Le Unità di collaborazione tra parrocchie
Lettera ai ministri ordinati e ai fedeli tutti
Cari fratelli e sorelle,
da alcuni mesi abbiamo avviato la riflessione su quelle che ho chiamato Unità di collaborazione tra parrocchie. Ora, all’inizio del nuovo pastorale e dopo aver definito la composizione territoriale delle Unità nelle quali sono distribuite le parrocchie della Diocesi, sento la necessità di fissare per iscritto alcune motivazioni e indicazioni per l’avvio di questa nuova modalità di azione pastorale.
Le motivazioni vedono intrecciarsi preoccupazioni di carattere organizzativo ed esigenze di natura ecclesiale e pastorale. L’identità della Chiesa di sempre ha bisogno di essere manifestata e attuata secondo le necessità proprie di noi che viviamo in questo tempo. La Chiesa è chiamata a diventare sempre di più se stessa, cioè comunità in comunione, corpo di Cristo che cammina nella storia come popolo di Dio. In essa la struttura gerarchica si sposa con la dignità propria di ciascun battezzato, conforme al sacerdozio comune di tutti i fedeli che postula e al cui servizio si pone il ministero ordinato. In questo senso la Chiesa è sinodo, comunità dei credenti in Cristo chiamati a camminare insieme. La riscoperta di questa dimensione profonda e costitutiva della Chiesa ci interpella e sollecita a mettere in atto ciò che abbiamo sempre desiderato e cercato, una Chiesa unita in comunione sempre protesa ad agire nella concordia, e quindi nella partecipazione, nella collaborazione, nella corresponsabilità.
Se siamo preoccupati di come far fronte al calo di presenze e di persone dedicate alla vita della comunità ecclesiale, non è con l’affanno a cercare di reclutare a tutti i costi qualcuno che troveremo risposte e soluzioni. Il Signore ci sta dicendo che non dobbiamo preoccuparci dei numeri ma della qualità della nostra fede e della nostra vita ecclesiale. Dobbiamo imparare un modo nuovo di essere Chiesa: non il modo dell’erogazione di servizi religiosi, secondo cui c’è chi li fornisce e chi li consuma, bensì il modo di quelli che si aiutano mettendosi in gioco e prestando la propria piccola o grande collaborazione in modo ordinato e concorde.
Le Unità di collaborazione tra parrocchie hanno innanzitutto lo scopo di far entrare in uno stile nuovo nel vivere la parrocchia, intesa non come entità chiusa in se stessa e impermeabile a ogni altra, ma come soggetto comunitario che si apre, si mette in comunicazione, offre collaborazione e accoglie sostegno e aiuto dove e come è possibile. Esse vogliono insegnare a vivere insieme e a lavorare insieme, e lo vogliono insegnare a tutti. Per questo la prima cosa che chiedono non è la ricerca di sistemi organizzativi in cui affidare compiti, trovare posti di riconoscimento, ricostruire spazi vitali da difendere contro tutto e tutti. La prima cosa necessaria è la disponibilità ad aprirsi e ad accogliere, l’abbassamento delle barriere, la volontà di dialogare e superare le incomprensioni. Come dovrebbe essere nello stile dei discepoli di Gesù, che si distinguono dagli altri per come si vogliono bene.
Le indicazioni scaturiscono da queste motivazioni. Innanzitutto le UCP non sostituiscono le parrocchie e non sostituiscono le foranie. Quanto il diritto canonico prevede per le parrocchie non viene ignorato o stravolto, ma riletto e attuato nello spirito che è proprio della natura comunionale della Chiesa. Le foranie già svolgono la funzione di coordinare le parrocchie che ne fanno parte, tuttavia la loro attività, che dipende da una iniziativa che viene gerarchicamente dall’alto, assolve ordinariamente compiti di collaborazione tra i parroci. Inoltre esse hanno per lo più una estensione grande, essendo le prime articolazioni della Diocesi. Le UCP hanno una dimensione più piccola perché vogliono rendere possibile una collaborazione tra parrocchie più vicine (a seconda, naturalmente, della loro collocazione e distribuzione nel territorio). La loro attività si caratterizza per il fatto che essa nasce, per così dire, “dal basso”, cioè dall’intesa dei parroci e dei loro collaboratori allo scopo di aiutarsi a vicenda nei vari settori della vita pastorale delle parrocchie in modo occasionale o, preferibilmente, stabile.
