Lettera per l’inizio dell’anno pastorale 2018/2019

“Una generazione narra all’altra le tue opere” (Sal 145,4). Famiglia e Chiesa, insieme per educare

Cari fratelli e sorelle nel Signore,

il cammino che vogliamo compiere quest’anno si pone sulla scia di quello indicato dalla lettera pastorale dello scorso anno: Una Chiesa che cresce: generare, educare, accompagnare alla vita in Cristo , la quale rimane pertanto il nostro punto di riferimento nel tempo che abbiamo dinanzi. In essa, due sono stati i poli individuati e abbracciati: il rinnovamento dell’Iniziazione Cristiana e la conversione delle nostre parrocchie nel segno e nello stile della comunione. Questi due poli permangono al centro dell’impegno pastorale di quest’anno ma con due novità. La prima novità riguarda il lavoro di elaborazione del progetto Zero-Diciotto, che mira a definire un percorso continuo di formazione che abbraccia non solo i ragazzi che completano l’Iniziazione Cristiana con i sacramenti della Cresima e dell’Eucaristia, ma anche i bambini fino all’ingresso nel cammino di catechesi e i cresimati fino alla maturità. La seconda novità sta nell’attenzione alla famiglia che dobbiamo privilegiare. Proviamo a esplicitare il senso di queste novità.

Esigenze del completamento della Iniziazione Cristiana dei ragazzi

L’esigenza di rivedere l’organizzazione della Iniziazione Cristiana, cresciuta negli anni in tutta la comunità diocesana, particolarmente tra quanti sono stati finora più direttamente coinvolti, ha fatto emergere due nodi da sciogliere. Il primo nodo è dato dalla povertà di sensibilità e di cognizioni religiose nei ragazzi accolti per la catechesi; il secondo consiste nel carattere episodico del completamento della Iniziazione Cristiana, che spesso si colloca in un vuoto che segna la fase precedente e quella successiva.

Appare evidente che, venuta meno quella che una volta era l’iniziazione familiare e sociale alla vita cristiana (si parla a tal proposito di ‘catecumenato sociale’), tutto, o quasi, ora dipende dalla comunità ecclesiale, in concreto dalla parrocchia. E appare altrettanto evidente che, se la catechesi dei ragazzi non produce altro che un avvicinamento temporaneo, dopo il quale resta poco o niente, bisogna offrire quanto meno l’opportunità di un percorso in cui già un bambino possa inserirsi per giungere spontaneamente alla fase del completamento dell’Iniziazione Cristiano e prolungarla oltre fino alla maturità. Una fase isolata è destinata ad apparire in misura crescente come un dovere sociale e formativo di cui si colgono sempre meno le ragioni, soprattutto nella fase della fanciullezza e della prima adolescenza. Un percorso in cui un bambino si trovi inserito fin da piccolo porta con sé un senso di continuità e di appartenenza che più facilmente risulterà naturale. In ogni caso un tale percorso offre una completezza di formazione con cui si coniugano la percezione e la convinzione che la fede e la Chiesa fanno parte con conveniente naturalezza dell’esperienza umana come tale, e non rimangono un corpo estraneo calato dall’alto.

Per una parrocchia grembo accogliente e comunità viva

Nasce così il senso della necessità che la parrocchia si faccia grembo accogliente per le nuove generazioni, non solo per i ragazzi che completano l’Iniziazione Cristiana, ma anche per i bambini e per i giovanissimi. E ciò è possibile se tutta la parrocchia in qualche modo si coinvolge per intero, e non lasci il compito a pochi addetti ai lavori che mai potranno dare, da soli o anche con il parroco, la percezione e l’esperienza di che cosa sia la Chiesa, comunità viva e reale di persone che credono, che si aiutano a vivere di fede con la preghiera e con la formazione assidua, si vogliono bene e cercano di adoperarsi anche per il bene di altri. Se la fede è qualcosa che interessa la vita, che plasma le dimensioni fondamentali dell’esperienza umana, come il nascere e il morire, il lavorare e il fare festa, il soffrire e l’amarsi, il desiderio di conoscere e la creazione artistica e altro ancora, allora ci vogliono persone che vivono così per mostrare, soprattutto a bambini, ragazzi e giovani, che è vero, è bello, vale la pena provare a fare propria quella fede e a condividerla con altri. È per questo che vogliamo insistere sulla necessità che la parrocchia diventi sempre più comunità viva fatta di persone credenti, prima che organizzazione di servizi religiosi. Il lavoro che sarà svolto quest’anno, per elaborare un progetto di accompagnamento di bambini, ragazzi e giovani, avrà senso e porterà frutto se ci sarà una tale comunità viva a farlo proprio e ad attuarlo.

