Festa di S. Barbara
Martedì 4 dicembre 2018, I settimana Avvento
Festa dei Vigili del Fuoco
✠ Mariano Crociata
Secondo una antichissima tradizione, Barbara è una martire cristiana della seconda metà del III secolo, che le circostanze del martirio hanno indotto i credenti a invocare per proteggere dai fulmini e dal pericolo del fuoco. Perciò è stata scelta come patrona e oggi la veneriamo e la invochiamo come testimone della fede che sostiene in modo particolare i membri del Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco. Ma il suo patronato non può essere dissociato dall’esempio e dal sacrificio della sua vita, consumata per rimanere fedele a Cristo e ferma nella sua fede.
Questa fermezza probabilmente le ha meritato il nome che porta: un nome che significa straniera. Barbara era considerata straniera, in un mondo ancora in larghissima maggioranza pagano, perché il suo stile di vita si discostava da quello corrente. Il cristiano non è uno che conduca una vita separata, a parte, ma è uno che – conducendo la vita come tutti – si distingue, perché il suo stile di vita marca una differenza. Nel condividere la vita di tutti, il credente in Cristo ha un suo volto, una sua identità, che non lo rende fanatico o alienato, ma lo caratterizza per scelte motivate che possono essere anche molto diverse da quelle di tutti gli altri.
Un antico scritto cristiano, designato come A Diogneto, di un’epoca non lontana da quella in cui è potuta vivere Santa Barbara, dice questo dei cristiani di allora: «Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera». Questa frase così incisiva, quasi scultorea, può essere applicata anche ai cristiani di oggi. O meglio: noi cristiani di oggi dovremmo confrontarci con essa e verificare se il nostro essere cristiani è autentico oppure no. C’è infatti un modo di essere partecipi della vita di tutti che finisce con lo snaturare la specificità e la differenza dell’essere cristiani, perché cancella le sue esigenze e i suoi ideali. Infatti, se cristiano è un’etichetta di cui chiunque può fregiarsi senza farsi carico delle esigenze che impone il qualificarsi tale, allora esserlo o non esserlo non fa più nessuna differenza e tanto vale cancellarlo dal proprio vocabolario e dalla vita sociale. Molti lo hanno fatto o lo stanno facendo. Sono tanti, infatti, quelli che, battezzati da bambini e celebrati i sacramenti, continuano a portare questa eredità personale, di famiglia e di ambiente, come un ornamento o come un impiccio, che comunque non ha ormai nulla – o quasi – a che fare con la propria coscienza e con il proprio effettivo stile di vita.
Che cosa è mancato e che cosa manca in questi casi? E non parlo solo di altri; parlo di noi, di me; perché ciascuno di noi è messo in questione. Trovo una luce su tale questione nelle letture bibliche di oggi. Provo a trasmettervela come piccolo viatico per la vostra riflessione di oggi e, spero, anche oltre.
Il versetto al Vangelo ci ha detto: «Ecco, viene il Signore nostro Dio con potenza grande, illuminerà gli occhi dei suoi servi». L’avvento celebra l’attesa per la prossima venuta del Signore. Che cosa accade quando egli arriva? Illumina gli occhi dei servi, cioè dei suoi seguaci e amici. Aprire gli occhi: ecco il dono grande, ecco ciò di cui abbiamo bisogno. I motivi del cambiamento sociale in atto e della perdita di forza della religione e in particolare del nostro cristianesimo sono tanti. Uno certamente importante è la perdita della visione, della capacità di vedere le cose con gli occhi della fede. È una questione di sguardo sulla realtà. Non sappiamo più guardare, e se guardiamo il nostro sguardo è distorto, non vediamo più la realtà ma solo qualche suo frammento; non vediamo più l’insieme, il quadro nella sua interezza, e per ciò non ci orientiamo più.
Del Messia che viene, Isaia dice che su di lui scenderà lo Spirito del Signore. Non è questione di capacità umane, ma di dono dello Spirito. Con la forza dello Spirito, tutto acquista una luce nuova e cambia il modo stesso di vedere e affrontare la realtà. Perciò il profeta può dire: «Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà decisioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra». Con la sua luce i nostri occhi e i nostri cuori imparano a vedere la realtà e noi riusciamo a stabilire un rapporto di giustizia con essa.
Nel Vangelo c’è una lode gioiosa di ciò che Gesù vede («Ti benedico, o Padre» per ciò che hai fatto mandando me) e che non tutti capiscono («hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli»: coloro che pretendono di sapere non vedono e non capiscono; i semplici e gli umili vedono e capiscono). I discepoli sì che capiscono, perché si aprono a Gesù, gli credono, si affidano a lui: «Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete». Essi vedono e riconoscono Gesù, e in lui tutta la realtà appare in una luce nuova così da cambiare il loro rapporto con essa. Barbara è stata una che ha visto Gesù con gli occhi della fede, lo ha riconosciuto ed è entrata in un rapporto nuovo con Dio, con la realtà e con la sua stessa vita.
Forse anche noi abbiamo bisogno di vedere le cose nella giusta luce: la luce dello Spirito, la luce di Cristo e del suo Vangelo. Questa luce ci consolerà e ci difenderà non meno di qualsiasi altra protezione che possiamo invocare. Auguro a tutti di riacquistare questa luce, di avere occhi nuovi per vedere la realtà e le persone, il lavoro e la famiglia, i dolori e le gioie di ogni giorno, con gli occhi di Dio.