OMELIA
Domenica 18 dicembre 2022, IV Avvento A
Anniversario della dedicazione della cattedrale
e della fondazione della città di Latina
+ Mariano Crociata
La ricorrenza congiunta della dedicazione della cattedrale e dell’anniversario della città di Latina impone di coniugare dedizione al Signore nella Chiesa e passione per la città. Sì, perché come credenti non possiamo dissociare le due responsabilità e, anzi, dobbiamo mostrare nella condotta sociale e civile l’autenticità della nostra fede e della nostra appartenenza ecclesiale. Disinteressarci della città ci taglia fuori anche da un genuino senso di fede e di Chiesa.
Oggi possiamo mettere in evidenza solo un punto di tale intreccio di responsabilità, un punto che ci viene suggerito sia dalla prima lettura che dal vangelo. Sia il comportamento del re Acaz, che rifiuta il segno offerto da Dio, sia Giuseppe, che giunge lentamente con la luce che viene da Dio ad accogliere Maria e la sua maternità, ci dicono il bisogno che abbiamo di riflettere attentamente e valutare ciò che accade a noi e attorno a noi, per poi giungere a prendere la decisione giusta.
Il re Acaz non vuole sentire il profeta mandato da Dio perché ha già fatto i suoi calcoli e valutato come difendere al meglio i suoi interessi decidendo di allearsi con l’Assiria, ma i suoi disegni si riveleranno fallimentari. Giuseppe, invece, si trova con l’animo diviso tra l’amore per Maria e l’amore per la Legge, cioè per Dio e la sua volontà. Questa prescrive la lapidazione per un’adultera, ma egli si fida di Maria e le vuole troppo bene per esporla a un simile rischio, perciò, di fronte a una maternità a cui lui è estraneo, decide di chiudere la questione in maniera riservata, rimandandola alla sua famiglia.
Ma il suo animo è inquieto; non sa che cosa pensare e non vorrebbe in alcun modo veder soffrire Maria. Alla fine dà credito a quanto ella gli dice e, con un senso di fede in Dio che lo illumina e condivide con Maria, si rende conto di quale sia il significato di questa maternità e di quale sia il bene della madre e del bambino; perciò non esita più e abbraccia la responsabilità di una famiglia, diversa da quella che aveva pensato ma portatrice di un bene che non può essere più solo il suo bene privato, ma si allarga a un bene di gran lunga più grande, secondo un disegno che lo supera infinitamente perché di Dio: «salverà il suo popolo dai suoi peccati», dice l’angelo, spiegando il nome che il bambino porterà.
Abbiamo, così, dinanzi a noi due modi di valutare e di decidere, l’uno mosso da un calcolo preoccupato solo di sé, l’altro retto e desideroso di capire dove sta il bene, pronto a sceglierlo e abbracciarlo. Interessante notare come tutte e due le situazioni riguardino il concepimento e la nascita di una nuova creatura. Questo significa tre cose, che dobbiamo sempre tenere presenti. La prima vuole dire che qualcosa di nuovo accade a partire da una persona. È dalla persona che tutto può ricominciare. La seconda ci aiuta a capire che non bisogna diffidare degli umili inizi, dei piccoli segni del nuovo. Nella logica di Dio, si comincia sempre dal piccolo e dal poco. La terza ci svela che prendersi cura di una persona, soprattutto se piccola e fragile, equivale a prendersi cura del mondo intero, di tutta l’umanità. Chi è capace di amare e proteggere con cuore generoso una singola creatura, ha a cuore il bene di tutti, non solo il proprio o quello dei pochi che gli stanno attorno.
Il messaggio che giunge a noi oggi è, allora, che questa città, come pure la nostra comunità ecclesiale, ha bisogno di uomini e donne che si ricordino di queste tre cose: che si ricomincia dalla persona, dalla cura del piccolo, dal desiderio che ci sia del bene per tutti.
Dobbiamo crescere nella capacità di visione e di progetto per la nostra comunità ecclesiale e civile, imparare ad amarla, avere l’orgoglio di appartenerle e l’ambizione di contribuire a farla crescere e di assumersene la responsabilità.