OMELIA
Messa del crisma
Cattedrale, 17 aprile 2019
+ Mariano Crociata
«Il Signore mi ha consacrato con l’unzione»: così si esprime il profeta e così proclama Gesù leggendo Isaia. Quella di cui qui si parla è l’unzione messianica dello stesso Gesù, Cristo per definizione, ovvero Messia, Unto del Signore. L’unzione è il gesto che dà concretezza e quasi materializza l’iniziativa divina annunciata poco prima: «Lo Spirito del Signore è su di me». L’umanità di Gesù è impregnata di Spirito Santo, già dal seno materno e pienamente all’avvio della sua missione pubblica.
La Messa del crisma che celebriamo è dominata da questa unzione originaria e ne celebra l’inesauribile fecondità. Ogni nuova generazione che si affaccia sulla scena della vita ecclesiale viene pervasa del suo stesso Spirito, perché lo Spirito è la potenza generatrice di Dio che crea sempre nuovi figli e li conforma all’immagine del Figlio eterno, l’uomo Gesù di Nazaret. Per la sua unzione anche noi entriamo nell’era messianica, diventiamo figli nel Figlio, diveniamo partecipi del suo regno.
Nella Messa del crisma c’è un rito particolare, oltre alla benedizione degli oli, e cioè la rinnovazione delle promesse sacerdotali. Essa ha perciò un legame speciale con il ministero ordinato. Il crisma che unge le mani dei presbiteri rivela in essi la sua generatività, perché mette l’operosità propria della manualità umana a servizio efficace della operatività divina. Attraverso le loro mani passa la grazia sacramentale ai fedeli in tutti gli spazi della loro vita. Il sacramento dell’ordine rimane, perciò, è lo strumento prescelto e, nello stesso tempo, un baluardo insuperabile della sovranità e della sovrana libertà della grazia divina, che nessuno è nella posizione di conquistare da sé, ma solo di ricevere e accogliere con infinita riconoscenza.
Solo che i ministri ordinati sono, come dice S. Paolo, «amministratori dei misteri di Dio» (1Cor 4,1). E sono solo amministratori perché la grazia è dono, gratuito come dice la parola, di Dio; solo amministratori, perché sono a servizio di ciò che amministrano e di coloro per i quali amministrano, ai quali fanno passare la grazia divina. In altre parole, il vero scopo e ciò che conta in maniera decisiva per l’esistenza del ministero sono i battezzati e i cresimati. Infatti non è il sacramento dell’ordine che salva, ma il battesimo. La destinazione del ministero è il battesimo e quindi la fede e la vita cristiana dei battezzati. La prima crismazione (unzione con il sacro crisma) che anche i presbiteri ricevono è quella del battesimo, poi confermata nel sacramento della cresima. La crismazione dell’ordine è a servizio di tutti i battezzati e cresimati; esiste solo a tale scopo.
C’è un’altra importante considerazione da aggiungere. Fatte le debite analogie, e quindi le necessarie differenze, ogni ordinato, ma anche ogni battezzato, quindi ognuno di noi, grazie a Gesù Messia, può a vero titolo dire: lo Spirito del Signore è su di me, per questo il Signore mi ha consacrato con l’unzione. Non è un vanto, è una professione di fede. Ed è vera professione di fede nella misura in cui riconosce la libertà dell’iniziativa dello Spirito. Diciamolo pure: il Signore dona lo Spirito a tutti. Come potremmo negarlo se continuiamo a battezzare tutti i bambini che i genitori ci presentano? Che genere di condizioni possiamo porre ai bambini? La stessa precaria idoneità dei genitori può venire eventualmente integrata o sopperita dall’iniziativa della Chiesa. Dunque il Signore dona il suo Spirito senza che, e prima che, alcuno lo chieda. Il battesimo, con la sua unzione del crisma, giunge ad esplicitare e completare nell’efficacia del segno sacramentale il dono che Dio ha deciso inappellabilmente di conferire. Certo, sempre e solo ponendo il germe della fede. Non c’è autorità ecclesiastica che possa discriminare alcunché su questo punto, perché la Chiesa è essa stessa pura e previa creazione divina nella stessa risposta umana di adesione di fede.
La conseguenza per me è semplice e drammatica allo stesso tempo: noi ministri ordinati siamo, e dobbiamo metterci, a servizio della fede dei battezzati e, per così dire, di noi stessi – gli uni gli altri – in quanto battezzati. Dobbiamo anzi dire e fare di più, se la pagina dell’Apocalisse ci annuncia: «ha fatto di noi un regno, sacerdoti per il suo Dio e Padre» (la prima lettera di Pietro dice che il nostro è un «sacerdozio regale», 1Pt 2,9). Siamo un popolo sacerdotale, che ha bisogno del ministero ordinato per esercitare la sua propria regalità e il suo sacerdozio.
La conclusione a cui ci conduce la Parola di Dio è che abbiamo bisogno di attuare una sorta di “alleanza del crisma”, una alleanza di tutti i “crismati”, diciamo semplicemente di tutti i cristiani, una alleanza che fa perno nella crismazione battesimale, nell’essere tutti figli nel Figlio e fratelli nell’unico Padre. Una alleanza non di statica e inerte solidarietà, ma una alleanza di missione, per una missione: «mi ha mandato», abbiamo udito da Isaia e poi da Luca. Siamo dei mandati: e che cosa dovrebbe essere la cresima se non l’esplicitazione di questo mandato insito nel nucleo battesimale dell’esistenza cristiana? Siamo una Chiesa di inviati in missione, posti a servizio di quelli che ancora non hanno conosciuto e incontrato personalmente Cristo Gesù.
Cari fratelli e sorelle, è questo il senso e il fondamento del programma pastorale di quest’anno e di ogni iniziativa ecclesiale: chiamati a essere e a operare insieme per il mandato che il Signore ci affida e ci chiede di eseguire. E il Signore si aspetta da noi proprio questo: che impariamo sempre più e meglio a lavorare uniti – ordinati, consacrati e laici – in nome della comune unzione che ci ha colmati di Spirito Santo e ci invia. Con l’unico scopo di far crescere il regno di Dio come popolo di nuovi battezzati e cresimati.
Lo Spirito del Signore ci conceda di accogliere questa chiamata e di rispondervi con tutta la generosità che egli ci mette nel cuore.