OMELIA
Incontro di preghiera dei catechisti in Avvento
Sabaudia, 20 dicembre 2016
+ Mariano Crociata
È importante tenere viva in noi la coscienza del significato di questo incontro, inseparabilmente tra di noi e con il Signore, con l’unico scopo di riandare alle radici del nostro servizio ecclesiale come catechisti. Non siamo qui per un adempimento dovuto, ma come mossi da un bisogno interiore, da un desiderio che a volte si fa lancinante, come quando parliamo a tu per tu con il Signore e gli presentiamo la nostra fatica e le nostre gioie, soprattutto quei momenti in cui sembra che non abbiamo concluso niente e che i ragazzi affidati si sono solo annoiati o sono rimasti distratti o non mostrano alcun interesse o altro ancora. Signore, ti chiedo perché mi hai messo a questo posto, come posso servirti meglio, che cosa devo cambiare, che cosa vuoi dal mio servizio di catechista.
Il Signore ci vuole rispondere e lo fa anche con la parola e la preghiera di stasera. Proponendoci una figura tipica dell’Avvento, quella di Giovanni Battista (Is 40,3-5; Mt 3,1-7a.11), ci dice due cose. E innanzitutto che noi per primi abbiamo bisogno di accogliere il Signore, di farci aiutare a preparargli la strada, di ascoltare l’invito che i ‘Giovanni Battista’ che Egli ha messo sulla nostra strada ci rivolgono. A volte penso che questa reale preoccupazione – nel senso di attenzione prioritaria – avrebbe un influsso straordinario sui nostri ragazzi, perché basterebbe da sola a trasformare profondamente il nostro impegno ecclesiale e la nostra catechesi. Ciò che trasmettiamo agli altri riceve la sua impronta decisiva da quanto viviamo e portiamo dentro di noi come più profondo e urgente. Perciò dobbiamo chiederci come stiamo vivendo l’Avvento, come stiamo preparando la via al Signore che vuole venire a incontrarci e a visitarci.
La seconda cosa che la Parola ci dice stasera riguarda i ragazzi a noi affidati e in genere le persone a cui indirizzate la vostra catechesi. L’umiltà del Battista ci dà la misura e il criterio del nostro atteggiamento: viene uno più grande. Non siamo noi i protagonisti. È Dio che conduce il cammino e che si fa strada nel cuore delle persone consegnate alla nostra guida e responsabilità. Dobbiamo accostarci a loro e trattarle come un luogo sacro, come uno spazio per il mistero della presenza e dell’azione di Dio. Di fronte a ognuno dovremmo chiederci: che cosa Dio sta facendo in questo ragazzo? Come gli sta parlando? E lui come sta rispondendo? Che cosa egli percepisce dell’iniziativa di Dio nella sua vita? A volte la sensazione immediata è che non ci sia nulla e che non accada nulla, ma si tratta di un inganno, di una illusione ottica, di uno sguardo prevenuto, superficiale, insensibile o, semplicemente, inadeguato, perché alla fine Dio, anche Dio negli altri, ci sfugge. Che cosa possiamo fare, allora? Il Vangelo suggerisce due parole: convertirsi, raddrizzare. Sono due parole vertiginose: chi può fare alcunché per la conversione e il raddrizzamento di qualcuno se lui stesso non riesce ad arrivare alla consapevolezza e alla decisione necessaria per compiere simili passi? Si tratta di cominciare a chiedersi come favorire la conversione e il raddrizzamento, e per farlo con una qualche probabilità di successo bisogna porsi in ascolto per capire la persona, per ascoltare il suo cuore, intuire la sua storia, accogliere la sua fatica e la sua gioia, e presentare tutto al Signore che ce li riaffida insieme al dono di una sensibilità spirituale accresciuta per il mistero della persona che cammina con Dio o, meglio, con cui Dio sta camminando.
Siamo strumenti di Dio e compagni di strada dei nostri fratelli. Accogliamo sempre di nuovo la sua chiamata e le persone affidate come suoi tesori preziosi.