OMELIA
Liturgia della domenica XXV TO A
Sabato 23 settembre 2017, Parrocchia S. Francesco di Cisterna
25° Anniversario di ordinazione presbiterale di J. Nicolas
+ Mariano Crociata
Caro don Giuseppe,
con grande gioia ci ritroviamo attorno a te a celebrare con questa Eucaristia il 25° Anniversario della tua ordinazione presbiterale. Ogni giorno, celebrando l’Eucaristia, non facciamo altro che ringraziare Dio per tutti i suoi doni, soprattutto per la vita e per la fede. Oggi celebriamo con te quella specie di raddoppiamento che il nostro ministero sacerdotale istituisce nel culto della Chiesa. Tutti i battezzati possono ringraziare Dio per se stessi e per gli altri. Noi sacerdoti lo facciamo a un titolo speciale, cioè per mandato sacramentale: noi ci siamo, infatti, per consentire a tutti i credenti di ringraziare Dio mediante il rinnovo dell’offerta del sacrificio dello stesso Signore Gesù. Attraverso di noi tutta la Chiesa diventa un unico coro e un’unica offerta. Noi che comprendiamo la grandezza di questo dono, siamo qui a ringraziare di potere ringraziare per noi e per gli altri. Il tuo anniversario ce ne offre una occasione singolare.
Ho usato l’espressione ministero sacerdotale per parlare del culto, della liturgia che celebriamo. Ma tu non sei stato ordinato solo per celebrare, bensì anche per annunziare e guidare, come presbitero in comunione con il Vescovo, la comunità dei credenti che ti è stata affidata. È ciò a cui incessantemente ti dedichi, nella predicazione e nella catechesi, e nel condurre in unità di intenti questa comunità parrocchiale. A venticinque anni dalla tua ordinazione credo tu possa dire di esserti dedicato instancabilmente alla missione che il Signore attraverso la Chiesa, con il sacramento dell’ordine, ti ha affidato. Fermarti, dopo questo lungo corso di anni, a ringraziare e gioire significa riconoscere il bene che hai fatto con un servizio generoso e appassionato. Nessuno per questo deve esaltarsi, ma riconoscere la verità di una fatica senza sosta è il giusto modo di lodare Dio, al tuo posto, in questo momento. Questo non significa che tu non abbia nulla per cui invocare la misericordia di Dio; vuol dire invece che la misericordia di Dio ti ha dato di vivere con grande intensità la tua risposta alla vocazione al ministero presbiterale. Di questo ringraziamo con te il Signore e lo lodiamo per il bene che ha suscitato e diffuso in mezzo a noi tramite la tua persona.
Per noi è motivo di peculiare considerazione ripercorrere il tuo cammino, che ti ha portato nella nostra diocesi da un altro Paese, da un’altra cultura e lingua, per fare anche della nostra in qualche modo la tua patria, per edificare la nostra come la tua Chiesa e vivere la nostra Chiesa come la tua. In questo modo ci ricordi e ci insegni che la nostra casa e la nostra patria sono dove il Signore ci chiama e ci manda; e che ciò che è più intimamente nostro può trovare luogo dovunque e che ogni terra e ogni comunità sono le nostre, personalmente nostre, non tanto per la nostra preferenza o per il nostro interesse, ma per il fatto che Dio ci sceglie e ci invia. La nostra patria è Dio e nessuna casa potrebbe essere la nostra se non sotto la Parola di Dio e l’appello della sua chiamata. Lo diciamo a te e per oggi, perché è la tua festa, ma dovremmo dirlo per ciascuno di noi, a cominciare da chi è stato prete sempre nella sua terra, poiché anche lì si può essere stranieri. Ci troviamo a casa quando il nostro cuore è con Dio e Dio è il primo e più gradito ospite del nostro cuore. Io so che tu a questo tendi e questo è il tuo desiderio più profondo; perciò il Signore ha benedetto il tuo ministero in mezzo a noi e anche attraverso di te ha riversato la sua benedizione su di noi.
Il Vangelo che abbiamo ascoltato mi suggerisce di chiedere a te, ma anche a ciascuno di noi: anche tu sei un operaio della prima ora? In un certo senso la risposta non può che essere positiva e sarebbe uguale se fosse rivolta a me o a tanti, se non tutti, i presenti. Che cosa significa essere operai della prima ora per il Signore? Significa avere speso tutta la vita per il Signore. Non significa invece che abbiamo diritto a essere trattati diversamente, in maniera privilegiata e superiore, rispetto ad altri. Il nostro premio – il salario di cui parla il Vangelo – è il Signore e il Signore è tutto, tutto il bene e ogni bene possibile e immaginabile. In lui non manchiamo di niente. Se il nostro servizio, per sua grazia, è stato completo e diligentemente compiuto, lui sarà fin da ora il nostro salario, il nostro premio, il dono che arricchisce e riempie la nostra vita.
Dove sta la tentazione che svela la parabola evangelica? Sta nel rifiuto di apprezzare l’amore di Dio, la relazione con lui, e nell’essere preoccupati solo della propria prestazione e dei meriti a cui essa dovrebbe dare diritto. Ciò vorrebbe dire che in realtà siamo preoccupati solo di noi stessi e della nostra bravura, e che non facciamo le cose per amore di Dio ma per amor nostro, alla ricerca di noi stessi, del nostro successo e della nostra immagine, possibilmente sempre superiori a quelli degli altri. A questa tentazione è, infatti, connessa un’altra: quella di guardarci non in relazione a Dio ma in rapporto agli altri, per metterci a confronto e vedere di essere superiori, migliori e quindi più meritevoli. Anche in questa prospettiva, in realtà la nostra preoccupazione sarebbe per noi stessi e non per il Signore che ci dà la grazia di lavorare per lui. La parabola, insomma, ci insegna a vivere e fare le cose per amore del Signore, senza preoccuparci se gli altri sono trattati o considerati meglio o peggio di noi, e senza cercare dal Signore niente altro che il suo amore e la sua misericordia, perché in lui abbiamo tutto il bene che possiamo desiderare e attendere. Che egli, poi, voglia bene ad altri come a noi non ci toglie nulla, ma anzi ci arricchisce
Proprio questo ti auguro, caro don Giuseppe, nel giorno del tuo anniversario: che tenga all’amore di Dio come all’unico bene, senza invidie, confronti e rivalità nei confronti di nessuno. Il suo amore possa darti lo slancio di dedicare la tua vita al ministero, per tanti anni ancora, con non minore passione di quella che hai fino ad oggi dimostrato per il bene del popolo cristiano e per la gloria di Dio.