Omelia festa di S. Maria Goretti (05/07/2020 – Casa del Martirio, Le Ferriere)

05-07-2020

OMELIA

Le Ferriere, Casa del Martirio,

domenica 5 luglio 2020 XIV TO A

Festa di S. Maria Goretti

+ Mariano Crociata

Nel settantesimo anniversario della canonizzazione, S. Maria Goretti torna a parlarci con voce se possibile ancora più toccante, tanto più sull’onda delle parole della Scrittura che la liturgia oggi propone. Scrittura e vita si illuminano a vicenda come non mai in questo incontro domenicale.

Con il profeta Zaccaria, Maria Goretti condivide l’esultanza di un popolo che vede venirgli incontro il nuovo re, principe della pace, umile e mite come uno che vuole guidare non con la forza e la violenza, ma con la persuasione e la considerazione. Soprattutto sente sua la lode e la gioia di Gesù, il quale benedice il Padre perché si rivela ai piccoli e ai poveri, e non ai dotti e ai sapienti. E chi meglio di Marietta incarna la semplicità di chi non ha titoli e meriti da accampare, ma solo fiducia da esprimere e abbandono alla potenza della grazia da donare? Chi meglio di lei ha raccolto l’invito di Gesù ad andare a lui, mite e umile di cuore, e ha trovato in lui ristoro alla sua stanchezza e alla sua oppressione?

Sentiamo profondamente che Maria Goretti questa parola di Dio l’ha vissuta intimamente nella semplicità e nell’umiltà della sua breve esistenza. Perciò oggi il Signore ci rivolge la richiesta di accogliere il suo Vangelo invitandoci a guardare all’esempio di questa ragazzina che con disponibilità dolce e decisa si fa carico della collaborazione a portare avanti la famiglia dopo la morte del padre, con umiltà e mitezza conduce la sua vita con i fratelli più piccoli, e conserva la stessa umiltà e mitezza di fronte all’aggressore, non senza tirar fuori la fermezza di chi conosce già bene la differenza tra bene e male, tra giustizia e ingiustizia, tra accoglienza dell’altro e senso della propria dignità e del rispetto di sé nella verità, dinanzi a Dio.

Comprendiamo che siamo noi ad aver bisogno di partire di nuovo da questi atteggiamenti tipicamente evangelici se vogliamo non solo esprimere sincera devozione alla giovane santa, che proprio qui ha consumato e portato a perfezione la sua vita con il martirio, ma anche se vogliamo che la nostra vita abbia davvero senso e sia quel dono che abbiamo ricevuto perché venga restituito a Dio e ai fratelli. In un mondo segnato dalla animosità e dall’odio di parte, dalla violenza, verbale oltre che fisica – violenza diventata strumento di affermazione di sé e di lotta contro gli altri alla difesa dei propri interessi –, la parola di Dio ci invita non alla debolezza e alla cedevolezza, ma a una fermezza nutrita di umiltà e mitezza. Abbiamo bisogno di raggiungere la lucidità di chi capisce che non sono i prepotenti, i rapaci, gli aggressori, i predatori a vincere la partita della vita; alla fine sono loro piuttosto i perdenti.

Non finisce di far pensare, insieme a tutte le altre, quella beatitudine di Gesù che dice: «Beati i miti, perché avranno in eredità la terra» (Mt 5,5). La creazione intera, l’opera di Dio, è destinata ai miti, a quelli che affrontano con dolcezza e rispetto, con amore e desiderio di promuovere ovunque e con tutti il bene, e con pazienza conducono la loro vita e il loro impegno a costruire relazioni buone e un mondo più giusto: a costoro è destinata la terra, costoro sono destinati a godere di una vita piena e autentica, non quelli che cercano di impossessarsene con l’inganno, la perfidia, la violenza e il sopruso, disprezzando, maltrattando e calpestando; per questi non c’è futuro, non c’è promessa, non c’è successo né riuscita. La vita si offre in tutto il suo splendore a chi la prende con dolcezza, non a chi la afferra con prepotenza e brutalità.

Dovremmo apprendere in questa luce la lezione della pandemia. Una lezione dura, apparentemente solo per alcuni, in realtà destinata ad avere effetti drammatici su tutti. Qual è la lezione? Che non siamo i padroni della vita e della terra. E quando la violentiamo, la terra si ribella punendoci per la nostra mancanza di cura e di rispetto. La natura si sta ribellando ai nostri soprusi, e a pagarne le conseguenze saremo noi.

Non so se siamo in tempo, ma dobbiamo certo cominciare da subito a vivere rispettando l’ambiente attorno a noi e rispettandoci gli uni gli altri; in famiglia innanzitutto – dove spesso i legami di sangue così prontamente decantati ad ogni piè sospinto, si accompagnano a lotte fratricide furibonde –, e poi in parrocchia – dove siamo e ci chiamiamo tutti fratelli, ma dove pure coviamo invidie e odi inestinguibili per la spinta cieca ad emergere e affermare ancora una volta sempre noi stessi, magari poi riempiendoci la bocca di Dio, di Gesù e dei santi. E a seguire tutti gli altri ambienti e le altre relazioni dovrebbero venire segnati da questo atteggiamento evangelico, dell’umiltà e della mitezza. Nel caso contrario, vivremo male, faremo vivere male, e rischiamo di finire male.

Non è questo, però, che vogliamo; perciò questa nostra celebrazione diventi preghiera insistente perché Maria Goretti impetri per noi quel cuore che lei, in un così breve arco di vita, ha maturato in maniera esemplare fino a diventare la santa che la nostra devozione venera con sconfinato affetto.

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