OMELIA
Domenica 29 dicembre 2024, Cattedrale di san Marco, Latina
Festa della Santa Famiglia, Apertura diocesana del Giubileo
+ Mariano Crociata
L’apertura diocesana del Giubileo del 2025 nella festa della Santa Famiglia contiene la richiesta di lasciarsi ispirare dalla Liturgia del giorno per raccogliere le suggestioni necessarie a iniziare e a vivere al meglio questo kairós, questo tempo propizio che il Signore tramite la Chiesa ci dona. L’ispirazione fondamentale che viene dalla Liturgia è racchiusa nella figura del figlio: Samuele, il figlio desiderato e atteso oltre ogni umana impotenza e ora offerto a Dio dalla madre Anna; la scoperta del «grande amore [che] ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio»; la sorpresa di vedere Gesù pervenire a una chiara consapevolezza: «che io devo occuparmi delle cose del Padre mio». C’è un che di programmatico in tutto questo, quasi il tracciato di un percorso capace di abbracciare l’intero anno che si dispiega dinanzi a noi.
La prima indicazione la raccolgo proprio dall’idea germinale di figlio, colui che è ancora piccolo e ha bisogno di crescere. Il figlio gode del dono della vita alla presenza del Padre e guarda avanti con la tranquilla fiducia e speranza di andare incontro al futuro, di crescere, di diventare grande. C’è in questo l’invito a riaccogliere la nostra persona e la nostra vita per quello che sono, un dono, e quindi con vivo e costante senso di gratitudine, e insieme con senso di speranza e di fiducia in un futuro di realizzazione e di riuscita. L’anno giubilare può e deve restituirci la capacità di ringraziare, di accoglierci come dono, di andare avanti con speranza e fiducia, sull’esempio di Gesù, il quale «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,52).
Una seconda indicazione proviene dall’esperienza degli errori che comunque il figlio crescendo commette, non solo il figlio cosiddetto prodigo, lo scapestrato, ma anche il figlio maggiore, chiuso nella sua presunzione e nella gelosia. Il merito del prodigo è aver dato ascolto al bisogno di ritorno a casa. Questo è un anno buono per tornare a casa. Noi che siamo in chiesa troppo sbrigativamente pensiamo di essere già a casa, di essere a posto. Ciò di cui abbiamo bisogno è essere a casa con il cuore. E siamo a casa con il cuore quando avvertiamo il pungolo del rammarico per gli errori commessi, per le offese arrecate, per il bene non fatto anche se a nostra portata. Abbiamo necessità di scoprire il bisogno di essere perdonati e di avere fiducia e speranza nel «Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato» (Ef 2,4; anche Gc 5,11).
Una terza indicazione proviene dal cambiamento che la misericordia ricevuta ha prodotto in noi. Una volta perdonati siamo come rinati, restituiti alla nostra autentica e originaria condizione di figli. È la conversione del cuore, che è cambiamento di mentalità e di modo di agire. È il momento in cui decidersi e incominciare a sentirsi veramente figli e a comportarsi come tali. È la nostra scoperta – perché diversamente da Gesù, che cresce senza interruzioni verso la maturità, noi ci arriviamo dopo l’esperienza del peccato e del perdono – di ciò che veramente siamo, e cioè figli, e di come ora dobbiamo fare nostra la nuova consapevolezza che Gesù ha dimostrato a dodici anni nel tempio di fronte ai genitori. Anche per noi arriva il momento di sentire e di scegliere di doverci occupare «delle cose del Padre», del nostro progetto di vita, della nostra vocazione e della nostra missione. E il momento è questo. «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!», ci dice san Paolo (2Cor 6,2). Il giubileo è il momento favorevole, per prendere decisioni e fare progetti di vita nuova per la nostra esistenza personale, per le nostre comunità e per la nostra Chiesa diocesana.
Questo è l’invito del Signore, ed è anche la mia preghiera e il mio augurio.