Omelia Santi Patroni di Sezze (04/07/2020 – Concattedrale S. Maria)

04-07-2020

OMELIA

Sezze, S. Maria, sabato 4 luglio 2020

Festa dei Santi Patroni,
Liturgia della Domenica XIV TO A

+ Mariano Crociata

 

Decifrare la differenza tra credenti e non credenti non è un compito umanamente praticabile; è qualcosa che sfugge alle capacità di penetrazione della conoscenza umana, non solo perché i confini tra fede e non fede sono spesso molto sfumati, ma soprattutto perché unicamente lo Spirito di Dio è capace di scrutare le profondità del cuore umano. Il Vangelo ci aiuta a capire perché alcuni si aprono alla fede e altri no. E dopo il Vangelo sono i santi, come i nostri santi patroni, a gettare luce su questo mistero.

Essi dunque ci fanno intendere che si apre a Dio chi ha coscienza di non sapere e di avere bisogno di aiuto e di luce per affrontare la vita. Al contrario chi pretende di sapere come vanno le cose e di avere una risposta per tutto, chi insomma si fida solo di se stesso e non riconosce la propria debolezza, difficilmente arriverà al riconoscimento di Dio e all’incontro con lui. Per credere bisogna essere disposti a lasciarsi sorprendere, bisogna avere cioè una apertura alla realtà riconosciuta più grande di tutto ciò che uno può riuscire a spiegare e a realizzare. Anche Gesù viene sorpreso dal Padre ed è tale sorpresa che lo fa esplodere in un grido di gioia come quello che il Vangelo ci riferisce.

Gesù aveva visto crescere attorno a sé diffidenza e ostilità, e segnali preoccupanti, come l’incarcerazione di Giovanni Battista, e proprio in tale clima, che prostrerebbe chiunque, esplode in una gioia incontenibile e sente una gratitudine infinita verso il Padre. E il motivo è che l’ostilità viene da chi è chiuso a Dio, mentre i poveri, i semplici, gli umili, i marginali e tutti quelli che fanno fatica ad andare avanti e si ritrovano senza abilità di sorta, costoro sono quelli più aperti all’annuncio del Regno, che vengono colmati della luce di Dio e della grazia della fede in lui e nel suo amore. Per credere bisogna avvertire il bisogno di amore e di salvezza, e riconoscere e accogliere che Gesù rivela proprio questo, che Dio mi ama, mi ha a cuore, si prende cura di me. Al contrario, chi cerca solo in sé e nelle proprie abilità la sicurezza, rimane sempre preda della paura e dell’angoscia che la sicurezza raggiunta non sia mai abbastanza sicura.

Anche il periodo che stiamo vivendo e da cui non possiamo dire di essere ancora usciti, solleva una questione di fede, interpella chi crede e chi non crede. L’epidemia è una smentita clamorosa della sensazione di onnipotenza in cui soprattutto le nostre società occidentali hanno visto crescere vecchi e giovani, per molti dei quali il problema era quanti anni in più sarà possibile vivere, senza problemi e senza preoccupazioni, convinti che è possibile continuare a fare tutto quel che si vuole e anche di più. Veniamo da una frenesia che molti vorrebbero veder tornare come prima. È bastato un minuscolo e invisibile virus per bloccare tutto e tutti. Certo bisognerà darsi da fare per superare la disfatta sanitaria e la crisi economica, e con il tempo si riuscirà a farlo. Ma se non abbiamo capito che non siamo i padroni del mondo e della vita, nemmeno della nostra, a che cosa sarà servito aver vissuto questa esperienza?

Se vogliamo vincere davvero la paura, bisogna che cerchiamo di trovare la nostra sicurezza nell’unico che può darcela, Dio, il Padre, e Gesù, il Figlio, colui che ci invita ad andare a lui e ad apprendere l’arte della mitezza e dell’umiltà. Finché ragioneremo e ci comporteremo da aggressori e da predatori, tutto ci sfuggirà di mano, perché non riusciremo a trattenere nulla, se non per un tempo illusorio e fatalmente sfuggente. Se invece ci affidiamo all’unico che detiene il segreto della vita e da lui accogliamo l’amore e il bene che egli promette e concede nei tempi e nei modi che conosce, assaporeremo il segreto della vita e ci apriremo a una pienezza che già qui impariamo a pregustare.

Questo è soprattutto imitare i santi: non cominciare dalle opere straordinarie che hanno compiuto, ma dalla fede che li ha abitati e animati. Tutto ciò che di grande hanno potuto compiere non è opera loro, ma frutto della fede che li ha legati a Dio e a Gesù, una fede che ha suscitato il desiderio, la volontà e comunicato la forza di agire nel suo nome e di fare quanto il Signore dava loro di fare. Come Gesù, del resto, il quale ha detto e fatto tutto ciò che il Padre gli ha comandato, vivendo per il resto incondizionatamente abbandonato all’amore e alla volontà di Dio.

Ci devono intimorire il nostro senso di presunzione e la volontà di affermare noi stessi contro tutto e contro tutti, perché con tali atteggiamenti anche le pratiche religiose non valgono nulla e non ci salvano. Solo Dio salva, e per farlo ha bisogno di trovare un cuore umile e accogliente. Chiediamolo con implorazione e fiducia, impetriamolo dalla intercessione dei santi patroni, e il Signore lo troveremo pronto a fare esultare anche noi, come Gesù, al vedere come egli non desidera altro se non colmarci del suo bene.

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