OMELIA
Mercoledì delle Ceneri
Latina, cattedrale di san Marco, 1 marzo 2017
+ Mariano Crociata
Conversione è una parola che ben riassume il senso di questa celebrazione e dell’intera Quaresima. Ad essa la Chiesa dedica un tempo speciale per ricordare ed educare all’esigenza di una continua conversione: un tempo che, preparando alla Pasqua, fa rivivere e riappropriare il cammino catecumenale e riscoprire il battesimo.
Che cosa significa conversione? La parola contiene almeno due significati: il primo indica il cambiamento di direzione richiesto da una perdita di orientamento che ha fatto andare – poco o molto – fuori strada. Particolarmente attuale risulta tale significato, tanto è diffuso un senso di smarrimento, di incertezza, di confusione su che cosa sia giusto pensare e fare, su quale sia la meta e come camminare con decisione verso di essa. A tale significato è strettamente legato un secondo, che indica il convergere verso una unità smarrita. Anche questo significato tocca intimamente l’attualità culturale e spirituale, con le lacerazioni che attraversano la vita delle persone, divise tra mille tensioni e attrazioni, travolte da occupazioni e preoccupazioni che ne disperdono ogni centro interiore e ogni punto di riferimento. Siamo in un incessante cammino di unificazione personale.
Conversione significa, dunque, ritrovare inseparabilmente Dio e se stessi, poiché quando ci si allontana da Dio anche il rapporto con se stessi viene inesorabilmente smarrito. Nessuno si può sottrarre a tale esigenza, come chiaramente ricorda la pagina di Gioele, per il quale piccoli e grandi, sposi e sacerdoti hanno tutti bisogno di essere perdonati e riconciliati con Dio.
Come si compie il cammino di conversione? Esso ha un carattere concreto che si trova esemplificato nell’elemosina, nella preghiera e nel digiuno, opere penitenziali tipiche del giudaismo e riprese da Gesù in un’ottica originale genuinamente centrata su un senso vivo di Dio e di autentica relazione con lui. Anche le opere più religiose, come quelle elencate nella pagina evangelica, possono essere compiute per se stessi, e non per Dio e per il prossimo. Se si può fare elemosina, pregare e digiunare per apparire e non per Dio solo e per i fratelli incontrati, allora la conversione è qualcosa di più profondo di una semplice e materiale pratica esteriore, poiché invece tocca intimamente il cuore della persona, il motivo e lo scopo per cui ciascuno pensa e agisce. Sta lì la differenza fondamentale dei due atteggiamenti tra i quali bisogna convertirsi passando dall’uno all’altro, dal fare cioè le cose per se stessi al farle per Dio e per il prossimo, dal pensare solo a se stessi all’amare Dio al di sopra di tutto e il prossimo come se stessi.
La conversione consiste nel cambiamento del centro, passando dal mettere se stessi al centro a scegliere l’amore di Dio e dei propri simili come primato della propria vita. Essa consiste in un processo di decentramento, nell’accogliere Dio e gli altri e nell’aprirsi a loro sempre di più. Il paradosso sta nel fatto che quanto più si rimane ripiegati su se stessi tanto più ci si disperde e ci si smarrisce, interiormente dilaniati ed esteriormente disorientati. Al contrario, quando ci si apre a Dio e agli altri in un ascolto e in una accoglienza crescenti, allora si ritrova la strada, il senso dell’orientamento e la meta, soprattutto si ritrova se stessi in una recuperata armonia personale e unità interiore.
La Quaresima è in grado di educarci a tale continua conversione che allarga la mente e il cuore a Dio e ai fratelli. Le pratiche che essa suggerisce siano compiute con lo spirito di chi desidera uscire dal proprio egoismo e vincere le proprie chiusure, per imparare a vivere nell’apertura accogliente e nella piena dedizione.