OMELIA Natale 2024
Messa della notte
+ Mariano Crociata
Questa celebrazione nella notte ha sempre qualcosa di speciale, qualcosa come un incanto. La Chiesa ha voluto conservare in alcune poche occasioni, come appunto il Natale, questa scelta allo scopo di custodire il carattere speciale e di mistero che è proprio della Veglia. Approfittiamo di questo clima, che non è solo atmosferico o psicologico, per raccogliere qualcosa della verità che per noi essa racchiude.
Se tutti noi qui presenti siamo venuti è perché in qualche modo siamo convinti che ciò che stiamo compiendo è importante, è ancora importante per noi. Vorrei provare, solo per due aspetti del Natale, a dare parola alla nostra percezione, che spesso rimane confusa. Il Natale è di una attualità straordinaria, sul piano della nostra esistenza personale e sul piano, a volte drammatico, della vita umana nel mondo di oggi.
Per un verso, infatti, esso ci riporta al mistero della nascita, e quindi anche della nostra nascita o di quella dei figli, dei nipoti, dei bambini che ancora grazie a Dio vengono messi al mondo. C’è sempre qualcosa che sa di incanto, di meraviglia, in ogni nuova nascita. Sentiamo che il concepimento e il venire alla luce di ogni nuova creatura segnano una zona di confine verso un oltre che è il non esistere, o il non esistere ancora. Ci rendiamo sempre meglio conto di come qualcosa di irrisorio separa ciascuno di noi dalla possibilità di non esistere e sentiamo che il nostro esserci, e l’esserci di ogni nuovo nato è un miracolo, qualcosa di imponderabile e non riducibile a calcolo, una pura e inaudita sorpresa. E questo pur con tutti i calcoli messi in conto, con tutte le previsioni, perfino con tutte le terapie e le tecniche biologiche che tendono a manipolare e a fare anche della nascita una produzione come le altre. La persona è sempre un miracolo, unico e irripetibile. E il senso di meraviglia che quasi ci inebetisce lascia sospesa la domanda: ma come è possibile? E che cosa sono? Che cosa siamo? Perché ci sono? Che cosa ci sto a fare? Il Natale è necessario anche perché tiene vive e aperte queste domande, senza le quali viene meno la nostra umanità. Perché la nostra umanità è intimamente legata alla capacità di percepire che c’è un oltre, che non ci basta ciò che vediamo, tocchiamo, pesiamo. Sia esso solo fonte di inquietudine o sia la fede in una consolante presenza, senza quell’oltre non saremmo noi stessi.
Ma c’è un altro aspetto che ci dice la necessità del Natale. Se guardiamo infatti attorno a noi, vicino o lontano, dalle cronache locali ai conflitti che non conoscono tregua a Natale nemmeno tra cristiani, ci accorgiamo di non avere ancora imparato a vivere da umani e di non essere capaci di farlo da soli. Con tutto lo sviluppo tecnico, scientifico e informatico che abbiamo raggiunto, la nostra umanità conosce una guerra continua, con le armi o senza armi. Non è cambiato molto da quella che con senso di sufficienza chiamiamo età della pietra, perché di quella età ciò che è cambiato è solo la sostituzione della pietra con mezzi e armi sempre più sofisticati, perché il livello sociale e morale è rimasto sempre lo stesso. Abbiamo dimenticato così in fretta i milioni e milioni di morti delle due guerre mondiali e tutti i disastri che le hanno accompagnate, che ora non ci accorgiamo nemmeno che il pericolo ci sfiora e continuiamo incoscienti proprio con quel sistema di vita che produce solo conflitti e alla fine guerre. Non abbiamo ancora imparato a vivere veramente da umani, e la guerra ne è solo il segno più clamoroso e incontrovertibile.
Abbiamo bisogno di imparare ad essere umani. Ed è per questo che il Figlio di Dio si è fatto uomo. Perché da soli non ce la facciamo. Ci voleva uno che ci mostrasse come si vive in maniera veramente umana, che ce lo facesse vedere con un esempio inequivocabile. E non solo. Ci voleva uno che ce ne desse la capacità, diciamo più esattamente: che ci desse la grazia e la forza di apprenderlo e di praticarlo.
Sono colpito dal fatto che in questo nostro tempo, che alcuni ormai definiscono come post-cristiano, siano tanti gli intellettuali e gli uomini di cultura i quali, pur continuando a dichiararsi e ad essere non credenti, tuttavia si dedicano con passione a conoscere e far conoscere i vangeli e Gesù stesso che ne è il protagonista, per scoprire e far scoprire come si fa ad essere veramente umani sul suo esempio. Forse dobbiamo prendere esempio da loro e dal loro entusiasmo.
Perché Gesù non ci ha insegnato una nuova religione, ci ha ricordato e mostrato come si vive da creature di Dio, da esseri usciti dalle mani di Dio, da umani che si riconoscono figli di un Creatore che è disposto a perdere il proprio Figlio per guadagnare il più possibile sempre nuovi figli.
Non dimentichiamo che siamo stati creati per amore e che nessuno ci conosce meglio e più di chi ci ha creati. Nel Natale contempliamo tutto questo e con infinito stupore scopriamo l’amore di Dio per noi che fa di tutto per vederci felici, di quella felicità di cui il bambino appena nato è il portatore per eccellenza e che non vede l’ora di crescere per donarla a tutti quelli che incontrerà. Lasciamoci incontrare da Gesù: è l’augurio di questo Natale e di ogni vero Natale.