Omelia ingresso don Alessandro Trani, parroco di Madonna di Pompei (23/09/2018 – Ceriara di Priverno)

23-09-2018

OMELIA

Domenica 23 settembre 2018 XXV TO B

Ingresso di don Alessandro Trani a Ceriara di Priverno

+ Mariano Crociata

La celebrazione di oggi segna un passaggio significativo per la comunità parrocchiale di Madonna di Pompei a Ceriara di Priverno e per don Alessandro Trani. Per te, caro don Alessandro, perché torni a guidare una comunità; per questa vostra comunità, cari fedeli di Ceriara, perché ricevete una nuova guida pastorale, dopo che per un certo numero di anni siete stati sotto la responsabilità del vicario foraneo, don Giovanni Gallinari, accompagnati da un sacerdote collaboratore come vicario parrocchiale, che negli ultimi due anni è stato don Giovanni Castagnoli, ai quali esprimiamo la nostra viva gratitudine e per i quali chiediamo al Signore di ricompensare le loro fatiche.

È un passaggio che fa appello alla vostra comune responsabilità, di parroco e fedeli, perché chiede da voi impegno a camminare con le vostre forze, crescendo nella reciproca collaborazione, senza per questo isolarvi, nonostante la dislocazione extraurbana, né dalle altre comunità parrocchiali della città né tantomeno dalla diocesi. La vostra comunità è cresciuta in tanti aspetti, per questo sappiamo che la nostra fiducia è ben riposta.

Dovete avere sempre presente qual è la missione di una comunità parrocchiale: rendere presente la Chiesa e la sua missione in una determinata porzione della diocesi, nella quale il successore degli apostoli, con la cooperazione dei presbiteri, assicura la continuità della guida di Cristo buon pastore tra i suoi discepoli. La presenza del Signore si manifesta nella fede che viene coltivata in quanti l’hanno già ricevuta in dono e nell’annuncio che viene trasmesso a quanti ancora non l’hanno fatta propria. Ascoltare la Parola di Dio, celebrare i sacramenti, in modo particolare l’Eucaristia, crescere nella reciproca carità e nella comunione fraterna, senza dimenticare i poveri e i deboli che vivono ai margini: tutto questo assicura l’adempimento di una missione che è del parroco ed è vostra non per un possesso di qualche titolo, ma per l’affidamento che ve ne fanno il Signore e la Chiesa.

Le letture di questa domenica non ci parlano del servizio del parroco né del rapporto tra lui e la comunità, ma ci riportano alle esigenze fondamentali della vita cristiana personale e di comunità. In particolare ci fanno riflettere sul perché non possiamo considerare il nostro essere (quando lo siamo) persone buone, corrette, giuste, un titolo di merito che ha diritto a riconoscimenti e premi. Come è capitato a Gesù, dobbiamo sapere che la fedeltà al bene e alla volontà di Dio ci espongono a rifiuti e persino ostilità. Gesù per primo lo ha sperimentato, decidendo di abbracciare liberamente e coraggiosamente la via della croce; è questo il senso della sua predizione della passione e della morte: egli abbraccia ciò che gli viene incontro, minacciandolo, per amore del Padre e in adesione fedele alla sua volontà.

Come i discepoli, anche noi facciamo fatica a capire. Perché, se mi comporto bene, mi deve succedere questo? Perché devono ricambiarmi così? Sono le domande che a volte sentiamo dentro di noi, alle quali non abbiamo risposta, se non la certezza di rivivere l’esperienza di Gesù. Dobbiamo in ogni caso stare attenti che, in assenza di ostacoli e persecuzioni, non cadiamo nell’errore che commettono gli apostoli, i quali – insensibili al drammatico messaggio di Gesù – si preoccupano solo di come fare carriera, di come diventare importanti e prendere i primi posti. L’errore degli apostoli in realtà continua ad essere ripetuto anche oggi. Anche nella Chiesa – e non solo in generale nella società – in quella dei grandi dignitari ecclesiastici e in quella delle piccole parrocchie, si vedono pure simili comportamenti: sgomitare e darsi da fare per emergere.

A questo riguardo risultano particolarmente pungenti le parole di S. Giacomo: «dove c’è gelosia e spirito di contesa, c’è disordine e ogni sorta di cattive azioni», con tutto quel che segue, come abbiamo ascoltato. La soluzione c’è e la troviamo ancora nel Vangelo: «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti». Qui arriviamo al punto decisivo. Troppo spesso dimentichiamo che Gesù si è fatto ultimo e servitore, ed è così facendo che egli si manifesta per ciò che è veramente, il primo. Egli invita ad accoglierlo come un bambino e ad accogliere i bambini come fossero lui in persona, e i bambini sono certo i piccoli, ma sono anche le persone più fragili, più in difficoltà, quelle che hanno bisogno dell’aiuto di altri per andare avanti, e si fidano e si affidano, perché egli si è fatto uno di loro, come loro.

Il segreto allora sta nel diventare come bambini, perché poi – scava scava – tutti siamo piccoli e fragili, bisognosi di tutto, anche se non alla stessa maniera. E il segreto lo ha svelato e praticato Gesù, il quale è stato nei confronti di Dio come un bambino pieno di fiducia nel padre, nel proprio papà. Egli ha fatto esperienza di avere bisogno di tutto ed è vissuto nella fiducia pura e incondizionata che solo da Dio Padre poteva avere sicurezza e da lui riceveva tutto ciò che lo faceva vivere e andare avanti.

Don Alessandro viene a voi non come il nuovo padrone, ma come il servitore della Chiesa che vi aiuterà a coltivare questa fede da bambini che il Vangelo ci chiede, e perché, così facendo, impariate a sentirvi fratelli, sotto la sua guida e il suo esempio, fratelli in quanto figli, bambini, dell’unico Dio, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, al quale affidare sempre di nuovo la nostra vita, per far crescere relazioni fraterne e spirito di famiglia.

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