OMELIA
14 settembre 2019
Dedicazione della chiesa parrocchiale di S. Chiara
+ Mariano Crociata
La costruzione di una nuova chiesa è sempre un’opera corale. Lo è innanzitutto per la sua storia, perché, anche se siamo solo all’inizio del vissuto di un edificio sacro come questo, esso è qui, compiuto e pronto per noi, perché risultato di una impegnativa vicenda in cui si intrecciano molteplici collaborazioni. Per accennare soltanto alle voci principali del coro che ha dato vita a quest’opera, bisogna risalire a chi l’ha pensata e voluta, innanzitutto il vescovo del tempo e il parroco, e poi a chi l’ha ideata, disegnata e progettata, agli operai e all’impresa che l’hanno materialmente realizzata, a chi ha diretto i lavori e a chi è stato responsabile degli stessi lavori, a chi ha diretto l’ufficio di curia che ha coordinato i vari tecnici e sotto la cui responsabilità la costruzione è stata finanziata con i fondi dell’otto per mille alla Chiesa Cattolica; ma non ultimo dobbiamo risalire a quanti in vario modo hanno prestato la loro concreta collaborazione, in primo luogo voi, cari fedeli di questa comunità parrocchiale, che l’avete desiderata, veduta crescere e ora cominciato a farla vivere.
Il fatto singolare delle opere corali è che esse non soltanto sono il frutto di una cooperazione, ma esse stesse diventano fattori di coralità, di partecipazione, perché cementano ancora di più i legami, fanno risaltare il valore di ciascun membro, accrescono la conoscenza reciproca, la stima, la capacità di lavorare insieme, insegnano la bellezza di fare ciascuno la propria parte in una costruzione più grande e unitaria. Senza il contributo di tanti, non riusciamo a realizzare nulla nella vita ecclesiale e sociale, di qualsiasi settore si tratti. La pretesa di fare da soli è illusoria e deludente, perché inesorabilmente condannata a mancare il bersaglio.
Questo è il momento della gratitudine per il coro formidabile che ha eseguito in maniera così armonica un’opera tanto complessa, superando, almeno fino ad ora, tutte le insidie che il cammino presentava. E dobbiamo essere grati perché abbiamo meglio imparato a lavorare insieme, a costruire con spirito e in clima di collaborazione. Dobbiamo cercare di non disperdere questo piccola fortuna che abbiamo accumulato e che ci ha aperto meglio gli occhi sulle nostre capacità e potenzialità.
Riconoscendo il contributo di competenza e di collaborazione di ciascuno e di tutti, non dimentichiamo Colui dal quale discende ogni buon proposito e ogni bene. Siamo qui per Lui. Per Lui abbiamo voluto questa chiesa. A Lui oggi la dedichiamo, nella titolarità a una santa così delicata e forte come S. Chiara. Quella di oggi, infatti, non è una semplice inaugurazione. Dedicazione vuol dire non solo che questo edificio è riservato al Signore e alle cose sacre; vuol dire anche che esso è riservato a noi come suo popolo, come sua comunità eletta, come sua Chiesa. Abbiamo avuto bisogno di questa chiesa, per essere più Chiesa. Abbiamo bisogno di questo spazio dedicato, affinché possiamo sempre di più diventare ciò che siamo, Chiesa viva, corpo vivente di Cristo, comunità dei salvati, testimoni di un bene che vuole estendersi a tutti.
L’edificio ci esprime, ci interpreta, perché mentre rende possibile l’esercizio delle nostre funzioni di popolo di Dio, del nostro ascoltarlo e celebrarlo, ci indica e ci indirizza verso la vocazione che ci ha introdotto alla vita e alla fede, verso ciò che sempre più dobbiamo diventare come comunità di credenti e Chiesa di persone: allo stesso modo come veniamo accolti da questa chiesa, così dobbiamo diventare nella nostra umanità spazio accogliente per tutti coloro che hanno bisogno, chiedono, attendono di entrare nella comunione del corpo di Cristo. Dobbiamo diventare noi stessi come il campanile che svetta sull’edificio di questa chiesa, al quale è possibile volgere lo sguardo e da cui si ascolta il suono o l’eco del richiamo che riconduce a Dio e ai ritmi della sua comunità di credenti, diventare, cioè, con la nostra vita accoglienza, invito, richiamo, riferimento per chi è smarrito o svuotato a causa dei drammi della vita, e poi per tutti. La nuova chiesa ci chiede e si aspetta da noi di vedere realizzata una nuova opera corale, quella di una comunità in comunione, aperta e ospitale, nella quale si respira la presenza del Signore, quando si celebri o quando si preghi in silenzio insieme, quando si operi materialmente per i poveri e quando ci si adoperi anche per tenere in piedi e mandare avanti questo complesso edilizio pastorale. Insomma, dedichiamo la nuova chiesa, per imparare come corpo di credenti ad essere dedicati, al Signore e ai fratelli, per imparare l’arte della dedizione.
C’è un altro aspetto dell’opera corale di cui la nuova chiesa è il risultato e che essa stessa ora ci chiede. Una nuova chiesa è un invito a ricominciare, a intraprendere un nuovo inizio. Ci chiede di cambiare qualcosa di noi e in noi. Questa comunità è passata da una chiesa, a cui pure ci si è affezionati, ma piccola e precaria, angusta in se stessa e priva di spazi adeguati, a una edificio di grande respiro con potenzialità straordinarie di spazio per i più diversi momenti di vita ecclesiale. Non vi sembra, questo passaggio, una metafora della nostra vita? In che cosa dobbiamo, allora, passare dalle ristrettezze e dalle angustie delle menti e dei cuori, ai larghi spazi di una fede viva e aperta, di una relazionalità e di una fraternità calda e accogliente, di una speranza coraggiosa e perfino ardita? Perché non ci vuole molto a capire che, di questo, tutti abbiamo bisogno. Una chiesa nuova senza questo cambiamento interiore, senza questa novità spirituale, rischia di essere una occasione sprecata, oltre che un peso materiale insostenibile.
Cari fedeli della comunità parrocchiale di S. Chiara, per come ho imparato a conoscervi, ho visto che siete consapevoli e capaci di questo passaggio dal vecchio al nuovo, dalla abitudinarietà allo spirito di un nuovo inizio. Come questo edificio, anche voi, anche noi siamo stati dedicati, con il battesimo e con tutta la vita sacramentale e spirituale. Siamo stati dedicati e sappiamo dedicarci perché per primo il Signore si è dedicato a noi. È Lui l’anima e la forza di ogni reale novità, perché Egli è il perennemente nuovo che non si stanca di donarsi a noi. Ricominciamo da qui. In fondo, se questa chiesa è frutto di un’opera corale, è perché Lui ha dato a tutti e a ciascuno di fare la sua parte. Allora anche questa nuova chiesa è ultimamente dono suo, che accogliamo con il desiderio e l’impegno – e prima ancora la grazia – di una vita, personale e comunitaria, nuova. Tutto questo deponiamo ai piedi di S. Chiara, perché l’ottenga per noi con la sua intercessione.