OMELIA
Consacrazione monastica di suor Friederike Graefe, monaca di Mar Mousa
Cori, Chiesa del SS. Salvatore, 5 maggio 2016
(Gen 21,14-21; 1Cor 13,1-13; Mc 4,35-41)
+ Mariano Crociata
Il contrasto non potrebbe essere più forte, tra questa celebrazione della consacrazione di suor Friederike e la terra di origine della comunità monastica di Mar Mousa – fondata da p. Paolo Dall’Oglio, al quale va il nostro pensiero e per il quale eleviamo la nostra preghiera –, geograficamente lontana ma così intimamente vicina nei pensieri, negli affetti, nel senso di fede di chi le appartiene e in varia misura di tutti noi qui convenuti. È un contrasto, tuttavia, che non determina distanza o opposizione, ma piuttosto ha l’effetto di accrescere il rapporto e la comunione. È un vivo segno profetico quello che oggi viene posto alla presenza di Dio e al cospetto di tutti. La risposta di suor Friederike al Signore che la chiama a una donazione completa di sé, in povertà, castità e obbedienza, per una vita di contemplazione e di fraternità insieme, è un seme gettato nella terra degli uomini, che è anche terra di Dio perché da lui calpestata e abbracciata nella persona incarnata del Verbo, Gesù Cristo. È un seme che produrrà frutto a misura della qualità del terreno che via via incontrerà, nella sua storia personale e comunitaria, e nella vita di noi qui presenti e di quanti ne riconosceranno il gesto di donazione e di offerta di sé; ma è comunque un segno straordinariamente efficace, dalle enormi potenzialità.
È certo, infatti, che il suo gesto suggerisce, sia pure nella cornice di semplicità e di familiarità entro cui si compie, l’unica via lungo la quale può trovare pace un’anima, una comunità, un popolo. E la via indicata è quella del cuore, di un cuore che si consacra all’amore, qualunque forma esso possa assumere nell’esistenza personale e sociale. Con questa immagine della via del cuore, che si apre all’incontro con il Signore e con tutti, dobbiamo accogliere con gratitudine e vivere con gioia questa celebrazione e in essa il Rito della consacrazione monastica di suor Friedrike.
Per quanto paradossale possa apparire agli occhi dei più, quella alla consacrazione monastica è una chiamata all’amore. È la completa donazione di sé per amore il senso della vita monastica, condotta in una scelta del Signore esclusiva anche nel criterio e nello stile dell’investimento e della gestione del proprio tempo e del proprio corpo, dei propri pensieri, dello spirito come della volontà e della libertà, delle emozioni e degli affetti, interamente orientati alla relazione totalizzante e unificante con il Signore, professato e vissuto veramente come sovrana e onnipervasiva presenza d’amore nello scorrere dei giorni. Un amore che il Signore non requisisce gelosamente per sé, ma che effonde con altrettanto sovrana liberalità perché possa estendersi a tutti senza riserve e senza limitazioni di sorta, con disinteresse e generosità, in modo da far sentire a tutti e a ciascuno una premura incondizionata e attiva, gratuita e accogliente, senza attaccamenti e senza diffidenze. L’inno di Paolo esalta tutto ciò caricando l’amore di un valore perenne e indistruttibile, capace di restituire le persone e le relazioni alla loro verità, pienezza e autenticità, conseguite attraverso una progressione analoga a quella che conduce dal bambino all’uomo, dalla conoscenza imperfetta a quella perfetta, ma nell’identità di una carità fecondata dal dono personale di Dio.
Della apertura che l’amore scava abbattendo i muri che le rivalità umane costruiscono perfino tra figli di uno stesso padre, ci parla il brano di Genesi. È curioso come Dio stesso per un verso suggerisca ad Abramo di ascoltare Sara che vuole l’allontanamento di Agar e del suo bambino, e per altro verso venga in soccorso di lei e di Ismaele smarriti e assetati nel deserto. Dio fa giungere la benedizione data ad Abramo attraverso di lui anche a tutti i popoli. Il dialogo inscritto nel carisma della comunità monastica di Mar Mousa si appella in qualche modo alla cura e alla promessa che Dio ha rivolto non solo a Isacco ma anche alla discendenza di Ismaele. Nella carità di Cristo anche questa promessa trova il suo adeguato significato e la sua irriducibile universalità.
Nel Vangelo c’è come un monito da integrare con tutto questo. La fede che alimenta e di cui si alimenta la carità non è mai scontata e acquisita una volta per tutte. A nessuno sarà risparmiata l’esperienza della prova e della sofferenza, del senso dell’abbandono e della desolazione. Qualcuno dei presenti potrebbe dire meglio di me e di chiunque altro, con la verità dell’esperienza personale e della parola vagliata al fuoco del pericolo corso per la propria vita, ciò che la pagina evangelica evoca con l’immagine della barca in procinto di affondare. La sfida sta tutta nella capacità di conservare la fede: una capacità che è innanzitutto grazia e poi anche risposta e adesione propria. La grazia che, insieme alla carità di Cristo, dobbiamo chiedere è quella di non smarrire mai la certezza che il Signore è con noi, che il Signore è con me. La consacrazione monastica di suor Friederike – con la storia del suo cammino vocazionale personale e con la storia e l’identità della comunità nella quale si consacra – è un segno consolante e incoraggiante per tutti, che il Signore è con noi, più forte di tutte le intemperie, dominatore di tutto ciò che può minacciare la nostra vita e il nostro destino, certi come siamo che essi sono saldamente afferrati e tenuti dalla sua mano.