Saluto
Giornata della solidarietà
Latina, 27 febbraio 2015
+ Mariano Crociata
Sono lieto di partecipare alla Giornata della solidarietà, che porta alla comune attenzione quel mondo variegato ed effervescente denominato Terzo Settore, nel quale il privato sociale trova lo spazio per esprimere la sua creatività nell’offerta di beni e servizi sociali materiali, culturali e relazionali. Saluto il sindaco della città, Giovanni Di Giorni, che ha promosso l’iniziativa, il prefetto di Latina, Pierluigi Faloni, il prof. Emanuele Emmanuele, presidente della Fondazione Roma, così benemerita per la città e il territorio di Latina, le autorità civili e militari, le associazioni di volontariato, i convenuti tutti.
Come credente e come rappresentante della Chiesa, non posso che rallegrarmi nel vedere crescere la considerazione per un ambito così rilevante della vita sociale, economica e culturale. Non tanto perché la Chiesa si trova in esso a proprio agio, essendo all’origine di una componente cospicua della sua complessiva consistenza e del suo dinamismo, quanto perché essa vede così diffusamente attuata una dimensione essenziale della nostra plurale convivenza, e cioè la libera iniziativa e cooperazione di tutti i soggetti che hanno volontà e idealità per intraprendere attività e lavorare al bene comune delle persone in una società ordinata. Proprio in questo periodo, nel quale è in discussione in parlamento un disegno di legge presentato dal governo che tratta «il riordino e la revisione della disciplina degli enti e delle attività diretti a promuovere e realizzare finalità solidaristiche e di interesse generale», è necessario ricordarsi che sia garantita la tipicità delle organizzazioni legate alle confessioni religiose. E questo non a difesa di una parte, ma a tutela della tipicità propria di tutti i soggetti in gioco. Oggi non è a rischio la sopravvivenza dell’una o dell’altra visione ispiratrice di iniziativa culturale ed economica, ma la possibilità stessa di riconoscere dignità a ciascuna e a tutte le visioni ideali, laiche o religiose che siano, e di legittimare il loro libero concorso alla determinazione dei mezzi e dei percorsi, ma prima ancora dei fini, nel perseguimento del bene comune. Una tale prospettiva assume ulteriore rilievo, se si considera – sulla scia del magistero della Chiesa, fino a Benedetto XVI con la Caritas in veritate (in particolare n. 46) e ai molteplici interventi di papa Francesco in tal senso – che è avvertita sempre più l’esigenza di superare la schiavitù nei confronti del profitto, per fare di esso «uno strumento per raggiungere finalità di umanizzazione del mercato e della società».
Sono fiducioso che questa iniziativa concorrerà a far crescere in maniera significativa la coscienza condivisa dei valori implicati nel mondo del privato sociale e la decisione di continuare a operare per un suo sviluppo nella comune ricerca del bene di tutti.