SALUTO
Convegno su “San Lidano d’Antena tra storia, arte e fede”
Sezze, 12 ottobre 2019
+ Mariano Crociata
Un cordiale saluto desidero porgere a tutti gli intervenuti a questo convegno su “San Lidano d’Antena tra storia, arte e fede” e in modo speciale agli organizzatori e agli illustri relatori. Merita grande considerazione l’iniziativa di dedicare, accanto alle celebrazioni liturgiche e di altro genere, un momento di riflessione e di studio alla figura di San Lidano nel quadro delle manifestazioni per i 900 anni dalla sua morte.
Anche nel caso di San Lidano si pone una questione ricorrente quando si tratta di figure di santità del primo millennio, e non solo di esso. La questione può essere formulata in termini teorici come domanda circa il rapporto tra devozione o anche tradizione liturgica e conoscenza storica. Non è una questione oziosa, almeno da due punti di vista. Colpisce, per esempio, il fatto che nessuna delle relazioni che stamattina ascolteremo si occupi della figura di San Lidano. La circostanza ha evidentemente una sua ragione, dal momento che fanno difetto documenti e testimonianze tali da consentire di ricostruire la figura o, quanto meno, di abbozzare alcuni aspetti della figura del santo abate, quanto meno in termini storico-critici.
D’altra parte l’assenza o la lacuna di documentazione storicamente fondata non consente di pervenire alla precipitosa conclusione di mancanza di storicità, ma solo alla impossibilità di disporre di elementi accertabili di conoscenza storica. La tradizione, nelle varie forme in cui essa si configura e si attua, ha un valore e una portata più ricchi di quanto la conoscenza scientifica possa di volta in volta appurare; un po’ come la vita, che forma una corrente che tutto contiene, anche eventualmente le informazioni e le spiegazioni sull’uno o sull’altro aspetto che la compongono, senza però che sia pregiudicata la trasmissione di elementi vitali percepiti e sperimentati in tutta la loro rilevanza anche quando non ci sia stato modo di esplicitarli e approfondirli cognitivamente. È la natura stessa della cultura, che è intrinsecamente tradizione e che contiene in sé in misura non trascurabile la dimensione religiosa, a essere costituita da una molteplicità di fattori e di processi, di cui alcuni formalizzati, mentre altri si confondono nel flusso vitale di una comunità o di una società in attesa che qualcuno eventualmente vi si dedichi per far emergere con precisione conoscitiva e critica l’uno o l’altro di essi.
Si deve aggiungere un’ulteriore considerazione, che riguarda il processo stesso della tradizione vivente, la quale riprende ed elabora quanto ricevuto in modo da costituire a sua volta, da una fase all’altra, un fattore di costruzione di realtà dotata di consistenza propria e a sua volta generante nuovi significati e nuovi contenuti di tradizione, non dico del tutto autonomi da ciò che li ha preceduti e preparati, ma dotati di una propria legittimazione e solidità. Tutto questo prende nuova luce nell’ambito della fede e nella prospettiva della intelligenza teologica della realtà spirituale ed ecclesiale.
La fede ha bisogno della storia, non può vivere fuori della storia. Ha bisogno, anzi, perfino della critica storica, perché deve continuamente premunirsi contro i rischi della credulità e del fanatismo, o comunque da tutte le forme di irrazionalità che in vario modo sempre la minacciano. Ma il suo fondamento ultimo è in una parola che risuona nella storia e si intreccia intimamente con essa senza essere il prodotto esclusivo di processi storici, di elaborazione frutto solo di ingegnosità umane. È un po’ il senso del mistero dell’incarnazione, dell’uomo-Dio che nella nostra fede è Gesù Cristo. Non finiremo mai di scandagliare la sua esperienza umana e la sua stessa umanità, senza pretendere però di trovare solo nel documentabile della ricostruzione di essa il contenuto e il significato della sua identità e della sua verità.
In ultimo, l’azione dello Spirito si serve di strumenti umani, come quelli posti in essere dai processi di tradizione religiosa e culturale, per creare coscienza e storia cristiana servendosi di elementi impliciti ed espliciti che dal passato vengono fino a noi. A noi il compito di raccoglierli e vagliarli con sincera ricerca della verità e con spirito critico, per fare della nostra adesione di fede oggi una scelta responsabile, una risposta anche intellettualmente onesta oltre che spiritualmente autentica, a un dono sempre nuovo che ci viene insieme dal passato e dall’alto, all’incrocio di due coordinate in cui si compie sempre di nuovo l’evento sorprendente della fede e della presenza di Dio nella vita dei credenti e della loro comunità che è la Chiesa, un po’ come il rinnovarsi dell’incarnazione nell’interiorità del credente e nelle relazioni rinnovate dallo Spirito nel cuore della Chiesa, che è come dire la presenza sempre nuova di Cristo nella forma della santità.
Per queste ragioni abbiamo bisogno della conoscenza, e della conoscenza storica. Perché solo grazie ad essa l’adesione della nostra fede, e non solo la forza della nostra devozione e del nostro culto ai santi, può essere un atto intellettualmente onesto e più compiutamente umano, e così, proprio perché più pienamente umano, anche veramente divino.
Con questi pensieri auguro al convegno la migliore riuscita e a tutti buon lavoro.