Omelia per la conclusione della visita di san Tommaso a Cori (07/09/2025 – Cori)

07-09-2025

OMELIA

Conclusione della visita di san Tommaso a Cori

Domenica 7 settembre 2025

+ Mariano Crociata

La conclusione del pellegrinaggio delle spoglie mortali di San Tommaso da Cori in questa domenica getta una luce particolare sulla nostra celebrazione.

Sentiamo l’orgoglio religioso e civile del legame che san Tommaso ha con la sua città di origine. Legittimo orgoglio che tuttavia ha bisogno di altro per raccogliere il significato di questa visita e per aiutarci a raccogliere insieme al significato i frutti di questa celebrazione conclusiva e di congedo. E tra i frutti di un evento singolare come questo sono da mettere in contro soprattutto i propositi. Che propositi abbiamo fatto o vogliamo fare a conclusione di questo tempo di grazia? Penso che sarebbe davvero povera cosa poter dire che san Tommaso è in qualche modo nostro e che ce ne possiamo gloriare lasciando correre il resto dietro un vago ricordo e nulla più.

San Tommaso è peraltro una figura molto semplice, a cui è difficile attribuire cose strepitose e di particolare risonanza, pur essendogli attribuiti dei miracoli. Giovanni Paolo II ha riassunto bene la sua figura quando, nell’omelia della canonizzazione, di cui è trascorso da poco il 25°anniversario, ha detto: “Meditò ed incarnò nella sua esistenza l’esigenza evangelica della povertà e del dono di sé a Dio e al prossimo”. Di fatti la sua vita è trascorsa quasi interamente – più di quarant’anni – a Bellegra, tranne un periodo di sei anni per assolvere a un delicato compito di guida al convento di Palombara Sabina, prendendosi cura di una comunità della sua famiglia religiosa francescana, definita dal nome singolare di ‘Ritiro’, nella preghiera, nella predicazione, nella carità. Ha vissuto in modo esemplare non solo lo spirito francescano nel suo senso originario, ma ne ha animato la ripresa con slancio in queste comunità, chiamate appunto ritiri, nelle quali tenere vivo e incarnare il carisma francescano in tutta la sua autenticità e radicalità.

La storia purtroppo ha conosciuto e conosce, forse anche molto di più nel nostro tempo, il calo della tensione spirituale, la caduta dell’entusiasmo che segue l’avvio di una esperienza nuova originale con il suo senso vivo di una chiamata del Signore a seguirlo con tutta la radicalità e l’amore che egli chiede. San Tommaso questa esigenza di fedeltà alle origini l’ha sentita e vissuta con una passione e una dedizione che non sono mai scemate, non si sono affievolite, ma sono rimaste sempre vive. E tutto questo in una vita comune ordinaria, senza nulla di speciale, in cui le giornate scorrevano in semplicità e apparente monotonia, mentre la mente e il cuore erano tenuti vivi da un amore ardente che non si attenuava mai, nei confronti del Signore, dei fratelli della comunità e dei poveri, rimanendo sempre vivo e infuocato dietro l’esteriore ordinarietà della quotidianità. Proprio tale amore fervido però toccava così profondamente chi lo ha conosciuto che la percezione della santità della sua persona e della sua vita non si poteva spegnere e lo ha accompagnato dopo la morte in misura così forte che perfino a distanza di decenni e di secoli la Chiesa ha sentito il bisogno di indicarlo come modello di santità.

La frase di Giovanni Paolo II, che ben riassume la santità di san Tommaso, fa risaltare spontaneamente la pagina di vangelo che ascoltiamo in questa domenica. Gesù invita a seguirlo mettendolo al di sopra di ogni altra cosa, al di sopra degli affetti più cari e perfino al di sopra della propria vita; e perciò chiede di farsi bene i calcoli, per vedere se ce la si può fare oppure no, anzi se si intende farcela oppure no. E conclude dicendo: “Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo”. Dobbiamo stare attenti a non farci distrarre da ragionamenti superficiali ascoltando queste parole, quasi che Gesù voglia dirci di lasciar perdere famiglia e lavoro, o diventare masochisti o di disfarci della responsabilità di lavorare con giudizio e con decoro. Ciò che Gesù ci chiede è di domandarci che cosa ha veramente il primo posto nel nostro cuore e nei nostri pensieri: se sono io o se è lui. Anche qui bisogna intendersi: mettere Gesù al primo posto non significa fare piazza pulita di tutto il resto, ma significa mettere ordine, e l’ordine giusto, dentro di noi e nel nostro modo di vivere.

San Tommaso questo lo ha fatto in maniera radicale e, in molte cose, anche letterale. Così, si disfa veramente degli averi, si unisce ai discepoli di San Francesco e comincia a vivere come loro. Tommaso accoglie l’invito di Gesù anche nella forma esteriore: è stata la sua vocazione di religioso. Ma nel suo caso, come in ogni altro di risposta alla chiamata del Signore, la forma esteriore dipende dall’orientamento del cuore e dalla scelta interiore di fondo.

Alla fine è questa la domanda che ci lasciano il vangelo e l’esempio di san Tommaso da Cori: vuoi rimanere solo tu, tu da solo, a decidere l’orientamento della tua vita? Oppure ti fidi di Gesù e sei disposto a lasciarti guidare da lui e dal suo vangelo? Tutta la vita cristiana si racchiude in questa alternativa e nella sfida che essa rappresenta.

Se abbiamo tanta gratitudine, tanta devozione, tanta ammirazione insieme a un ricordo indelebile di san Tommaso, è perché capiamo che egli ha fatto la scelta giusta, cioè ha seguito Gesù convinto che solo in lui c’è salvezza e solo sotto la sua guida anche la nostra vita raggiunge il suo obiettivo, la sua piena realizzazione.

Se siamo cristiani tiepidi, è perché abbiamo paura di raccogliere questa sfida. Ma san Tommaso da Cori rimane al suo posto, anche nei nostri pensieri e nella nostra devozione, a inquietarci e a ricordarci che forse ancora non abbiamo fatto la scelta giusta.

 

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