OMELIA
Solennità dell’Assunzione di Maria
S. Maria, Priverno, 15 agosto 2020
+ Mariano Crociata
Quest’anno, forse per la prima volta, dopo non so quanto tempo, non è stato possibile tenere la processione con i buoi che ogni cinque anni va dalla chiesa della Madonna di Mezzagosto fin qui a S. Maria. Le conseguenze dell’epidemia non si sono ancora dissolte e ne paghiamo le conseguenze. Ma in questo modo torniamo ad avvertire, non senza una pena pungente, non solo che il pericolo non è del tutto scomparso, ma soprattutto che non possiamo cancellare la sensazione della nostra fragilità, del nostro essere esposti a un pericolo invisibile da cui tenerci in guardia.
Questa sensazione si incrocia oggi con la festività dell’Assunta evidenziando un contrasto tra la vittoria sulla morte che la risurrezione consegue, fino a rendere Maria partecipe della condizione gloriosa del figlio non solo con la sua anima ma con il suo corpo e con tutta l’umanità che esso porta con sé, e coscienza della precarietà che sentiamo pesare su di noi. Proprio da questo contrasto emerge, con forza maggiore che nelle situazioni ordinarie, ciò che la solennità dell’Assunzione vuole trasmetterci. Vuole infatti annunciarci che la nostra fragile umanità, e la nostra corporeità, è destinata alla gloria della risurrezione, quella gloria che Gesù ha ricevuto e conquistato per primo dal Padre e che Maria riceve in anticipo grazie alla sua unione profondissima con il figlio Gesù.
Credere a questo annuncio non significa che tutta la fragilità che sperimentiamo sia improvvisamente annullata e che ci ritroviamo miracolosamente immunizzati; vuol dire invece che essa non ha l’ultima parola, che sarà vinta, anzi che viene vinta fin da ora a misura del nostro credere fermamente in Gesù e alla sua risurrezione, verso il quale Maria oggi in particolare ci indirizza. In tal senso, l’espressione più bella delle letture di oggi è quella evangelica messa in bocca ad Elisabetta: «E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Maria dunque è beata, gode già della gioia di Dio; il bambino non è ancora nato, la sua storia non si è ancora sviluppata fino al tragico esito e tanto meno fino alla risurrezione, ma ella già gioisce, perché vede nella fede l’adempimento delle parole che Dio le rivolge. Non è ancora assunta in cielo, le resta da vivere tutto delle prove che la attendono al varco dell’incarnazione del Verbo nel suo bimbo Gesù, ma lei già assapora la gioia della vittoria di Dio sul male e sulla morte, la conosce già, ne ha il pegno nella fede incrollabile che la anima e che dà credito a ogni parola che viene da Dio. Perciò può cantare che tutte le ingiustizie e tutte le storture sono capovolte e vinte, lei lo vede già, guardando in profondità la realtà della storia nella luce di Dio.
Senza questa certezza, come possiamo andare avanti? Ci resterebbe solo la forza della disperazione. E invece, la nostra forza è la fiducia incrollabile che Dio compie ciò che dice e promette. Noi siamo chiamati oggi a questa fede, a questa luce, alla medesima gioia. Nel bel mezzo di una fragilità che ci ostacola e ci inquieta, noi siamo per fede pieni della gioia che viene dalla certezza di vedere tutte le parole di Dio passo passo andare a realizzazione. Impariamo a scrutare e riconoscere questa graduale realizzazione, e a favorirla con il nostro impegno e la nostra attiva partecipazione.