Abbiamo bisogno della famiglia

Ad aiutarci in questo orientamento sarà la famiglia. Questa è la novità e la scelta di quest’anno, perché «la famiglia è un bene per la Chiesa», come dice Amoris Laetitia , n. 87. Con tutte le difficoltà che coppie e famiglie soffrono oggi, ci sono ancora tante famiglie che si sforzano di condurre un’esistenza cristiana esemplare. Scrive papa Francesco, in Amoris Laetitia, n. 86, citando la Relatio Synodi:

Con intima gioia e profonda consolazione, la Chiesa guarda alle famiglie che restano fedeli agli insegnamenti del Vangelo, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza che offrono. Grazie ad esse, infatti, è resa credibile la bellezza del matrimonio indissolubile e fedele per sempre. Nella famiglia […] matura la prima esperienza ecclesiale della comunione tra persone, in cui si riflette, per grazia, il mistero della Santa Trinità.

Con l’aiuto delle famiglie proveremo a dare un nuovo stile, familiare e comunitario, alle nostre parrocchie, ad introdurre le nuove generazioni nel senso della fede e della vita cristiana, e perfino a incoraggiare quelle in difficoltà ad avere fiducia nella possibilità di superarle, le difficoltà, e di riprendere uno stile di vita di comunione e di amore anche dopo gravi errori e fallimenti.

Più esattamente: abbiamo bisogno di una alleanza tra parrocchia e famiglia

È per questo che ci proponiamo di risvegliare e rilanciare l’alleanza tra famiglia e Chiesa, più concretamente tra famiglia e parrocchia. Anche perché c’è tra di esse un legame molto profondo. Innanzitutto nel loro fondamento. Famiglia e comunità ecclesiale sono fondate su due sacramenti, matrimonio e ordine sacro, che attingono nella Parola, nella Pasqua di Cristo, nel dono dello Spirito a Pentecoste la loro sorgente perennemente viva che alimenta la comunità familiare e la comunità ecclesiale. In base al loro fondamento sacramentale e alla comune finalità di salvezza degli altri, la famiglia è chiamata a giungere a pienezza in quanto primo e originario nucleo ecclesiale («chiesa domestica» la chiama LG 11); la comunità ecclesiale a sua volta è chiamata ad assumere il suo vero volto grazie allo stile familiare e fraterno che alimenta i rapporti tra tutti i suoi membri («famiglia di famiglie» definisce la Chiesa Amoris Laetitia n. 87).

Famiglia e Chiesa: una missione convergente

Famiglia e comunità ecclesiale esistono l’una per l’altra, hanno bisogno l’una dell’altra. C’è un intreccio tra l’una e l’altra, tale che quando il loro legame non viene coltivato ne soffrono entrambe: credo che proprio questa sia una delle cause principali del disagio di famiglie e parrocchie. La famiglia esiste per dare nuovi figli a Dio; la comunità ecclesiale genera nella fede e nel battesimo nuovi figli di Dio, ma non può farlo adeguatamente se in essa già non si vive, e in essa non si impara a vivere, da fratelli. È certo che non si impara a vivere da fratelli se la comunità parrocchiale non è luogo, magari non esemplare ma impegnato in un serio sforzo, di fraternità cristiana e di senso di famiglia di Dio. «L’amore vissuto nelle famiglie è una forza permanente per la vita della Chiesa», scrive ancora Amoris Laetitia , n. 88.

Tre dimensioni costitutive

C’è un rispecchiamento tra famiglia e Chiesa, e quindi una reciprocità, che bisogna scoprire e coltivare. Lo possiamo cogliere attraverso tre dimensioni costitutive dell’umano comune. Esse sono la dimensione spaziale della casa, quella temporale del radunarsi e dello stare insieme, quella relazionale che sorregge il convivere e il succedersi delle generazioni, quindi: casa, raduno, relazioni.

Prima dimensione: famiglia e casa

Risulta a tutti evidente l’intreccio inestricabile tra famiglia e casa. La famiglia ha bisogno di una casa per essere tale; lo stare insieme è costitutivo del fare famiglia e non si può stare insieme senza uno spazio appropriato. La casa è segno dell’unione tra coloro che la abitano, luogo in cui ci si sente al sicuro e si sta a proprio agio, circondati dagli affetti più cari, luogo in cui si coltiva la percezione fondamentale di avere un posto e un riconoscimento nel mondo e tra gli altri, in cui si assapora che la vita è una cosa buona, che merita di essere vissuta nonostante tutto.