Per questo un passaggio previo sarà la scelta tra i parroci di un parroco referente, che insieme agli altri parroci referenti condividerà con il vescovo, o con un suo incaricato, il cammino compiuto o da intraprendere. Il primo passo consisterà nel valutare, tra i parroci e possibilmente insieme a qualche collaboratore (vicari, diaconi e fedeli laici), la situazione delle singole parrocchie, per individuare ciò che è in vigore e ciò che è mancante. Infatti le UCP non sono pensate innanzitutto per promuovere attività aggiuntive a quelle ordinarie di una parrocchia, bensì per integrare le parrocchie tra loro nelle attività ordinarie che competono loro istituzionalmente.
A questo scopo sono state già segnalate, a titolo esemplificativo, alcune attività su cui potrebbe essere avviata la verifica e la collaborazione, senza escludere che altri ambiti siano posti all’attenzione. Esse sono:
- Scuola ed esperienze di spiritualità
- Pastorale giovanile e vocazionale
- Caritas
- Famiglie e coppie
- Programmazione della catechesi dei ragazzi e degli adulti
- Accompagnamento e formazione di catechisti, educatori e animatori
- Attività estive per ragazzi, giovani e adulti
Non ci può essere un programma uguale per tutti nello svolgimento concreto della collaborazione delle varie UCP; ognuna dovrà fare le proprie scelte e trovare i propri tempi. E non tutte potranno fare le stesse cose. Per questo sarà di grande utilità condividere le varie esperienze, presentarle e farle conoscere, perché da esse le altre parrocchie potranno trovare spunto per proprie iniziative. Non possiamo dire con precisione dove tutto questo condurrà. Certo ci aspettiamo che in tutte le parrocchie si ravvivino il più possibile tutti gli ambiti dell’azione pastorale. Da questo specifico punto di vista potrà essere utile che, in alcuni campi meno provveduti di esperienze e di personale, possa essere fatta valere una attività trasversale tra tutte le parrocchie, mentre per altre sarà bene che ciascuna parrocchia prosegua nel tracciato già battuto. Ciò che deve comunque crescere è l’intreccio e l’incontro di persone e di collaborazioni, che rendano sempre più viva ogni parrocchia e aiuti ciascuna a diventare sempre di più una comunità di vita, cioè una comunità di persone credenti che portano la loro fede dalle mura della chiesa dentro il tessuto ordinario della vita quotidiana.
L’obiettivo ulteriore che le UCP devono perseguire, sempre in uno spirito di comunione tra tutti e di collaborazione trasversale con tutti, è quello di permettere a tutte le parrocchie insieme di progredire, unite e corresponsabili, anche se e quando non tutte potranno disporre di un presbitero parroco. C’è bisogno che crescano la coscienza ecclesiale e la collaborazione pastorale di laici formati alla vita cristiana ed eventualmente, per qualcuno, anche al ministero, capaci di operare insieme, alla pari e in fraternità, con tutti, nella propria parrocchia e nelle altre parrocchie dell’UCP.
L’esperienza che così si avvia avrà bisogno di una verifica progressiva. La prima dovrà aver luogo all’incirca dopo un anno, così che possano essere individuati limiti e potenzialità, per una crescita sempre maggiore della nostra Chiesa e della fede di tutti coloro che si nutrono della Parola e dell’Eucaristia nella comunione e nella fraternità con tutti.
✠ Mariano Crociata
Latina, 14 settembre 2024, Esaltazione della Santa Croce