L’Epifania, il mistero che riporta ciascuno all’accoglienza di Gesù Cristo

Epifania: manifestazione di Gesù come Messia d’Israele, Figlio di Dio e Salvatore del mondo. Nei “magi” venuti ad adorare Gesù, che rappresentano le religioni pagane circostanti, il Vangelo vede le primizie delle nazioni che nell’Incarnazione accolgono la Buona Novella della salvezza. Auguri a tutti…

OMELIA

Epifania del Signore 2018

+ Mariano Crociata

 

Il Vangelo dell’Epifania invita a meditare sugli opposti atteggiamenti degli attori coinvolti: da un lato sacerdoti e scribi di Gerusalemme, e con essi anche Erode, dall’altro i magi venuti dall’Oriente. Sono figure di una narrazione consumatasi duemila anni fa, ma sono anche prototipi e modelli di atteggiamenti sempre attuali nella storia della fede.

Siamo invitati a rispecchiarci in essi, per scoprire che anche noi possiamo ridurci come scribi e sacerdoti dell’epoca, informati e documentati sulla storia e la sapienza religiosa ma senza che la sua conoscenza diventi vita, mobiliti la ricerca e il desiderio del Messia che pure, era risaputo, doveva arrivare; chiusi in una conoscenza inerte senza più attesa di ciò che essa contiene, e perciò indifferenti alla ricerca del Messia da parte di chi arriva da lontano. Ormai quel che sanno di religioso serve solo a legittimare un sistema di vita autosufficiente che, piuttosto, teme scossoni e cambiamenti che potrebbero turbare l’equilibrio raggiunto: un sapere religioso mummificato che non ha più molto a che fare con una vita reale che si lascia regolare da altro.

Anche noi siamo venuti da lontano, siamo stati pagani, nonostante i duemila anni di cristianesimo, e la nostra fede è vera e vale finché riusciamo a farne oggetto di costante attenzione (la stella) e di instancabile ricerca (il bambino). La ricerca rimane una condizione essenziale per credere in Gesù: farla diventare un possesso acquisito rischia di farci fare la fine degli scribi e dei sacerdoti di Gerusalemme, se non di Erode, generando indifferenza e ostilità. Non bisogna mai stancarsi di cercare il Signore e non arrivare a sentirsi imperturbabili detentori di una fede e di una salvezza inalienabili. Cercare, poi, significa scrutare il cielo, cioè la conoscenza e l’esperienza umana, e la Scrittura, ovvero anche la storia e la vita, e la parola di Dio, facendo in qualche modo come Maria, che custodiva tutto ciò che le accadeva meditandolo nel suo cuore.

C’è un’altra conseguenza da trarre: anche coloro che consideriamo lontani, pagani, di altra religione e cultura, sono attirati da Gesù, sentono oscuramente il suo richiamo e il suo fascino, come i magi; portano con sé ricchezze che troveranno la loro pienezza nell’incontro con lui, ma che sono già tali per i valori che posseggono. Non possiamo chiuderci perciò nelle nostre prerogative esclusive e autoreferenziali, nel vanto falsamente appagante delle nostre tradizioni. Dobbiamo imparare a riconoscere i valori che si incontrano in chiunque (a volte per effetto di una disseminazione cristiana di cui si è persa l’origine), e perciò disporci a lasciarci contaminare dal bene che incontriamo ovunque, senza rinunciare a trasmettere il nostro, perché solo allora, non solo per noi, il bene e la gioia saranno pieni.