Omelia ordinazione diaconale di Leonardo Chiappini (08/12/2018 – SS. Pietro e Paolo, Cori)

08-12-2018

OMELIA

Ordinazione diaconale di Leonardo Chiappini

Cori, S.S. Pietro e Paolo, 8 dicembre 2018, II Avvento C

✠ Mariano Crociata

La nostra attenzione stasera è tutta presa dall’ordinazione diaconale di Leonardo. Siamo qui per questo e ne siamo tutti intimamente gioiosi: seminario, famiglia, comunità parrocchiale, diocesi.

Che cosa ci vuole dire il Signore suo tramite? Di sicuro che Egli continua ad aver cura di noi, che abbiamo motivo di sperare, che Egli non si è stancato di chiamare e che ci sono giovani che rispondono generosamente mettendosi a servizio della comunità ecclesiale con la loro persona e la loro vita. È ciò che oggi avviene in Leonardo, il quale diventando diacono si dispone a far vivere la Chiesa con la sua collaborazione all’annuncio della parola, alla preghiera e alla vita sacramentale, alla comunione fraterna e alla carità verso i poveri e i diseredati.

Dobbiamo chiederci, ora, quale luce la domenica di Avvento che stiamo celebrando getta sul nostro evento ecclesiale. Dio ci parla insieme attraverso l’ordinazione di Leonardo e attraverso le letture e il tempo liturgico. Osserviamo lo sfondo su cui le scene bibliche si stagliano. Nel brano del profeta Baruc l’ambiente è l’esilio, dal quale egli vede visionariamente ritornare i deportati. Nel Vangelo il tema, dettato dalla citazione di Isaia, è la venuta del Signore e lo sfondo è il deserto, nel quale l’annuncio prende corpo. Dentro le parole delle letture avvertiamo fremere un desiderio, un bisogno di movimento: di partire per tornare in patria, di far trovare la strada percorribile al Signore che viene. Che cosa rompe l’immobilismo di quei luoghi mortali? È la parola: quella del profeta e quella che scende su Giovanni. Dobbiamo scavare nell’evento della parola per trovare la luce con cui il Signore vuole illuminare questo giorno.

Il Vangelo ha un’idea precisa su ciò che può rimettere in movimento: è l’iniziativa di Dio. Ma dove si colloca e in che cosa consiste questa iniziativa? Lo scenario introduttivo è quello di un potere mondiale imponente e inarrivabile, eppure non è lì che il Signore prende l’iniziativa; la prende invece proprio nel deserto. Qui, infatti, «la parola di Dio venne su Giovanni». La speranza viene dal deserto. Nella lontananza dalle mappe del potere e perfino dalla ordinaria presenza umana, Dio fa accadere la sua parola su Giovanni e da tale evento fa scaturire e mettere in movimento tutta una storia. La vita riprende, rinasce la speranza, è vinta l’inerzia e l’immobilità, si scioglie ogni rigidità. E la novità è questa: Gesù comincia la sua attività di predicatore itinerante che annuncia e porta il regno di Dio.

Con un salto possiamo riportarci a noi, perché attraverso questa celebrazione la parola torna a scendere oggi per noi, come la prima volta. Qual è la situazione in cui ci trova? Da quale esilio vuole tirarci fuori? Da quale condizione di immobilità e di paralisi?

Riscontro almeno tre fenomeni che illustrano il nostro stato culturale e spirituale, qualcosa che affligge la società tutta influenzando potentemente anche noi credenti. Tre fenomeni che colgo sulla scia delle tre immagini che il Vangelo riprende dal profeta Isaia: i burroni, i monti e i colli, le vie tortuose.

Il primo di tali fenomeni è una sorta di narcosi o di evasione, la fuga dalla realtà e lo svuotamento da tutto ciò che dà da pensare, di cui è solo un segno, sia pure macroscopico, la diffusione dilagante dell’uso di sostanze stupefacenti. Non se ne fa ormai più tanto clamore, sembriamo rassegnati, come di fronte a una situazione contro cui non si può fare nulla, lasciando che l’esistenza di tante persone assuma sempre di più una forma larvale, assente, da automi. Esperti dicono che aumentano le patologie psichiatriche indotte da uso di droghe, leggere o pesanti non importa. Ma la radice di tutto questo vuoto è spirituale: non si vuole più pensare, si vuole evadere, sempre; ci si vuole scaricare di tutti i pesi della vita: non mi interessa, ci pensino altri.

Ci sono naturalmente anche di quelli che vedono, ma vedono solo i propri interessi. Sono come montagne che accumulano beni e attenzione per sé, incuranti degli altri e dell’insieme sociale, come se la collettività fosse qualcosa che possa andare avanti da sé, per una sorta di automatismo impersonale, indipendente dalla partecipazione e dalla responsabilità di alcuno. Se questi ci vedono, la loro vista è miope, perché vedono solo se stessi e si ingigantiscono da soli, illudendosi di essere delle montagne, in realtà destinati a sgonfiarsi al primo sommovimento collettivo.

E infine, ci sono le vie tortuose che impediscono di procedere, di far passare qualcuno, meno che mai il Signore che viene. Sono le vie dell’immoralità, della corruzione, dell’illegalità, che non riguardano solo la grande malavita, ma anche i piccoli comportamenti che deviano e distolgono dalla retta via del bene e della giustizia.

Qualcuno si chiederà che cosa c’entra tutto questo con la Chiesa e con l’ordinazione di oggi. Ebbene, il Signore vuole scuotere noi, si rivolge a noi e ci chiede in quale misura siamo complici o semplicemente cedevoli verso atteggiamenti e comportamenti che gli impediscono di fare il suo ingresso nella vita e nel mondo di oggi. E poi, non possiamo pensare che i sacramenti e la Chiesa stessa ci siano dati a beneficio privato o come motivo di autocompiacimento. Gesù Cristo, lumen gentium, vuole illuminare tutti attraverso la Chiesa, attraverso di noi, riflesso dell’unica luce per la potenza dello Spirito che opera nel sacramento.

Oggi la parola scende in modo particolare su di te, caro Leonardo, per renderti segno e strumento di un nuovo inizio, per te e per la Chiesa. La tua ordinazione, e prima ancora la tua persona, diventa richiamo per tutti noi alla diakonia che la Chiesa deve rendere al mondo, perché siano colmati i vuoti del non senso, siano abbassati i monti dell’autosufficienza e del ripiegamento su di sé, siano raddrizzati i cuori e i cammini di quanti hanno deviato dalla giustizia così che vengano invece costruite vie di rettitudine.

Oggi non conquisti uno status, vieni invece sacramentalmente coinvolto in una itineranza dietro a Gesù. La liturgia consegna a te e a noi tutti uno sguardo e uno stile spirituale: la parola non scende su di noi perché noi possiamo farcene padroni, e con essa i sacramenti e i poveri. Non siamo noi a portare la parola, i sacramenti, i poveri; sono questi – i poveri, i sacramenti, la parola – a portare noi, se impariamo, dopo averli avuti in consegna, ad affidarci ad essi in piena disponibilità e fiducia.

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