Saluto al congresso provinciale delle Acli Latina (20/02/2016 – Latina)

20-02-2016

Saluto

Congresso provinciale delle ACLI

Latina, 20 febbraio 2016

+ Mariano Crociata

Ho accolto volentieri l’invito a portare un saluto al vostro congresso provinciale, consapevole del valore di una associazione come le ACLI sia per la Chiesa che per la società civile. Il vostro è un appuntamento importante per la vita dell’associazione, che si vede convocata a conclusione di un quadriennio e in prospettiva di un periodo gravido di impegni e di sfide. Ho scorso i documenti preparatori al congresso nazionale, articolati su uno spettro molto vasto di temi in piena corrispondenza con la complessità della società di oggi, e ho preso visione degli ambiti, anch’essi molto ampi, che avete posto a oggetto di questo congresso distribuendoli su tre piste: educazione-scuola-formazione come strada per la valorizzazione e lo sviluppo del territorio, la legalità e la formazione sociopolitica per la stabilità delle istituzioni, l’emersione compiuta dell’identità della comunità pontina. Sono ambiti che non hanno bisogno di particolari argomentazioni per essere condivisi, tale è la loro drammatica attualità e l’urgenza che segnalano.

L’impostazione del congresso, dunque, denota una attenzione mirata alla situazione e al momento che la nostra società e il nostro territorio vivono. Ci aspettiamo che i risultati dei lavori congressuali offrano un apporto arricchente alla nostra comprensione e alla nostra esperienza della terra pontina, già configurata da parecchi decenni ma, ciononostante, ancora bisognosa di emergere nella sua compiuta identità. Se è possibile fare un accostamento, all’intera comunità pontina può essere riferita la riflessione e rivolto l’invito che sono venuto a portare alle ACLI in congresso. L’una e le altre infatti si caratterizzano per l’ispirazione cristiana che sanno di avere alle proprie origini e per l’intreccio di tale ispirazione con la complessità e con le sfide della società di oggi. Ciò che a me sembra particolarmente importante oggi è ritrovare le ragioni delle origini, non per tornare o fermarsi a guardare indietro, ma per vivere coerentemente il presente e inoltrarsi con lucidità e fiducia nel futuro.

Il legame, caratteristico della vostra realtà associativa, con la democrazia e con il carattere popolare della tradizione italiana ha bisogno di confermare quell’altro legame, non meno importante e costitutivo, con la fede e con la Chiesa per risvegliare e far rifiorire l’identità delle ACLI e la loro funzione nella Chiesa e nella società. Proprio la collocazione delle vostre associazioni nel mezzo di una società plurale che ormai conosce presenze e identità multiple, vi espone al rischio della dispersione e della omologazione culturale che, passivamente corso, conduce dritto alla diluizione delle coscienze, all’insignificanza della presenza, alla perdita non solo della rilevanza ma soprattutto delle ragioni per continuare ad esserci. Senza diminuire in capacità di incontro e di dialogo, di accoglienza e dedizione, l’anima deve rimanere vitale alimentandosi all’ispirazione che è originaria non perché posta nel passato ma perché, come una sorgente viva, rinfresca e nutre le radici di una pianta fiorente oggi non meno di prima, e soprattutto promette fecondità ancora a lungo per il futuro. Coltivare l’ispirazione cristiana significa attenzione alla dimensione spirituale, liturgica ed ecclesiale dell’esistenza cristiana, ma significa anche capacità di elaborare un pensiero che a quelle sorgenti attinga per comprendere il mondo di oggi e trovare risposte pertinenti alle sue domande e alle sue attese.

Una struttura personale e associativa così alimentata nella sua ispirazione sorgiva e permanente, è in grado di raccogliere alcune sfide che il nostro territorio – in larga misura non diversamente da altri – lancia destando non raramente anche senso di allarme. Accenno ad alcune di esse che senza dubbio presentano il tratto dell’attualità e dell’urgenza.

Una sfida è quella lanciata dalla corruzione, non solo nelle forme clamorose note alle cronache e contigue con il malaffare, ma anche in quelle dell’illegalità diffusa. Non è un fenomeno che si possa contrastare con proclami e retoriche facili, ma con un senso civico coltivato in reti sempre più vaste che non lascino i singoli indifesi, e alimentato soprattutto da coscienze sempre più formate e forti.

Una ulteriore sfida è quella della cultura dell’individualismo, curiosamente funzionale a un consumismo diventato ideologia che tutto riduce a beni che come feticci assorbono ogni attenzione ed energia, svuotando le persone non solo delle loro risorse materiali, ma delle ragioni per costruire qualcosa di significativo e di duraturo per sé, per i figli, per tutti. La crisi perdurante può ingannare, da questo punto di vista, poiché sembra indurre alcuni a cercare ricchezza ad ogni costo, illudendosi che qualsiasi forma di arricchimento possa produrre crescita reale e superamento della crisi. E invece il venir meno del senso del bene comune minaccia la collettività bloccandola piuttosto che facendola progredire, perché rende tutti proni alla idolatria del benessere materiale a tutti i costi e di una economia priva di rapporto con il bene integrale della persona, fatto di relazioni, di valori, di cultura e di bellezza; al contrario, infatti, abbrutisce la comunità civile tutta nel suo ambiente naturale e nei suoi luoghi di vita e di lavoro. Il richiamo al compito educativo, da tale punto di vista, è fattore decisivo di difesa e di promozione dell’umano nei suoi elementi più genuini ed essenziali.

Un’ultima sfida che mi sembra doveroso evocare è quella della inclusione sociale. L’impoverimento ulteriormente esteso dalla crisi economica e il fenomeno epocale dell’immigrazione prodotta da guerre e violenze e dalla miseria, suggeriscono di non attestarsi nella mera difesa dello stato di condizioni materiali raggiunto, ma di inserirlo in un circuito più vasto nel quale far entrare sempre nuovi soggetti capaci di introdurre nuovo dinamismo sociale ed economico, carico di ritorni positivi per tutti. Trincerarsi dietro la strenua difesa dello status quo ottiene il risultato di isolare e impoverire di più, piuttosto che far nascere nuova vitalità economica e culturale.

Non vorrei dare l’impressione di uno sguardo pessimistico e di uno stato d’animo sconfitto, perché questo da solo porterebbe dritto al fallimento. Vedere i problemi ha valore se si intravedono nello stesso tempo vie di soluzione. Attorno a noi vivono e operano anche tante persone che costituiscono di fatto la struttura che sorregge la tenuta della collettività, magari senza farsi notare o richiamare l’attenzione. Uno sguardo attento all’interesse generale e al bene comune è in grado di cogliere i fermenti e le presenze idonee a contrastare l’andazzo prevalente e il processo di deterioramento del tenore di vita collettivo. Bisogna imparare a cercare, a coinvolgere, a creare rete tra quanti hanno la capacità e la volontà di reagire e di operare nel senso dell’iniziativa e dell’inventiva sociale. La fede cristiana, che con la sua ispirazione originaria possiede le risorse interiori per dare vita a un tale progetto, sia coltivata e accolta, perché con la sua energia divina ha il potere di avviare processi di reale cambiamento nella vita delle persone e dell’intera comunità umana. È anche l’auspicio che lascio al congresso, alle ACLI, a tutti noi.

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