Omelia per l’anniversario della dedicazione della cattedrale e per il natale di Latina (18/12/2025 – Cattedrale di San Marco, Latina)

18-12-2025

OMELIA

Anniversario della dedicazione della cattedrale e natale di Latina
(Ez 47,1-12; Ef 2,19-22; Gv 2,13-22)

Giovedì, 18 dicembre 2025

+ Mariano Crociata

La visione del profeta Ezechiele presenta un’immagine dalla potenza evocativa intatta a fronte di un testo più che ben conosciuto perché ascoltato tante volte. Al centro della visione sta il tempio, il simbolo per eccellenza della fede ebraica e il suo centro religioso in cui ritrovare certezza per la propria coscienza di popolo e fiducia per affrontare le vicissitudini della storia.

Dal tempio sgorga una sorgente d’acqua viva che diventa un fiume navigabile, capace di fecondare tutt’intorno il terreno rendendolo indicibilmente fertile, ricco di ogni genere di piante e di frutti; essa arriva poi fino al mare, così da risanarne le acque. L’acqua è il sogno perenne di un popolo assediato dal deserto e sempre arso da una sete inestinguibile; nella visione profetica l’acqua scorre con una sovrabbondanza incalcolabile. È un’acqua che evoca bisogni e seti non solo fisiche, ma anche interiori, immateriali, come quella sete di giustizia di cui parla Gesù nelle beatitudini di Matteo, e poi ancora sete di amore, di verità, di bellezza. È una sete che tocca anche noi che sentiamo di mancare di tante cose, e non parlo solo di benessere materiale e di salute, ma anche di buone relazioni, di rispetto e di riconoscimento, e oltre ancora, di pace con noi stessi, di serenità di coscienza, di bisogno di riparare torti e danni arrecati, di un cuore sereno, non più agitato dalle corse frenetiche e ancor più dalle incomprensioni, dalle tensioni, dai fallimenti ed errori commessi. Abbiamo bisogno di questa acqua che sgorga tal tempio, dal lato che va verso oriente, là dove sorge il sole.

E il sole sorgerà radioso per tutti noi in Gesù. Il suo corpo di Figlio di Dio fatto uomo è il tempio per eccellenza, un tempio vivo perché è la presenza personale divina da cui scaturisce ogni grazia e benedizione per i credenti in lui e per tutta l’umanità. La tradizione ci ha fatto vedere nel fianco ferito dalla lancia del soldato, mentre Gesù era ancora in croce già morto, quella fonte inesauribile di salvezza. Da essa nasce la Chiesa, e al pensiero ci sentiamo inondati anche noi immersi in questo flusso di grazia che sgorga dal suo cuore pieno di amore e di volontà di bene per noi, al punto da rendere noi stessi fonte per altri di un bene che scorre senza mai fermarsi. Così riconosciamo nella Chiesa il tempio di cui parla Ezechiele.

Ora quel tempio, la Chiesa, siamo noi, come questa assemblea qui riunita: laici, religiosi, ministri ordinati. Da noi scaturisce la grazia. Ma ecco che l’affermazione si tramuta in domanda. Davvero la grazia scaturisce da noi e passa attraverso di noi verso altri? È una domanda seria, per tanti versi. Davvero la terra attorno a noi è risanata? Di quale terra parliamo? È la terra dei nostri cuori, delle nostre volontà, delle nostre persone, delle nostre comunità. Come Chiesa diocesana e come comunità parrocchiali dobbiamo chiederci se davvero l’acqua che ci inonda provenendo dal Signore ci raggiunge e ci disseta, e se raggiunge altri accanto a noi e li disseta a loro volta.

Vediamo tanto bene attorno a noi, senza dubbio. Pensiamo a quanti ragazzi e bambini che crescono accompagnati dalla guida di educatori, animatori, catechisti; quanti sentono il sollievo che viene dalla vita sacramentale, con la Parola, l’Eucaristia, la confessione, la preghiera; quanti sono sorretti e consolati dalla solidarietà, o anche soltanto dall’accoglienza e dall’ascolto, dall’incontro e dal dialogo che trovano in mezzo a noi. Eppure sentiamo che tante volte quest’acqua di salvezza rimane ferma e inutilizzata, oppure prende corsi e rivoli che non la fanno giungere a destinazione e la fanno perdere. Pensiamo a quante volte quest’acqua viene intorbidita dal nostro egoismo, dalla nostra chiusura, dalla nostra ostilità, dal nostro peccato. E ci vede perfino dissetarci ad altre fonti.

Questo fiume di grazia poi raggiunge il mare e ne risana le acque, raggiunge cioè la società tutta, fatta da quelli che di Chiesa non ne sanno o non ne vogliono sapere. La nostra fede e la nostra vita cristiana, il nostro esempio e la nostra parola, raggiungono davvero tutti come fermento che purifica, disseta, ristora, incoraggia, imprime forza e dà nuova linfa vitale insieme a motivi che spingono verso una società migliore? A volte sembra che questo nostro fiume non giunga mai al mare, che comunità ecclesiale e società civile corrano parallele, senza che la forza del Vangelo faccia sentire la sua potenzialità di trasformazione delle relazioni sociali e della vita comune.

Due compiti allora si presentano dinanzi a noi. Il primo ci tocca direttamente come comunità ecclesiale. Dobbiamo aver cura che la nostra vita ecclesiale e religiosa sia autentica, e non mescolata e deturpata da interessi umani egoistici che poco o nulla hanno a che fare con il senso del tempio, che è Gesù e siamo noi suo corpo. Non ci vuole molto a farsi mercanti del tempio, non tanto per la ricerca di beni materiali (a volte può esserci anche questo!), ma per la tiepidezza, la mancanza di amore al Signore, alla sua parola, alla missione che egli ci affida, e per la perdita del senso del nostro essere sua Chiesa, del nostro essere fatti per lui e vivere per lui e per i fratelli, tutti quelli che incontriamo.

Un secondo compito tocca tutti. Dobbiamo chiederci, ciascuno secondo le proprie responsabilità (e tutti portiamo qualche responsabilità), se stiamo contribuendo a edificare una città, una convivenza nella quale ci sia interesse per il bene di tutti, e non solo di alcuni; una città in cui tutti abbiano i servizi necessari, in cui si sostenga il lavoro, l’abitazione, la salute, l’educazione, perfino l’alimentazione, e tanto altro per tutti. Naturalmente con la partecipazione e l’impegno civico di ogni cittadino, anche bisognoso. Ognuno deve fare la sua parte. C’è bisogno che ciascuno si attivi per rendere migliore e più vivibile il nostro stare insieme, questa nostra città. Ma tutto comincia da qui, dal non pensare solo a sé stessi, bensì anche al bene degli altri e di tutti.

Lasciamoci interpellare dagli anniversari che oggi celebriamo e cerchiamo di portare frutti buoni per tutti noi nel nostro impegno quotidiano.

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