La chiesa parrocchiale è anch’essa in qualche modo una casa. Di fatto gli edifici detti chiese nascono per rispondere all’esigenza di raccogliere, di dare una casa all’assemblea dei credenti, alla comunità cristiana, alla famiglia ecclesiale, precisamente da quando è finito il tempo in cui la Chiesa si riuniva nelle case, come a più riprese riferisce il Nuovo Testamento (cf. 1Cor 16,19; Rm 16,5; Col 4,15; Fm 2). La Chiesa nasce nelle case e deve conservare questo tratto di casa anche quando si raduna nelle chiese. I sentimenti e le convinzioni fondamentali che lo stare in chiesa permette di coltivare esprimono più chiaramente un’altra apertura rispetto alla casa, poiché colui che convoca (Parola), raduna e rende famiglia è Dio Padre, il Padre di Gesù che nella sua morte e risurrezione (Pasqua) ci comunica lo Spirito Santo (Pentecoste). A partire da questa convocazione e costituzione prende corpo l’esperienza profonda del senso dello stare al mondo come stare alla presenza di Dio con il dono della vita e l’invito alla comunione con Lui fino alla sua pienezza.

In questa maniera, allora, l’incontro in chiesa nutre con la sua prospettiva di grazia divina il sentimento fondamentale che la famiglia vive nella casa, e il senso familiare della casa conferisce verità umana al ritrovarsi dell’assemblea dei credenti in chiesa.

Seconda dimensione: il raduno

La dimensione temporale – la seconda – fa sperimentare sia alla famiglia che alla comunità cristiana che non si sta sempre insieme. La casa e la chiesa sono i luoghi di un radunarsi che si intreccia con i tempi della vita personale, familiare e sociale, con i ritmi del lavoro e della convivenza sociale, con gli avvenimenti che scandiscono in forma ripetitiva o imprevista l’esistenza personale dei membri della famiglia e della comunità, per gli stessi ritmi della vita familiare o ecclesiale al proprio interno. Lo stare insieme è l’espressione di un legame che perdura e si rafforza alternandosi con la distanza e il distacco secondo le circostanze che contraddistinguono la storia di ciascuno e di tutti.

Ritrovarsi e perdonare

Nella circolarità di esistenza familiare ed ecclesiale, tra altri aspetti, la famiglia accoglie dal radunarsi ecclesiale la forza dell’Eucaristia che si fa preghiera personale e comune nei ritmi della vita di casa; la comunità ecclesiale, d’altra parte, riceve dalla famiglia l’esperienza del consolidarsi dell’unità familiare ad ogni nuovo ritrovarsi dopo un tempo, breve o lungo, di distacco o di distanza. Esse, poi, apprendono a vicenda la grazia del perdono, poiché la distanza spesso non è solo quella temporale o spaziale, ma è quella dei cuori, delle intenzioni e dei gesti, che offendono o tradiscono il senso intangibile del legame familiare ed ecclesiale. Così il perdono sacramentale diventa sorgente di perdono nei rapporti faticosi e difficili che si stabiliscono sia nella famiglia che nella comunità parrocchiale (cf. Ef 4,2; Col 3,13).

Terza dimensione: le relazioni e i loro passaggi strutturali

La dimensione delle relazioni – e siamo alla terza – si comprende in tutta la sua densità se viene letta nella prospettiva generazionale. Allora, quando si tratta della famiglia, si possono cogliere quanto meno tre passaggi strutturali: la generazione e l’educazione, l’apprendimento dell’autonomia e della libertà delle persone nell’orizzonte della stabilità di un solido legame di fondo, l’accoglienza e l’accompagnamento nella stagione della vecchiaia e della malattia. Sono tre passaggi – o, anche, prove – decisivi per la formazione e per la qualità delle relazioni. I tre momenti possono essere visti in parallelo con le categorie relazionali di base: figli, fratelli, genitori . Essi sono resi possibili – e, a loro volta, fanno maturare – dalla relazione generativa per eccellenza, quella sponsale, l’unione di coppia , che nel matrimonio, giunto a compimento nel sacramento, è uno, fedele, indissolubile e fecondo (cf. Ef 5,21-33; Col 3,18-21). Tutti si viene dalla sponsalità e si tende alla sponsalità. Nasciamo da una unione d’amore e tendiamo ad una unione d’amore. Tutti, chi si sposa e chi è chiamato al celibato per il Regno di Dio: il destino di tutti, nella Chiesa e attraverso la Chiesa, è la comunione sponsale in Dio e, in ultimo, di Dio, cioè di Lui con noi.

