, la capacità di capire l’altro e di entrare in una relazione di arricchimento reciproco che tocca pure lo stesso studio e il processo di apprendimento. Perché un sapere completo include il saper essere e il saper fare.

Un ambito ulteriore è costituito, infine, dalle alleanze da costruire tra scuola e famiglia, scuola e comunità ecclesiale, scuola e aggregazioni e istituzioni sociali, scuola e luoghi e spazi altri di educazione non formale e informale, non ultimi i social media. In questo ambito il credente, sia da singolo e che in gruppo, si qualifica come tessitore di rapporti, costruttore di alleanza e di comunicazione. Emerge così la caratteristica specifica del credente nel mondo plurale della scuola, come più in generale nella società di oggi, e cioè quella del dialogo. Portatore di una propria visione ed esperienza della realtà insieme ad altri credenti con cui forma comunità, e comunità ecclesiale, egli instaura sempre nuove relazioni con cui si arricchisce del bene che incontra negli altri, chiunque l’altro sia, e non si stanca di far dono della propria ricchezza di fede e di comunione ecclesiale a chiunque si apra ad accoglierla.

Alla luce di queste considerazioni, la riflessione che chiedo di svolgere riguarda le attese e le opportunità che voi vedete dall’interno della scuola e quelle che vi aspettereste da parte della realtà ecclesiale esterna alla scuola.

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