OMELIA
Festa di S. Maria Goretti
Latina, parrocchia S. Maria Goretti, 8 luglio 2021
+ Mariano Crociata
Ogni anno la festa di S. Maria Goretti si presenta con un nuovo tratto di attualità che aiuta a scoprire la ricchezza della sua figura di santità. Uno dei temi ricorrenti nel dibattito pubblico degli ultimi tempi è quello dell’obiezione di coscienza, contro cui insorgono venti diretti alla sua restrizione, se non alla sua negazione. Non è di questo che intendo parlare, però, ma solo prenderne spunto. Anche perché l’accostamento a S. Maria Goretti non sarebbe appropriato, dal momento che lei non ha compiuto un gesto di obiezione di coscienza, come è stato invece per le vergini e martiri, per esempio, dell’antichità romana, come Agnese, Agata, Lucia, le quali hanno dovuto opporsi all’imposizione di una legge che pretendeva l’adorazione dell’imperatore.
Nel suo caso si tratta di resistenza a un tentativo di violenza. E tuttavia la coscienza c’entra, e non marginalmente. Infatti, è la sua coscienza, maturata nonostante la giovanissima età e in proporzione all’età, che le impone di opporsi e di resistere agli allettamenti, prima, e alle minacce, poi, di chi voleva usarla, per soddisfare il suo istinto e le sue voglie. Quello che si consuma, potremmo dire, è lo scontro tra la coscienza e l’istinto. Da un lato, la coscienza di sé, della propria integrità e dignità, nonché dei principi e dei valori che stanno alla base di quella dignità umana sostenuti dal Vangelo e dalla fede cristiana; dall’altro lato, l’istinto cieco e incontrollato, l’incapacità di frenare la bramosia, il capriccio che annebbia il cervello, l’appetito che esplode disordinatamente e senza capacità di controllo di sé. Non è lo stesso meccanismo che sta alla base, anche oggi, di tante violenze specialmente contro le donne?
Dobbiamo svolgere correttamente questo confronto, poiché coscienza e istinto sono corredo personale di ogni essere umano. Anche Maria Goretti possiede degli istinti, come il Serenelli non è privo di coscienza morale. La differenza è che, nella prima, la coscienza è stata educata e formata a guidare la persona e a governare gli istinti, perché le sue azioni rispondessero alla sua volontà, e non fossero il risultato di un cieco impulso e di una spinta animalesca (con tutto il rispetto per gli animali) priva di giudizio e di razionalità. Questa educazione evidentemente mancava nel caso dell’aggressore.
Ciò su cui dobbiamo riflettere ora è che, quanto accaduto all’assassino di Marietta più di un secolo fa, oggi non solo accade ma viene teorizzato. Così facendo non ci si rende conto degli effetti non solo personali, ma anche sociali, che ciò produce. Se i nostri bambini vengono cresciuti – quando le cose vanno in questa maniera – secondo il principio che non devono essere educati, corretti, indirizzati, ma al contrario devono potersi esprimere senza che venga loro posto alcun limite, come volete che agiscano di fronte ad un impulso irresistibile che nessuno ha insegnato loro a frenare, controllare, orientare? Senza arrivare agli estremi della violenza fisica, il risultato è l’alterazione dei rapporti interpersonali sempre più improntati alla ricerca della utilizzazione dell’altro – chiunque egli sia – come un oggetto di cui servirsi per soddisfare i propri capricci, bisogni, desideri, attese. L’altro non è più una persona da trattare come vorrei essere trattato io al suo posto, ma un oggetto da usare a piacimento, perché tanto ciò che conta è la soddisfazione dei miei impulsi, da quelli più elementari a quelli socialmente più accettabili. Ma questa può diventare la strada maestra per ridurre la convivenza sociale a una lotta spietata di tutti contro tutti.
Dalla festa di S. Maria Goretti viene, dunque, un invito a intendere bene il ruolo della coscienza nella vita personale e nella vita sociale, e a trarne le conseguenze per una azione adeguata innanzitutto sul piano educativo. Non è una aggiunta secondaria l’osservazione secondo cui se la piccola Maria ha sviluppato ben presto una tale coscienza di sé e della sua dignità, ciò non è frutto di una generica educazione, ma di una educazione qualificata in senso cristiano, accompagnata dalla fede in Dio, dall’amore per Gesù, dall’esempio e dall’intercessione di Maria e dei santi. C’è nella nostra fede, e nell’esempio che ce ne dà S. Maria Goretti, non solo la risorsa decisiva per dare senso alla nostra vita e per orientarla al bene supremo e alla riuscita definitiva, ma anche la condizione imprescindibile per una convivenza sociale e civile più autentica e serena per tutti. Dobbiamo essere avvertiti di questa indivisibile responsabilità e adoperarci per assumercela fino in fondo. Come cristiani, non potremo mai accontentarci di un culto separato dalla vita, ma sentiremo sempre imperiosa l’esigenza di contribuire in maniera decisa a una società migliore, di tutti e per tutti, basata – per noi – sul dono di sé e sulla dedizione agli altri senza differenze di persone ma con un amore generoso e disinteressato.