Tutto questo trova sostanza sacramentale e sostegno di grazia nella comunità ecclesiale, nella quale siamo chiamati a vivere innanzitutto nel rapporto con Dio, ad essere e a sentirci figli, e grazie a tale rapporto ad essere e sentirci fratelli tra di noi, per imparare ad essere generativi nei confronti dei figli di tutti, accoglienti verso le nuove generazioni, verso i piccoli e i poveri, verso i malati e gli anziani. In una comunità ecclesiale dovrebbero essere coltivati e incoraggiati tutti questi tipi di relazioni. La grazia sacramentale che viene comunicata alla vita di famiglia deve rigenerare le relazioni all’interno di una parrocchia che voglia essere comunità, una trama di relazioni personali costruttive e feconde per il bene che trasmettono al proprio interno e verso tutti.

Famiglia e comunità ecclesiale: aiutarsi a vicenda

Sono, questi, solo degli accenni per dire quanto famiglia e comunità ecclesiale siano legate e quanto esse siano chiamate ad aiutarsi a vicenda, per essere ciascuna ciò che il Signore le chiama ad essere. Bisogna rispettivamente aiutarsi ad imparare a vivere la casa, a tornare sempre di nuovo a sapere stare insieme, a crescere in relazioni autentiche di figliolanza, di fraternità, di paternità e maternità, di matura sponsalità, cioè di comunione crescente come stile e come meta di esistenza umana e di vita cristiana.

Tre impegni

Da quanto detto discendono tre impegni che possiamo assumere per l’anno pastorale che iniziamo e su cui potremo compiere una verifica alla sua conclusione.

Famiglie in parrocchia e parrocchia in famiglia

Il primo impegno dovrebbe essere di ogni parrocchia: fare una rassegna delle coppie e delle famiglie che come tali già svolgono qualche forma di collaborazione alla vita della comunità o che possono venire gradualmente interessate e coinvolte. Indicazioni pratiche, al riguardo, senza la pretesa di essere esaustivi, possono essere – insieme alle attività ben note e già ampiamente praticate con la collaborazione di coppie e famiglie, come la preparazione dei fidanzati al matrimonio, la preparazione dei genitori e dei padrini al battesimo, la cura di gruppi di famiglie, la partecipazione all’animazione della liturgia – quelle circa la presenza nel Consiglio pastorale parrocchiale, l’animazione dei gruppi di ascolto della Parola di Dio, la cura dell’accoglienza nelle celebrazioni e nei momenti di raduno e di incontro, la presenza nel gruppo dei catechisti per la programmazione e l’animazione della Iniziazione Cristiana, e altro che può essere dettato dalle diverse esigenze e situazioni delle singole comunità. Ciò che però deve supportare tutto questo è la costituzione di una rete di famiglie che condividono la cura delle persone, delle relazioni, delle situazioni sociali del territorio (come, per esempio, le esigenze della vita scolastica dei ragazzi e dei giovani, le conoscenza delle persone anziane, malate, sole in raccordo con la Caritas e con i ministri straordinari della Comunione, e simili). In generale bisognerebbe tendere a uno stile familiare che superi i monopoli personali e faccia crescere le più varie forme di condivisione.

Riprendere: casa, raduno, relazioni

Il secondo impegno consiste nel riprendere le riflessioni sopra suggerite sulla casa, sul raduno come ritmo della vita, sulle relazioni costitutive per verificare il loro stato nelle famiglie e nelle comunità parrocchiali.

Comunità accoglienti fin da ora, elaborando insieme il Progetto Zero-Diciotto

Il terzo impegno sta nel cercare fin d’ora di rendere tutta la comunità parrocchiale, insieme alle famiglie, partecipe del cammino di completamento della Iniziazione Cristiana dei ragazzi. Per quanto possibile sarebbe di grande aiuto accompagnare il processo di elaborazione del Progetto Zero-Diciotto informandosi, parroci (tramite gli incontri foraniali) e famiglie (tramite i parroci e poi negli incontri promossi dai vicari foranei nella seconda parte dell’anno), di quanto vanno proponendo i gruppi di lavoro incaricati allo scopo.

A sostegno di questi tre impegni, nel corso dell’anno pastorale, avremo come sempre i tre grandi appuntamenti celebrativi del Mandato ai ministri e collaboratori pastorali, della Messa crismale e della Veglia di Pentecoste, e poi gli appuntamenti formativi che sviluppano l’approfondimento dei temi posti alla nostra attenzione e offerti al nostro impegno.

Affidiamo il nostro progetto all’intercessione della Madre del Signore e dei nostri Santi patroni, e prima ancora invochiamo la luce e la forza dallo stesso Spirito Santo da cui – confidiamo – sono nati questi buoni propositi.

✠ Mariano Crociata

05-10-2018