Omelia per Congresso Meic (01/04/2017 – Latina)

08-04-2017

OMELIA

Sabato 1 aprile 2017, quarta settimana di Quaresima

Latina, Congresso MEIC

+ Mariano Crociata

La lettura credente della comunità ecclesiale vede nel profeta Geremia la figura stessa di Gesù, il giusto innocente, ignaro del destino che i nemici gli stanno preparando, e perciò definito “agnello mansueto che viene portato al macello”. Ma il Padre non lo abbandona avvertendolo e mettendolo in guardia dalle trame dei nemici mortali.

Nel Vangelo, infatti, Gesù appare ben avvertito del destino che gli stanno preparando, ma non si sconvolge, attende la sua ora con la certezza di stare nella volontà di Dio, il quale mai lo abbandonerà, perfino quando sprofonderà negli abissi della morte.

Lo svolgimento del brano evangelico ci chiede di cogliere un’altra dimensione oltre questa, e cioè l’atteggiamento degli altri nei confronti di Gesù. Ci sono di quelli che si pongono domande dopo averlo ascoltato, sorpresi dal pensiero che Gesù potrebbe davvero essere il Messia, ma c’è “dissenso” tra loro, ragioni contrastanti si affacciano alla loro mente e nei loro discorsi. Hanno bisogno di elaborare la loro esperienza; hanno bisogno di riflettere e approfondire la loro ricerca.

Di certo, anche quelli che erano venuti per arrestarlo, le guardie, non se la sentono di farlo, perché i discorsi di Gesù sono coinvolgenti, toccanti, non presentano alcun appiglio per compiere un gesto così clamoroso e irragionevole come un arresto. Sono anzi costretti ad ammettere, alla fine, con una buona dose di umana sincerità: “Mai un uomo ha parlato così!”. Anch’essi sono in qualche misura provocati e interpellati dalle parole di Gesù: più del loro mandato di arrestarlo prende forza e prevale ciò che Gesù dice e ciò che egli lascia sospettare di essere. fermo

Infine i capi dei sacerdoti e i farisei, questi sì, non si lasciano impressionare da niente, rimangono fermi e rigidi nel loro pre-giudizio, cioè nel giudizio già emesso e dal quale non hanno alcuna intenzione di tornare indietro. Nessuna ricerca o disponibilità a mettersi in discussione e a confrontarsi con la realtà in essi, nemmeno quando uno di loro, un sacerdote come Nicodemo, richiama all’esigenza minimale di rispetto e di correttezza delle procedure per accertare l’effettiva colpevolezza di un uomo prima della sua condanna; egli richiama alle condizioni essenziali richieste per la conoscenza della verità e della realtà: ascoltare la persona e conoscere i fatti. Sacerdoti e farisei rimangono rigidamente fissati in una presunta verità che non ha nulla a che fare con le testimonianze, con i fatti e con la realtà. Se necessario, essi sono disposti a ignorare, negare o stravolgere la realtà. La verità è quella che hanno in testa: “Ha forse creduto in lui qualcuno dei capi o dei farisei?”, domandano per negare validità alle provocazioni della realtà e dei fatti. E ancora: “Sei forse anche tu della Galilea? Studia, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta!”. È la realtà che deve dimostrarsi conforme alle loro convinzioni, altrimenti rimane per loro inesistente.

Siamo chiamati ora a immedesimarci nei vari personaggi della scena evangelica e a verificare la nostra apertura di mente e di cuore, la nostra disponibilità alla ricerca della verità e all’incontro con la realtà, anche quando questa mette in discussione le nostre fragili certezze; o, all’opposto, constatare se l’attaccamento interessato alle nostre idee precostituite non ci impedisca di vedere la realtà e di incontrare la verità. Ci vuole onestà con se stessi, rettitudine di giudizio e disponibilità interiore, per accogliere la verità.

La pagina evangelica ci dice di tenere aperti gli occhi e il cuore di fronte alla realtà. Certo la realtà deve sempre essere capita e interpretata, ma essa, con i fatti duri che esibisce, costituisce un limite insuperabile per ogni possibile interpretazione. I fatti non sono semplicisticamente la verità; ma la verità non può essere affermata in aperta negazione dei fatti. Questo ha un valore umano generale che oggi, in tempi di post-verità e con l’esplosione di mondi virtuali, viene facilmente messo in discussione, se non dileggiato. C’è un’etica della ricerca della verità che non possiamo saltare, magari dietro la presunta neutralità dei metodi, perché la verità non può essere mai separata dal senso, anche solo semplicemente umano, con cui è strettamente connessa.

E in questa direzione, un altro aspetto che il Vangelo mette in evidenza può risultare illuminante. Senza dubbio nella verità salvifica, riguardante cioè il destino definitivo dell’uomo e quindi l’orientamento decisivo della sua vita, ha un ruolo determinante l’incontro. Conoscere la verità di Dio non è possibile senza incontrare personalmente Gesù. Perfino le sue parole possono essere stravolte o piegate o ignorate se non ci si apre all’incontro con la sua persona che salva. Nello stesso Vangelo di Giovanni, qualche capitolo più avanti sentiremo risuonare dalla sua bocca: “Io sono la via, la verità e la vita”.

Le prospettive che si aprono al nostro impegno di credenti ognuno le tragga nel segreto della sua coscienza. Di sicuro, un gruppo di persone impegnato nell’animazione culturale della comunità cristiana e della società civile come il vostro, le deve assumere come un compito programmatico. 

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