OMELIA
Domenica XXIV TO A
Borgo Podgora, 17 settembre 2017, ingresso del nuovo parroco
+ Mariano Crociata
La nostra celebrazione costituisce l’inizio del ministero di parroco in questa comunità di don Livio Di Lorenzo. L’attenzione di tutti è giustamente rivolta al cambiamento che in questa maniera si compie, nel passaggio da un parroco a un altro, e agli effetti che esso è destinato ad avere. L’importanza che il ruolo pastorale riveste nella vita della Chiesa, ad ogni livello, è tale che la dimensione personale è insuperabile e, anzi, qualifica lo stesso servizio pastorale. Spesso, però, non ci rendiamo conto di che genere di opportunità proprio questa circostanza rappresenta. Soprattutto se guardata da ambedue i versanti, e cioè dal versante della persona del parroco e da quello delle persone che compongono la comunità. L’unico modo per cogliere appieno tale opportunità è portare il nostro sguardo all’altezza della fede.
Spostiamo il nostro angolo di visuale, per comprendere che l’interazione non si svolge solo tra parroco e comunità (per non parlare anche del ruolo della chiesa diocesana e del vescovo), perché l’attore principale e il punto di riferimento invisibile ma realissimo è il Signore della Chiesa, Gesù Cristo risorto. Ciò che può apparire il risultato di dinamiche gestionali e organizzative nel disporre delle risorse personali in campo per far fronte al fabbisogno pastorale, è piuttosto la manifestazione sociale di un percorso di grazia che è il Signore stesso a tracciare, anche per me vescovo che posso illusoriamente apparire come il solo regista.
Pertanto, l’unica domanda seria che si può porre in questo momento a don Livio e alla comunità parrocchiale di S. Maria di Sessano è: che cosa vuole il Signore da te e da voi in questo passaggio di mano di ministero? In un certo senso si incontrano due storie, senza dubbio molto diverse tra loro, quella di un prete e quella della comunità ecclesiale di questo borgo. Due storie che ora sono chiamate a fondersi per realizzare insieme qualcosa di nuovo, non in rottura ma in continuità con il passato e, allo stesso tempo, in corrispondenza di ciò che sta crescendo ed evolvendo verso il futuro che avanza. Avverto tanto più questa istanza, quanto più è vero che questo borgo custodisce una sua peculiarità originale quanto a laboriosità, creatività e sviluppo umano e sociale, come pure quanto a solidità di vita ecclesiale e di crescita del tessuto comunitario della parrocchia, con una ricca partecipazione e condivisione di famiglie, di giovani, di persone di ogni generazione ed estrazione.
È un patrimonio di valore quello che avete tra le mani. In un certo senso, in questo momento il Signore consegna questo patrimonio a te, don Livio, ma lo riconsegna anche a voi, cari parrocchiani di S. Maria di Sessano, perché insieme ne siate non tanto gelosi custodi quanto soprattutto oculati investitori. Comincia una nuova tappa. Sentiamo profonda gratitudine per quanti hanno operato in questa comunità, sia come pastori fino a don Enrico, sia come religiose e laici che si sono spesi con grande generosità per la parrocchia. Adesso sentiamo l’appello di questa nuova tappa che oggi prende avvio. Il succedersi delle persone è uno stacco, sempre in qualche modo doloroso, ma è anche una sorta di parto, perché comincia una nuova vita, intendo della comunità. Quello cristiano è un cammino di sempre nuove rinascite. Sono le vicende della vita a costringerci a morire e rinascere. Non è forse questa la logica dell’esistenza cristiana a partire dalla sua radice battesimale? E ricominciare è sempre un po’ rinnovare la propria mai definitivamente compiuta conversione, che è la cosa che ultimamente il Signore sempre ci chiede.
È importante l’animo con cui ci atteggiamo e ci apprestiamo a questo nuovo inizio. Le letture di oggi ci aiutano a capirlo in maniera formidabile. Esse parlano di perdono, e quindi delle nostre reciproche relazioni; ma parlano di noi stessi, del nostro animo di fondo, del nostro rapporto con Dio. Come ripetiamo nel Padre nostro, il Vangelo ci dice che il perdono di Dio verso di noi è intimamente legato alla nostra disponibilità a perdonarci a vicenda, gli uni gli altri. Ma Dio non intende metterci di fronte a un ricatto: se tu non perdoni il prossimo, io non ti perdono. Dio ci mette, piuttosto, di fronte alla realtà del nostro cuore, della nostra coscienza, del fondo del nostro animo: come ci rapportiamo con Dio e con gli altri? Come ci atteggiamo nei loro confronti? Quale orientamento di fondo nutriamo dentro di noi verso l’uno e verso gli altri?
Il Signore ci vuole dire che il nostro cuore è indivisibile: se accogliamo davvero il perdono di Dio, non possiamo non perdonare il nostro fratello, perché non possiamo farne a meno con un cuore pieno della misericordia di Dio. Il problema è che troppe volte il perdono di Dio non lo accogliamo veramente, non gli permettiamo di toccarci e trasformarci con la sua misericordia. Le nostre confessioni sono troppe volte riti formali per metterci a posto con noi stessi, strumenti di rassicurazione psicologica, tentativi maldestri di fare ordine in una vita o in una interiorità non troppo ordinate. Siamo lontani dal far diventare la confessione un passaggio di vera conversione e l’incontro con la misericordia di Dio un evento che ci trasforma intimamente per renderci distaccati e liberi, tanto da non far conto delle offese ricevute, ma piuttosto desiderosi di trasmettere un po’ dell’amore di Dio a chi ci passa accanto. «Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?». Abbiamo bisogno di preghiera e di pietà, di preghiera e di misericordia.
Non mi sembra fuori luogo applicare questo invito alla circostanza che ci vede qui riuniti. Nella vita di una comunità, molto dipende dall’animo con cui ci atteggiamo gli uni nei confronti degli altri. Ci vuole un animo positivo, un atteggiamento costruttivo e generoso per costruire comunità. Ci vogliono preghiera e misericordia.