Omelia per l’ordinazione diaconale di Alessandro Aloè (08/12/2019 – S. Rita, Latina)

08-12-2019
OMELIA

Solennità dell’Immacolata, domenica 8 dicembre 2019

Ordinazione diaconale di Alessandro Aloè, Latina, parrocchia S. Rita,

+ Mariano Crociata

 

Non c’è dubbio che l’espressione chiave della pagina evangelica e delle letture di questa solennità dell’Immacolata è il titolo che l’angelo conferisce a Maria: «piena di grazia: il Signore è con te». È facile, e non illegittimo, intendere queste espressioni in senso assoluto, cioè sciolte da ogni contesto, quasi arbitrarie, di quel genere di arbitrarietà che viene attribuita alla incondizionata libertà e alla sovrana decisione divina: Dio ha scelto Maria, e questo è tutto. Solo apparentemente questo modo di vedere fa risaltare maggiormente la grandezza di Maria e la trascendenza di Dio. In realtà entrambe risultano ben più evidenti e comprese se collocate sullo sfondo della storia degli inizi e della storia dell’umanità, come ci invita a fare la pagina del libro della Genesi sul peccato delle origini.

La storia degli inizi e l’intera storia di Israele ci portano a concludere che l’umanità non ha via d’uscita, ormai è soggiogata dal peccato e non ha nessuna possibilità di vincere il male e di dare una svolta alla sua vita. In un certo senso è condannata. Il messaggio del racconto della caduta dei progenitori non è solo il dramma della perdita della condizione di bene e di relazione con Dio in cui l’uomo si trova per creazione, bensì è soprattutto l’annuncio che Dio – non l’uomo – non si rassegna a tale stato di cose. Dio non accetta che l’uomo rimanga schiavo del male, condannato alla reiterazione del peccato. È così che Dio decide un nuovo inizio, in qualche modo una nuova creazione; Dio vuole far ricominciare la creazione e la storia, vuole rimettere la creatura umana sulla strada per la quale l’aveva pensata e realizzata.

Questo nuovo inizio è Maria, creatura unica e inconfondibile, ma anche prima di una serie interminabile di donne e di uomini che le assomigliano e a cui si lasciano conformare, come canta l’inno della lettera agli Efesini («scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità»). Perché la solennità dell’Immacolata ha nella pagina lucana dell’annunciazione il suo luogo evangelico più appropriato? Perché questa contiene puntualmente la notizia di ciò che Dio ha pensato da sempre, ha preparato e ha cominciato ad attuare fin dall’attimo del concepimento di Maria: «piena di grazia: il Signore è con te». Questa è la svolta decisiva della storia umana tutta intera.

Ma tale svolta non sarebbe stata reale e completa – più esattamente: non sarebbe stata realmente comunicazione di pienezza di grazia da parte di Dio – se non avesse avuto effetto pieno nella persona di Maria. Quando Maria dice il suo eccomi, è la grazia di Dio che opera in lei. Solo perché piena di grazia lei è in grado di rispondere di sì – come noi ora possiamo rispondere con il nostro sì unicamente per la grazia di grazia di Cristo riversata in noi con il battesimo –. Nessun sì sarebbe stato possibile senza tale straordinaria effusione di grazia. Veramente in Maria si attua la decisione divina di riportare il corso della storia nella direzione voluta all’atto della creazione.

Ma la risposta di Maria non è obbligata né tanto meno automatica; è una adesione consapevole e responsabile: «come è possibile?». Il suo è pienamente un atto personale: la grazia lo rende possibile perché Maria viene posta nella condizione di mettersi in gioco con tutte le sue facoltà e qualità, con tutto il suo essere. Tutto è reso possibile dalla grazia di Dio e tutto viene compiuto con l’adesione personale piena di Maria: l’una e l’altra si intrecciano inestricabilmente. Il risultato è la scelta di servizio di Maria: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». Al riguardo, ancora una volta, e sempre, dobbiamo fare i conti con i nostri pregiudizi inveterati, o semplicemente le abitudini mentali, i luoghi comuni o le retoriche di circostanza. Perciò pensiamo il servizio come un fare delle cose umilianti o come un dover rinunciare alle cose belle della vita. In realtà Maria dice espressamente che il suo essere serva consiste nel vivere secondo la parola che ha ascoltato. Serva della parola perché la parola che l’ha raggiunta e toccata è la parola del Signore del mondo e della storia. Per una parola bisogna comunque vivere; non c’è vita senza parola, cioè senza un disegno, un progetto, un senso. La parola che dà senso e pienezza e riuscita alla vita di Maria è quella dell’angelo, cioè quella che viene da Dio. Vivere così è per Maria vivere veramente. Non una decisione di ripiego, rassegnata, dunque, ma una scelta piena della vita e per la vita.

Il servizio di Maria consiste nella scelta di vivere in un certo modo, il modo indicato dall’angelo e dalla parola di Dio. E il suo servizio non equivale a fare anzitutto una cosa piuttosto che un’altra, ma sta semplicemente nel mettere a disposizione di Dio la propria persona, tutta la propria persona e la propria vita. Ed essere madre, non è fare una cosa e poi dimenticarsela – una specie di maternità surrogata, come avviene purtroppo oggi, ammesso che poi si possa dimenticare una cosa del genere –. Essere madre non è produrre qualcosa e poi lasciarla perdere; è invece decidere di legarsi per sempre a qualcuno, perché un figlio non è un compito a tempo, stabilisce un legame per la vita. Non intendo pronunciare affrettati giudizi moralistici se dico che molte e molti non vogliono figli perché non vogliono legami per sempre, vogliono rimanere liberi solo per sé. Solo che questo genere di libertà è libertà per nulla e per nessuno, perché da soli si rimane vuoti e senza senso. Dire di sì a una parola è dire di sì alla vita. Chi preferisce non dire alcun sì per sempre a nessuno, in realtà si condanna all’afonia, a rimanere senza parola, né parola ascoltata né parola detta. Ma senza parola c’è il vuoto e il nulla.

Caro Alessandro, credo si capisca il senso del discorso e, per così dire, dove esso vada a parare. Anche tu – come altre volte ciascuno di noi qui presenti, in un modo o in un altro –, anche tu hai ricevuto l’annuncio, sei stato annunciato: nel tuo concepimento e nella tua nascita, nella vocazione lentamente riconosciuta. E l’annuncio era che sei pieno di grazia e che il Signore è con te. Ora sei qui a dare consistenza e realtà a quell’annuncio. È significativo che la chiamata al sacerdozio ministeriale prenda forma innanzitutto nella risposta che fa di Maria la madre del Figlio eterno di Dio: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». In fondo la risposta di Maria è l’unica che può adeguatamente interpretare la tua risposta. Il diaconato esprime l’indelebile carattere mariano del sacerdozio ministeriale, oltre che del diaconato permanente. La risposta di Maria, infatti, come il diaconato stesso, vuole dire semplicemente questo: o Signore, la mia persona e la mia vita sono interamente a tua disposizione.

Questo non esclude, anzi richiede, che la dimensione mariana e diaconale inerisca all’esistenza cristiana come tale, e quindi a tutti; ma per te, caro Alessandro, entra in gioco un sacramento, quello dell’ordine, che ti conforma ontologicamente a Cristo servo, per la Chiesa e per l’umanità. La tua fedeltà al dono che ricevi diventano, perciò, motivo e sostanza della preghiera e dell’augurio che accompagnano da parte nostra il seguito del tuo cammino.

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